IN TAVOLA - ON THE TABLE

31 gennaio 2016

Bisse veneziane per la Settimana della cucina ebraica


Si conclude oggi la Settimana della cucina ebraica del Calendario del Cibo Italiano: ce ne ha parlato ampiamente e dettagliamente Anna Maria nel suo articolo pubblicato sul sito Aifb.
Per me, a digiuno completo riguardo usi e tradizioni riguardo la cultura ebraica, è stato veramente interessante leggere la ricerca accurata fatta da Anna Maria, scoprire quanto profondamente il loro credo influisca su ogni momento del quotidiano, e soprattutto quante regole (che a noi paiono inimagginabili restrizioni) alimentari sono tuttora imprescindibili e fedeli a quanto scritto nella Torah.

La tavola viene vista come un altare e le regole che normano la preparazione di un pasto, unitamente a tutte le regole che normano la quotidianità, concorrono a costruire una guida per l’esistenza con modelli di comportamento che, se osservati, porteranno alla qedushah, la perfezione, la santità. Un’aspirazione raggiungibile da ogni singolo membro della comunità (dalla Settimana della cucina ebraica del Calendario del Cibo Italiano).

Della comunità ebraica veneziana e della sua cucina ce ne parla anche Alex in questo suo post, accennando a quanto la cucina lagunare abbia attinto dalle usanze gastronomiche ebraiche.
E in questo post si pò fare un giro goloso virtuale dei dolci ebraici in vendita nelle calli del ghetto veneziano.

Volevo fare una challah, la caratteristica treccia di pane dei giorni di festa, ma il tempo è tiranno, e così mi sono accontentata di questi semplici biscotti, che per tradizione vengono fatti per la festa di Pesach, la Pasqua ebraica.
Questa festività dura otto giorni, e per l'intero periodo bisogna osseervari due comandamenti: cibarsi di matzah (pane non lievitato) e non consumare alcun cibo contenente lievito. Pare che questa usanza sia derivata a ricordo del pane consumato dagli Ebrei durante l'Esodo: durante la fuga, infatti, non ebbero il tempo di far lievitare il pane.
Prima che inizi la Pesach, si eliminano dalle case ogni traccia di lievito e ogni cibo che lo contenga.

Ricetta originale qui.



bisse veneziane



Ingredienti:

500 g di farina 0
200 g di zucchero semolato
50 g di zucchero di canna
100/120 ml di olio di semi di girasole
(spremuto a freddo)
3 uova
la buccia grattugiata di un limone biologico



In una ciotola mescolare la farina con lo zucchero e fare la fontana.
Versare al centro le uova leggermente sbattute e la buccia del limone.Iniziare a prendere un po' di farina alla volta con la forchetta, aggiungendo anche l'olio a filo. Quando i liquidi sono stati assorbiti, trasferire il composto sul piano di lavoro ed impastare con le mani, fino ad ottenere un impasto omogeneo e liscio. Formare una palla, avvolgere nella pellicola e trasferire in frigo a riposare per mezzora.


facendo bisse veneziane



Dividere poi l'impasto in tanti pezzetti di circa 30 g cadauno, quindi col palmo delle mani formare con ogni pezzo un rotolino di 20/25 cm di lunghezza e dargli la forma a S.
Sistemare i biscotti su una teglia ricoperta di carta da forno e cuocere a 160° per circa 20 minuti.
Sfornare e lasciare raffreddare su una griglia.

Mi sono venuti un pochino troppo duri (anche se spezzettati nel latte caldo trovano buona accoglienza), secondo me 12/15 minuti di cottura sono più che sufficienti per la dimensione dei rotolini fatti. Li ripeterò e aggiusterò il tempo di cottura.


3 commenti:

Simo ha detto...

Anche io non ero al corrente delle tradizioni ebraiche, questi biscotti devono essere squisiti e perfettamente in linea coi gusti della mia famiglia.
Bravissima come sempre Cinzia! Un bacione

Paola Mademoiselle Canelle ha detto...

Questa settimana e conoscere le usanze e le tradizioni dela cucina ebraica mi hanno entusiasmata. Ho adorato ogni parola e post che l'hanno riguardata e adoro, ora, queste bisse. Molto belle

Cindystar ha detto...

Grazie, Simo, attenta solo a cuocerli qualche minuto in meno, oppure a fare i "bisseti" più ciccioni :-))

Paola, anche io ho imparato molto, e spero di riuscire ad approfondire questa cultura, almeno culinariamente parlando.

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