IN TAVOLA - ON THE TABLE

29 novembre 2017

I 100 menù di Veronelli: "La porca figura" per il Calendario del Cibo Italiano


A Luigi Veronelli (1926 - 2004), gastronomo, enologo, scrittore, giornalista, appassionato di cibo e di vita, figura predominante nel secolo scorso nella valorizzazione e nella diffusione del patrimonio enogastronomico italiano, è oggi dedicata la Giornata Nazionale nel Calendario del Cibo Italiano.

immagine dal web

A lui si deve la raccolta “I cento menù”, del 1981, in cui elenca con dovizia di spiegazioni 100 menù per ogni occasione, dai pranzi in famiglia alle cene importanti, curandone personalmente anche la prefazione:
“4-500 ricette suppergiù, ciascuna studiata con puntuale proposito di compiacere te, amica lettrice (o lettore, se hai l’innocente stravaganza di “costituirti” in cucina), già al momento in cui ti accingi al paziente e secolare lavoro dei fornelli. Compiacere, ossia fare cosa gradita, o meglio, ci dice il dizionario, “soddisfare volentieri e con cortesia il tuo desiderio di cibi e vini veri”. Veri. Io credo che l’attuale passione culinaria sia il modo di affermare, anche nelle esigenze primarie del vitto, la volontà del ritorno contadino. Vogliamo cibi e vini veri, ossia puliti, così come vogliamo il cielo, il mare, la montagna, le campagne, i boschi, alla fin fine: la natura, puliti”.

Ecco un menù che in redazione abbiamo definito da porca figura, perchè unisce la delicatezza e piacevolezza di gustare saporiti gusci di conchiglie nostrane (leccandosi anche le dita, ci sta :-)) all'aristocratica so British fantasia culinaria del più classico e intramontabile roast beef.
Contorni leggeri e frutta di stagione per non appesantire :-))


Buon Appetito!


Menu  38 

Zuppa di vongole veraci 
oppure Spaghetti con le vongole
Roast beef
Insalata di barbabietole
Frutta fresca di stagione
 


menu 38



Oggi mi sono posto il compito "frutti di mare". Ne ho tuttavia voluto trarre  un menu facile e, allo stesso tempo, prestigioso. Non dico che tu possa ora ricevere lo scià di Persia (eventualità fortunatamente remota); sì, chiunque altro. Farai con piatti classici e facili, ecellente figura. Coi vini, non c'è scelta: un bianco, secco e vivace, e un rosso, austero ed elegante. Tra i bianchi ti consiglio, a titolo di esempio, l'Ansonica del Giglio, dell'annata, servito a 8-10°C; tra i rossi un Carmignano Artimino, di 4-5 anni, servito a 18°C.


Dosi per 6 persone



Zuppa di vongole veraci

Tempo occorrente: 45'
 Difficoltà: x


zuppa vongole veraci



Ingredienti:
2 chili di vongole veraci, sciacquate con cura in acqua fredda corrente. 2 grossi spicchi d'aglio schiacciati. Un decilitro di olio d'oliva di frantoio. Un buon decilitro di vino bianco secco. Fettine di pane raffermo dorate in olio d'oliva di frantoio. Un bel ciuffo di prezzemolo tritato. Pepe nero macinato al momento.

In una casseruola metto gli spicchi d'aglio e l'olio, non appena l'aglio imbiondisce verso il vino e lo faccio ridurre di 4/5. Aggiungo le vongole; le condisco con un buon pizzico di pepe; a fiamma viva scuoto, di tanto in tanto, la casseruola per far saltellare le vongole in maniera che le conchiglie si aprano bene e "caccino" l'acqua di mare che contengono, elimino gli spicchi d'aglio. Dispongo sul fondo di 6 fondine calde le fettine di pane, le ricopro con le vongole e il loro liquido di cottura, filtrato attraverso un panno a trama fine, vi spruzzo il prezzemolo.
Subito servo caldissimo.




Roast beef

Tempo occorrente: 40'
Difficoltà: x
Temperatura del forno: 180°C


roast beef



Ingredienti:
Un chilo di roast beef. Il burro necessario. Un poco di sugo di carne. Sale. Pepe nero, macinato al momento.

Condisco il roast beef con sale e pepe, stesi su tutto il pezzo di carne con le mani; lo lego con uno spaghino per mantenerlo in forma durante la cottura; lo ungo di burro (gli inglesi usano il grasso di rognone e - per quanto riguarda il roast beef - sanno il fatto loro). Passo il roast beef in forno caldo, su una griglietta, a calore molto vivo, lo cospargo sovente di burro (o di grasso di rognone). Durante la cottura non lo devo mai pungere con un forchetta, ma solo quando si ritiene sia in fine di cottura: è infatti cotto quando, pungendolo, ne esce qualche goccia di sangue rosato, e il roast beef è dorato all'esterno, rosa quasi rosso all'interno. Tolgo il roast beef dal forno; elimino lo spaghino, lo taglio a fette; le accomodo su un piatto da portata. Subito servo, passando a parte il suo fondo, sgrassato e completato con un poco di sugo di carne e, se piace, un piattino di rafano grattugiato, e accompagnandolo con patatine arrosto. Il taglio classico del roast beef è lo scannello, parte interna della coscia a contatto col controgirello e attaccata al girello; viene però in genere tagliato nella parte posteriore della lombata o anche sopra i lombi, da una parte e dall'altra della schiena. Per la sua cottura, è preferibile lo spiedo. Se in forno, non sia a contatto col fondo della teglia, ma su una griglietta o sollevato con qualsiasi altro mezzo.


 
Insalata di barbabietole

Tempo occorrente: 30' (più il tempo per lasciare riposare la preparazione)
Difficoltà: x


insalata di barbabietole



Ingredienti:
2 barbabietole, non troppo grosse, cotte al forno, pelate e tagliate a fettine. 2 cipolline affetttate fini. Un trito finissimo composto da: una foglia di alloro, 1-2 chiodi di garofano e un pizzico di timo. Aceto di vino rosso. Olio d'oliva di frantoio. Sale. Pepe nero macinato al momento.

In una ciotola metto il sale, il pepe e il trito di alloro, chiodi di garofano e timo; lo sciolgo con un poco di aceto; verso l'olio  necessario e lo emulsiono bene. Unisco le barbabietole e le cipolline; mescolo con cura. Lascio insaporire una mezz'oretta prima di servire.




365 giorni di festa per celebrare le glorie della nostra cucina: 
la più famosa, la più bella (e buona) del mondo!
La festa del cibo che si rinnova ogni giorno,
attraverso la celebrazione dei piatti e dei prodotti che hanno reso unica la cucina italiana,
in Italia e nel mondo.

27 novembre 2017

Il Pane dolce del Sabato per un dolce arrivederci


Il Pane dolce del Sabato, o dello Shabbat come viene comunemente chiamato, è un pane della tradizione ebraica, proposto a suo tempo da Eleonora nella sfida Mtchallenge di qualche anno fa. Dalla forma intrecciata e sovente ricoperta di semi croccanti, si gusta per la merenda o la colazione ed è reso ancora più gradevole e profumato (già mentre cuoce) dal ripieno che ogni volta può essere diverso, utilizzando frutta secca o fresca, marmellate, confetture e/o composte, spezie ed erbe aromatiche, cioccolato fondente o cacao amaro, miele, sciroppi zuccherosi, acque profumate e creme vegetali, rispettando la regla fondamentale di non utilizzare nessun prodotto caseario o suo derivato o ingredienti che ne possano trovare traccia.


pane dolce dello shabbat



Oggi sarà un tripudio di Pani dolci dello Shabbat nella Community di MTChallenge, un abbraccio immenso, treccioso e stritoloso che attraverserà le nostre cucine e quelle di Eleonora e Micol per arrivare fortemente a quella seconda stella a sinistra che lassù brilla più di ogni altra e che ancora, semi imperiosa, riuscirà a faci ridere e sorridere ad ogni sfida, che sicuramente saprà condurre le sue donne e i suoi cari a ritrovare nel tempo quella serenità momentaneamente ancora scossa (ma non perduta), che per sempre avrà un posto speciale nei nostri cuori, per quel poco o tanto che abbiamo condiviso insieme. Ciao Michael, che tu sia ancora e sempre il nostro Doc.

Non sono lontano… ritroverai il mio cuore,
ne ritroverai la tenerezza purificata… il tuo sorriso è la mia pace.

(Sant'Agostino)

pane dolce dello shabbat
Ed è proprio di Sabato che l'abbiamo gustata a colazione.


Per due trecce ripiene:

500 g di farina 0
2 uova medie
100 g di zucchero
20 g di lievito di birra
125 ml di acqua tiepida
125 ml di olio extra vergine d'oliva
10 g di sale
100 g di uva passa *
un tuorlo d'uovo
un cucchiaio di acqua
semi di sesamo e papavero

* per me un mix di datteri Medjoul, uvetta jumbo, 
albicocche secche e scorze di arancia candita tritate


Setacciare la farina.
Sciogliere il lievito nell'acqua tiepida insieme a un cucchiaino di zucchero e far riposare una decina di minuti fino a far formare una schiuma. Mischiare la farina e lo zucchero e versarci il lievito e cominciare ad impastare, unire il sale e versare poi l'olio e per ultimo le uova, uno per volta e leggermente battuto, fino alla loro completa incorporazione. Lavorare a velocità bassa/media fino a incordatura completa, l'impasto dovrebbe staccarsi perfettamente dalla ciotola lasciandola pulita. Non avere fretta e, se necessario, dare anche una lavorata a mano.
Lasciar lievitare per almeno due ore, dovrebbe quasi raddoppiare, in luogo riparato; sgonfiare l'impasto e tagliarlo in due parti uguali, ognuna delle quali divisa ancora in tre.


facendo pane dolce dello shabbat



Stendere su un piano infarinato un pezzo di impasto alla volta in un rettangolo di circa 35x15 cm e cospargere ogni striscia col ripieno.
Arrotolarle poi nel senso del lato lungo per ottenere tre salsicciotti. Disporli sulla spianatoia sovrapposti al centro e intrecciare prima da un lato e poi dall'altro (partendo dal centro la treccia verrà più omogenea); sigillare gli estremi.
Ripetere l'operazione anche per la seconda treccia. Adagiare le trecce su una placca da forno ricoperta di carta forno. Lasciare lievitare ancora due ore almeno in luogo riparato, fin quasi al raddoppio.
Sbattere il tuorlo d'uovo con un cucchiaio di acqua e spennellarlo sulla superficie; spolverare di semi di sesamo o papavero.
Infornare in forno già caldo e statico a 200°C per circa 15-20 minuti, se colora troppo in superficie coprire con un foglio di alluminio; le trecce sono cotte quando al cuore raggiungono la temperatura di 92/93°.


pane dolce dello shabbat


22 novembre 2017

Macedonia di verdure caramellate con gelato all'olio extravergine di oliva del Garda


E' dall'inizio di Ottobre che il Calendario del Cibo Italiano collabora con la trasmissione Popogusto in onda su Radio Popolare il sabato mattina dalle 12.20 alle 13.00: a turno un blogger della Community, infatti, è presente al mercato o in diretta telefonica per dare una ricetta sana e gustosa in cui l’ingrediente protagonista della giornata la fa da padrone. 
Basterà sintonizzarsi su Radio Popolare per seguire la trasmissione e scoprire la ricetta del giorno, ma soprattutto i preziosi suggerimenti del Professor Giorgio Donegani (nutrizionista); per chi impossibilitato nessun problema, sul sito del Calendario cliccando sul banner Il sabato del mercato si aprirà la pagina dedicata a questa iniziativa con tutte le ricette e le trasmissioni andate in onda.
Per chi fosse nei paraggi, Popogusto (mercato milanese a base di cibi a filiera corta a cadenza settimanale, il sabato dalle 9 alle 15) si svolge nei Chiostri dell'Umanitaria, in via San Barnaba 46.

Il prossimo sabato 25 novembre si parlerà di Olio extravergine di Oliva, nostro principale condimento e Re indiscusso della cucina italiana. 
Abito sul lago di Garda, sponda veronese, e l'olio prodotto in questa zona è una delle primarie eccellenze del territorio.

L’olio Extra Vergine di Oliva Garda DOP si distingue per il sapore naturalmente delicato e per la sua eleganza. All’assaggio si riconosce per l’armonia delle sue note organolettiche e per gli aromi leggeri  ed equilibrati: i profumi di erba fresca, erbe aromatiche, fieno e carciofo, uniti al tipico retrogusto di mandorla, lo rendono unico.
Le olive destinate alla produzione dell’olio extravergine di oliva a Denominazione di Origine Protetta “Garda” provengono dai territori olivati delle province di Brescia, Verona, Mantova e Trento.
Le cultivar più diffuse sono Casaliva, Frantoio e Leccino. Al consumo l’olio Garda DOP presenta le seguenti caratteristiche:
colore dal verde al giallo più o meno intensi
odore fruttato medio o leggero
sapore fruttato, note di dolce e un retrogusto tipico di mandorla.
Acidità massima in acido oleico 0.5%
(da Consorzio di Tutela Olio Extravergine di Oliva Garda DOP)

Una cosa insolita farlo diventare l'ingrediente principale di un gelato, che potrà accompagnare insalate crude o ripassate in padella, come questa che vi propongo, con verdure colorate di stagione, per fare un pieno di allegria e vitalità anche nelle tipiche giornate uggiose invernali.


macedonia di verdure caramellate con gelato all'olio


Per la macedonia di verdure:

zucca mantovana o marina di Chioggia
broccolo romanesco
broccolo verde
cavolfiore bianco, arancione e viola *
carote
sedano
finocchio
sedano rapa
radicchio rosso, facoltativo
cipolla di Tropea, facoltativa
anacardi o noci
chicchi di melograno
olio extravergine di oliva
zucchero o miele
un limone non trattato
foglioline di timo al limone
sale
pepe di Timut


* Il primo cavolfiore arancione fu trovato per caso 40 anni fa da un contadino canadese in mezzo ad un campo di caviolfiori bianchi. Da allora, in seguito ad incroci e mutazioni naturali seguite dai ricercatori della Cornell University di New York, se ne è ottenuta una varietà stabile, che contiene 25 volte più beta-caroteni (precursori della vitamina A), donando il colore caratteristico.

Il cavolfiore viola, invece, è un incrocio tra il broccolo e il cavolfiore comune. Una varietà frequente sui banchi dei mercati è il Violetto di Sicilia, coltivato principalmente in questa regione. Il suo colore è dovuto alla presenza massiccia di antociani (responsabili della colorazione blu/rosso/violetta di frutta e verdura).


verdure invernali


La scelta e la quantità delle verdure sono a piacere; riguardo la cipolla, si può cercare di affievolire ulteriormente il sapore mettendola a bagno in una ciotola con acqua appena tiepida e un goccio di aceto (anche di mele).
La zucca si può usare tranquillamente con la buccia, è edibile; dei broccoli e cavolfiori si usano solo le cimette; eventuali scarti si riutilizzano per una zuppa.


macedonia di verdure caramellate



Affettare finemente la zucca (privata di semi e filamenti), il finocchio, la cipolla, il radicchio; dividere a piccole cimette i cavoli e il broccolo; tagliar il sedano rapa a bastoncini e la carota a rondelle fini.
In un padella versare un giro abbondante di olio e mezzo/un cucchiaio di zucchero o miele (ottimo quello di carota selvatica o di timo o di tarassaco). Unire le verdure, partendo dal sedano rapa, a seguire zucca, finocchio, sedano, cipolla, per ultimi le cimette dei broccoli e il radicchio. Spadellare velocemente, se fosse necessario unire ancora un goccio di olio, salare e pepare, insaporire con poco succo di limone, cospargere con noci o anacardi tagliuzzati grossolanamente e qualche fogliolina di timo al limone.
Le verdure devono rimanere croccanti, è questione veramente di pochi minuti.
Lasciare intiepidire e servire col gelato, guarnendo con scorza di limone grattugiata (dimenticata).




GELATO ALL'OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA


Questo è un gelato strano ma coinvolgente, dal sapore penetrante appena fatto, ma se lasciato riposare nel freezer qualche giorno si affievolisce e si addolcisce.
Meglio usare un olio gentile e delicato, perfetto quello del Garda D.O.P.
Da un'idea del Mastro Gelataio Palmiro Bruschi.



gelato all'olio extravergine


Per il gelato: 

500 g di latte intero
100 g di olio extravergine delicato
100 g di zucchero
timo al limone
5 g di sale grosso *

* di Cervia o Fleur de Sel

Scaldare il latte con lo zucchero e il sale e scioglierli bene; unire qualche rametto di timo e lasciare in infusione qualche ora, meglio se tutta la notte.
Filtrare ed unire l'olio. Amalgamare con un minipimer e trasferire nella macchina del gelato per il tempo sufficiente a mantecarsi. Conservare in freezer.
In mancanza della gelatiera, si può riporre il composto direttamente nel freezer (o in abbattitore) e mantecarlo con una spatola ogni 30/45 minuti, fino a completo rassodamento.

Può essere anche da accompagnamento ad un'insalata di polpo.


 https://www.calendariodelciboitaliano.it/popogusto-sabato-del-mercato/

18 novembre 2017

Gnocchi vintage speziati per il Calendario del Cibo Italiano


Sarà un pranzo riccamente gnoccoloso quello che oggi propone il Calendario del Cibo Italiano: si festeggia, infatti la Giornata Nazionale degli Gnocchi, e la Community si è scatenata nel cercare di offrire una carrellata dei diversi tipi di gnocchi che si possono gustare sulle tavole italiane.

Per me quelli a cui siamo più affezionati e che ripetiamo costantemente spesso, soprattutto la domenica sera (anche se il proverbio direbbe Giovedì Gnocchi), sono il nostro comfort food per eccellenza: gli gnocchi di patate.
La scelta della patata è determinante: la sua struttura decide sulla buona riuscita o meno dell'impasto. Io sono sempre stata fedele a quelle a buccia rossa, sono pastose al punto giusto, non mi hanno mai deluso. Se non le trovo, però, sicuramente sono da preferire quelle vecchie e, se si trovano, di montagna. Le patate nuove sono troppo acquose e richiederebbero troppa farina, lo gnocco poi sarebbe immangiabile. Ultimamente ho scoperto le Kennebec all'Esselunga e sono fa-vo-lo-se!
Pochi ingredienti ancora: farina (meglio debole, non abbiamo assolutamente bisogno di risvegliare il nostro amico/nemico glutine) e sale.
Seguo da sempre la ricetta della nonna Maria, unendo un tuorlo o un uovo intero all'impasto che dà un piccolo sostegno e aiuto necessario, nelle grandi quantità che produco, per agire più in tranquillità (anche se per taluni è peccato mortale :-)).
Come condirli? Con il classico  sugo di pomodoro non si sbaglia mai, ed è il nostro leit motiv familiare. Unica variazione concessa: un'eventuale aggiunta di mozzarella (raramente, sia chiaro) per farli sembrare più amichevolmente sorrentini.
Certo con il ragù (od un altro sugo consistente) diventerebbero ancora più ricchi e sostanziosi, ma non lo facciamo mai. Mi sembrerebbe quasi di infrangere una regola sacra, non so come spiegarlo: per noi gli gnocchi sono diventati (quasi) un'istituzione, un cibo che ci unisce, che è la nostra famiglia. Nato col pomodoro, lì ci resterà unito, indissolubilmente. Probabilmente anche perchè, come ricetta salva tempo (è vero, ne produciamo tanti, ma si fa e si mangia solo quello, quindi, in un certo senso, semplifica il lavoro della cucina) e salva menu, il sugo di pomodoro è quello più veloce ed immediato che si presta all'occorrenza.
E che va a braccetto alla versione in bianco, che poi visivamente in bianco non è, dell'unica altra concessione permessa per i nostri gnocchi.
Non so quanto i miei figli possano sentirsi legati emotivamente (anche se di pancia lo sono molto :-) a questi gnocchi; di certo li apprezzano e li gustano con piacere, e sono gli unici ammessi alle nostre gnoccolate gioiose.
Io lo sono molto, perchè questo semplice condimento racchiude una parte di vita dei miei famigliari che, ineluttabilmente, non ci sono più, ma che sono stati un punto fermo della mia fanciullezza e gioventù. Rappresentano il loro vissuto, le loro gioie e sofferenze in un periodo storico che, per nostra fortuna, abbiamo vissuto solo attraverso i libri scolastici, ma che non possiamo ignorare (e che talvolta dovrebbe farci fermare un attimo e riflettere, ma questa è un'altra storia).
Ed ancora una volta come, attraverso il cibo, si possano trasmettere e rivivere emozioni fortissime, legate a ricordi che, probabilmente, andrebbero ad affievolirsi giorno dopo giorno. Il ripetersi di quei gesti, ora appresi e condivisi di nuovo, renderanno più buone le nostre creazioni, anche se non perfette. La cucina di casa non è perfezione, ma amore verso chi vi si avvicina e vi partecipa.
Mi raccontava la mia mamma che, in tempo di guerra, le dispense nelle case erano molto sguarnite: si vivevano tempi duri, di magra nel vero senso della parola, i generi alimentari di prima necessità si acquistavano attraverso le tessere annonarie, in quantità razionate, settimanalmente o mensilmente. Stava leggermente meglio chi abitava in campagna, dove era possibile avere un piccolo orto e qualche animale. Lo zucchero era uno di questi beni preziosi, ed inevitabilmente scarseggiava. Era, quindi, impensabile sprecarne una grande quantità per fare un dolce tradizionale. 
Probabilmente le nostre nonne, per dovere e necessità, erano sicuramente più ragioniere ed abili contabili nel saper dosare minuziosamente quel che passava il convento, e saper offrire così il giusto ogni giorno.
Questi gnocchi rientravano a pieno titolo in quest'ottica risparmiosa: le patate, per fortuna, crescevano generose nell'orto, il burro si faceva in casa (ho un flash fotografico in un angolo della mia mente di una zia zitella, piccola, che stava seduta su una seggiola da bambini, con la bottiglia nelle mani che alacremente sbatteva di qua e di là e magicamente usciva poi questo candido e soffice composto burroso), si faceva brunire per dare più sapore e si allungava in padella con l'acqua di cottura perchè fosse più sugoso; la cannella era giusto un pizzico; il Parmigiano sicuramente sostituito dal formaggio del contadino vicino; e lo zucchero, l'amico invisibile di tutti i bimbi, dosato con parsimonia, ma volutamente presente, quasi l'essenza dell'intero piatto. Perchè questi gnocchi erano quasi un pranzo completo: c'era lo gnocco, a soddisfare la voglia di un primo consistente e riempire le pance affamate, e quel vago sapore zuccherino e aromatico che rimaneva in bocca assecondava la voglia di dolce, così forte soprattutto nei bambini. Un perfetto equilibrio, da manuale gastronomico.
Non so se questa versione sia conosciuta in tutto il Veneto; molto probabilmente l'accostamento speziato ed agrodolce deriva da un retaggio della dominazione Asburgica (e, orgogliosamente, non potevo farmi mancare nel mio albero genealogico, dei bisnonni austriaci nel ramo materno).



gnocchi vintage


Il mix di questo condimento bianco, dove la base è data dal burro fuso, è composto da Parmigiano grattugiato, zucchero e cannella in polvere mescolati in una ciotola, da equilibrare a piacere secondo il proprio gusto. In genere combino insieme 2 cucchiai di formaggio, 1 cucchiaino di zucchero e mezzo cucchiaino scarso di cannella, ma in casa ci sono uomini che preferiscono un sapore più deciso, ed abbondano con gli ingredienti preferiti.


Per 6/8 persone:

1 kg di patate rosse 
200 g circa di farina 0 
1  uovo intero piccolo o 1 tuorlo 
sale/pepe 
altra farina per lo spolvero

Condimento:

burro
qualche foglia di salvia
Parmigiano Reggiano grattugiato
cannella
zucchero



Cottura patate: sempre con la buccia, in acqua, a vapore, in pentola pressione,  seguendo il metodo imparato da Anto - cottura in acqua satura di sale, 230 g di sale grosso per litro di acqua, in questo modo resteranno  più corpose e sode ed integre di tutte le loro proprietà nutritive - oppure come insegna Bruno Barbieri, avvolgendo ogni patata nella stagnola e sistemandole sulla teglia del forno su un letto di sale grosso, cuocendo poi a 200° per 45/60 minuti, finchè ben morbide. A voi la scelta; se in acqua, l'importante è che rimangano integre e non si sfaldino.

Farina:  io uso la 0. Non aggiungerla tutta subito all'impasto, lasciarne circa un 20% sulla spianatoia di lato dove si impasta, se occorre si aggiunge (come potrebbe succedere che ne occorra un cucchiaio in più della dose data, dipende sempre dalla consistenza delle patate).


gnocchi


Tagliare le patate cotte a metà e schiacciarle ancora calde nello schiacciapatate con la buccia, questa si leverà mano a mano dallo schiacciapatate.
Aprire il composto per farlo intiepidire rapidamente (assorbirà così meno farina), salare, unire l'uovo o il tuorlo ed impastare con la farina, velocemente. Formare una palla e coprire con una ciotola finchè si lavora un pezzo di impasto per volta. 
Prendere un pezzo di composto e arrotolarlo sotto i palmi delle mani sul piano infarinato, formando un bigolo. Col coltello o con un tarocco tagliare gli gnocchi della grandezza desiderata e rigarli con l'apposito attrezzo, con la forchetta o con una grattugia, in questo modo assorbiranno meglio il sugo del condimento (ma non è fondamentale, facendone in grandi quantità non lo faccio mai). 
Disporli su un piatto o su un canovaccio leggermente infarinato. Proseguire fino ad esaurimento del composto.

Calcolare i tempi di preparazione, gli gnocchi andrebbero fatti e mangiati, ma mezzoretta o poco più possono resistere sul piatto o nel canovaccio in un luogo fresco e coperti.
Mettere l'acqua a bollire e quando giunge ad ebollizione salarla (poco). Nel frattempo sciogliere del burro in una padella con un paio di foglie di salvia. Il grado di tostatura del  burro è a proprio gusto, c'è a chi piace più chiaro e chi lo preferisce più cotto; se si opta per la versione nocciola, sarebbe buona cosa filtrarlo ed eliminare i sedimenti lasciati.
Versare gli gnocchi nell'acqua in ebollizione, facendoli scivolare direttamente dal piatto aiutandosi con un mestolo di acqua bollente versato sopra, in questo modo cadranno da soli; oppure facendoli scivolare dal canovaccio appena immerso nell'acqua (non occorre immergerlo tutto, bastano due dita).
Appena vengono a galla aspettare qualche secondo, poi scolarli con una schiumarola e versarli delicatamente nella padella col burro. Spadellarli velocemente spolverando col mix di condimento speziato.
Per avere una salsa più leggera e cremosa, aggiungere un paio di cucchiai di acqua di cottura mentre si spadella.
Versare nel piatto ed eventualmente unire ancora una piccola spolverata del mix o di solo Parmigiano. Servire subito ben caldi.

Più golosi se serviti con foglie di salvia fritte: raccolte, passate nell'uovo sbattuto, poi nel pangrattato e fritte velocemente in olio.





365 giorni di festa per celebrare le glorie della nostra cucina: 
la più famosa, la più bella (e buona) del mondo!
La festa del cibo che si rinnova ogni giorno,
attraverso la celebrazione dei piatti e dei prodotti che hanno reso unica la cucina italiana,
in Italia e nel mondo.

13 novembre 2017

Cioccolata bianca speziata con zucca e caramello


Colazione ricca e super golosa oggi per chi segue il Calendario del Cibo Italiano: oggi è la Giornata Nazionale della Cioccolata in Tazza e Francesca, che ha curato l'articolo pubblicato, ha coinvolto la Community a partecipare con le più fantasiose ricette che si possono gustare grazie al celeberrimo cibo degli dei.
  
Per me una cioccolata calda insolita: oserei dire delicatamente autunnale, gentile per il cioccolato bianco usato, ancor di più per la purea di zucca incorporata e vivace per quel tocco aromatico ed esotico che solo le spezie sanno dare. Ci potevamo fermare qui, ma perchè rinunciare ad un zic corroborante come solo una nota alcolica può aggiungere? E non so se l'avevate già capito... ultimamente sono totally addicted (tanto per dirla fuori dai denti) al JD Fire, leggasi Jack Daniels alla cannella :-)) 
E i vostri ospiti gradiranno e ringrazieranno, chiedendo esplicitamente il bis!




cioccolata bianca speziata



Per 2 tazze:

100/150 g di cioccolato bianco tritato grossolanamente
400 g di latte intero
2/3 cucchiai di purea di zucca
cannella, zenzero, chiodi di garofano, noce moscata *

1 cucchiaino di amido di mais
20 ml di Jack Daniels Fire **
panna montata e caramello, facoltativi



* si dosano secondo il proprio gusto, si può usare anche il mix di spezie pronto per i tipici biscotti natalizi
** se non piace il whiskey, si può usare un buon Cognac oppure il liquore Amaretto di Saronno


In una piccola casseruola sciogliere il cioccolato in un terzo del latte a fuoco basso, mescolando ogni tanto.
Nel frattempo ridurre a purea (anche con la forchetta) la polpa di una fetta di zucca precedentemente cotta a vapore finchè tenera e passarla attraverso un setaccio.
Unire poi il resto del latte, scaldato precedentemente, la zucca e le spezie (un pizzico, mezzo cucchiaino o più, a piacere) e mescolare vigorosamente per amalgamare bene il composto.
Sciogliere l'amido di mais in un goccio di latte freddo, unirlo alla bevanda e cuocere 5 minuti a fuoco basso.
Versare una piccola quantità di cioccolata calda in due bicchieri,
aggiungere il liquore e ricoprire ancora con la cioccolata calda. Dare una mescolata e guarnire con panna montata e un filo di caramello; a piacere un pizzico di spezie ancora. 


cioccolata bianca speziata


Ho trovato la ricetta sul blog di Dana, americana dell'Oregon, che raccoglie ricette deliziose ed accattivanti con al massimo 10 ingredienti e che richiedono neanche 30 minuti di preparazione, merita farci un giro, anche per scoprire le altre golose cioccolate calde che propone.



Caramello
(di Paul De Bondt)


pari quantità di zucchero e di panna liquida da montare
un pezzetto di burro (40/50 g su 500 g.di zucchero)
un pizzico di sale


Scaldare una pentola, meglio se alta per evitare schizzi (e il caramello raggiunge la temperatura di 160° e oltre a ustionare provoca buchi nella pelle dove colpisce).
A fuoco medio versare 2 o 3 cucchiai di zucchero della quantità prefissa e scioglierlo completamente, quindi aggiungerne altrettanti e aspettare che sciolga completamente e così via fino a terminare lo zucchero. In questo modo si eviteranno grumi fastidiosi e più lunghi da sciogliere.
Nel frattempo portare a bollore la panna.
Quando tutto lo zucchero è sciolto e il caramello comincia a fare la schiumetta e bollicine via via più grandi togliere dal fuoco e aggiungere la noce di burro, sempre mescolando.
Unire aa più riprese anche la panna calda (sempre lontano dal fuoco), facendo attenzione che quando la si verserà gonfierà subito e potrebbe trasbordare; mescolare sempre.
A questo punto aggiungere un pizzico di sale, dare un’altra mescolata e il caramello è pronto.
Si può invasare a caldo (come la marmellata) per conservarlo: mettere subito in vasi precedentemente sterilizzati in forno, tappare e capovolgere subito fino a completo raffreddamento.
Oppure travasare in un vaso e quando freddo conservare in frigo, non indurisce. 
Come consiglia De Bondt questo è un ottimo caramello sempre pronto (si può riscaldare per ammorbidirlo) per accompagnare dolci, mousse, gelati, frutta padellata o fresca. Al bisogno si può aromatizzare a proprio gusto con liquori e aromi preferiti (per esempio succo d’arancia).
Per fare il caramello liquido basterà sostituire alla panna la stessa quantità di acqua avendo l’accortezza di non considerare il 35% di grasso contenuto nella panna. Per cui:

1000 g zucchero + 1000 g panna (650 g liquido + 350 g grasso) = caramello base
1000 g zucchero + 650 g acqua = caramello liquido

Ovviamente per dosi minori ridurre in proporzione gli ingredienti.






365 giorni di festa per celebrare le glorie della nostra cucina:
la più famosa, la più bella (e buona) del mondo!
La festa del cibo che si rinnova ogni giorno,
attraverso la celebrazione dei piatti e dei prodotti che hanno reso unica la cucina italiana,
in Italia e nel mondo.