O mia bela Madunina
che te brillet de lontan
tuta d'ora e piscinina,
ti te dominet Milan
La Madonnina è una statua di Giuseppe Perego in rame dorato, raffigurante la Madonna Assunta e posta sulla guglia maggiore del Duomo di Milano. Dal momento della sua posa, avvenuta nel 1774 è diventata il simbolo della città, al di là del fatto religioso. Frasi come all'ombra della Madonnina indicano per antonomasia la città di Milano.
Nel XVIII secolo il Duomo era ancora quasi privo di guglie e in continuo stato di lavorazioni riprese, interrotte e mai completate. L'arcivescovo Giuseppe Pozzobonelli decise di fare innalzare la guglia maggiore. L'opera, che era teoricamente in discussione da molti anni, venne progettata (1765) e poi realizzata (1769) dall'architetto Francesco Croce e raggiunse la vertiginosa altezza di 108,50 metri.
Sulla cima della guglia, secondo un piano che risale probabilmente alle origini stesse del Duomo, venne posta una statua dell'Assunta (alta 4,16 metri) con lo sguardo e le braccia tese verso il cielo ad implorare la benedizione di Dio verso la città. La statua venne realizzata dallo scultore Giuseppe Perego e dall'orafo Giuseppe Bini e fu inaugurata il 30 dicembre 1774.
Sulla cima della guglia, secondo un piano che risale probabilmente alle origini stesse del Duomo, venne posta una statua dell'Assunta (alta 4,16 metri) con lo sguardo e le braccia tese verso il cielo ad implorare la benedizione di Dio verso la città. La statua venne realizzata dallo scultore Giuseppe Perego e dall'orafo Giuseppe Bini e fu inaugurata il 30 dicembre 1774.
La tradizione vuole che nessun edificio in Milano possa essere più alto della Madonnina.
Una legge prima non scritta, poi resa ufficiale negli anni '30, lo impedì per la torre del Parco Sempione (108 metri) di Giò Ponti e per la Torre Velasca (106 m). In tutti i casi il progetto si fermò prima dei fatidici 108,5 m per rispetto della Madonnina.
Sentimenti religiosi celano principalmente problemi strutturali: pochi metri sotto la superficie della città c'è una falda freatica. Questa esercita una forte pressione sugli strati rocciosi del sottosuolo. L'aumento della popolazione nell'ultimo secolo e il conseguente aumento dell'estrazione dell'acqua ha abbassato la linea della falda, aumentando vertiginosamente la fragilità del sottosuolo. Ergo, una costruzione più alta, e quindi più pesante, del Duomo, potrebbe non essere sopportata dal terreno e rovinare su se stessa.
Il Pirellone, così i milanesi chiamano il grattacielo della Pirelli, dove attualmente ha sede la Regione Lombardia, è più alto della Madonnina: conta 127m.
Sul suo tetto il sentimento religioso ha fatto costruire un'altra Madonnina in oro, copia della sorella che sovrasta i marmi di Candoglia. Cosicché è proprio vero: nessun edificio a Milano può essere più alto della Madonnina.
Una legge prima non scritta, poi resa ufficiale negli anni '30, lo impedì per la torre del Parco Sempione (108 metri) di Giò Ponti e per la Torre Velasca (106 m). In tutti i casi il progetto si fermò prima dei fatidici 108,5 m per rispetto della Madonnina.
Sentimenti religiosi celano principalmente problemi strutturali: pochi metri sotto la superficie della città c'è una falda freatica. Questa esercita una forte pressione sugli strati rocciosi del sottosuolo. L'aumento della popolazione nell'ultimo secolo e il conseguente aumento dell'estrazione dell'acqua ha abbassato la linea della falda, aumentando vertiginosamente la fragilità del sottosuolo. Ergo, una costruzione più alta, e quindi più pesante, del Duomo, potrebbe non essere sopportata dal terreno e rovinare su se stessa.
Il Pirellone, così i milanesi chiamano il grattacielo della Pirelli, dove attualmente ha sede la Regione Lombardia, è più alto della Madonnina: conta 127m.
Sul suo tetto il sentimento religioso ha fatto costruire un'altra Madonnina in oro, copia della sorella che sovrasta i marmi di Candoglia. Cosicché è proprio vero: nessun edificio a Milano può essere più alto della Madonnina.
Alla Madonnina è dedicata la celeberrima canzone in dialetto milanese Madunina, scritta nel 1935 da Giovanni D'Anzi. Nel '34 Milano cominciava a popolarsi di immigrati napoletani o comunque meridionali. D'Anzi animava il Pavillon dorè, suonava di tutto: canzoni proprie e di altri, italiane e straniere, ma alla fine c'era sempre qualche cliente che gli chiedeva "O sole mio". La cosa si ripeteva tutte le sere, e D'Anzi, una notte, decide di dare una risposta a questa gente venuta a Milano, che a Milano ci campava benissimo, ma che invariabilmente pensava al "sole di Napoli". Arrivato a casa si mette al piano e compone parole e musica della canzone che forse lo ha reso più famoso, e che maggiormente rappresenta Milano. Questa è una delle poche canzoni scritte senza la collaborazione di Alfredo Bracchi il suo paroliere preferito.
Per saperne di più: www.duomomilano.it
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