Dalla collaborazione dell'Associazione Italiana Food Blogger con il Consorzio Pecorino Toscano Dop ha preso il via lo scorso settembre un interessante blog tour in Maremma, che ha visto protagonisti alcuni soci nei luoghi di produzione e lavorazione di questo formaggio.
Giusto il tempo di rientrare nei propri confini, che parte un avvincente challenge, Mai dire Mai, ovvero inconsueti e curiosi abbinamenti per il più tipico dei formaggi toscani.
24 blogger sfidano 12 ingredienti insoliti: mango, gamberi, uva, piccione, funghi, rapa rossa, cacao, cozze, curry, caffè, coniglio e zucchero. L'abbinamento è a sorpresa, e non interscambiabile, e per certi versi lascia alcuni stupefatti, la Dea Bendata pare abbia voluto divertirsi con gli accoppiamenti.
Sulla pagina ufficiale di FB le proposte finora presentate dai partecipanti alla sfida.
Sulla pagina ufficiale di FB le proposte finora presentate dai partecipanti alla sfida.
L'ingrediente sorteggiato per me e la mia compagna di avventura Elena sono state le cozze. Lei è stata più diligente e ha presentato anzitempo qui la sua proposta golosa.
Io non mi smentisco, come al solito, e arrivo giusto in tempo alla quasi conclusione della sfida.
Cucino regolarmente questi molluschi, piacciono a tutti e in occasione di pranzi o feste sono anche molto scenografici e conviviali.
Ma non ne mangio per via di quella storiella che mi hanno sempre raccontato da piccola e che mi ha praticamente bloccato già in tenera età.
Le cozze, infatti, vengono anche chiamate spazzini del mare, perchè, filtrando quasi 50 litri di acqua di mare in 12 ore, ne trattenengono ogni impurità, dalle sostanze viventi per nutrirsi a quelle nocive, come i metalli pesanti e i batteri. Questi ultimi non sono ritenuti pericolosi perchè muoiono con la cottura dei molluschi, ma i metalli pesanti restano. Oggi la maggior parte di questi mitili proviene da allevamenti certificati, che devono indicare in etichetta il luogo di coltura e quindi garantire la pesca in acque idonee. Od eventualmente dichiarare il processo di stabilizzazione (purificazione) a cui sono stati sottoposti per renderli affidabili.
Una volta acquistate in una pescheria di fiducia, si possono conservare 2 o 3 giorni in frigorifero nella loro rete e con il loro liquido racchiuso nella conchiglia, in una bacinella coperta con un canovaccio umido, ma non in acqua, perchè morirebbero presto, consumando tutto l'ossigeno presente in poco tempo.
In commercio si trovano cozze già raschiate da ogni impurità sul guscio. Meglio comunque lavarle al momento dell'utilizzo, si possono anche lasciare in ammollo un'oretta in acqua leggermente salata. Quindi controllarle una per una e togliere il bisso, il filamento che esce dal guscio: ora le cozze sono pronte per essere cucinate.
Anche le cozze seguono le antiche credenze popolari dei pescatori: andrebbero consumate nei mesi senza la erre, perchè sarebbero più gustose e saporite. Non a caso il periodo migliore per gustarle è proprio la primavera e l'estate, quando sono nel momento della riproduzione e quindi più grasse e ricche di proteine.
Io non mi smentisco, come al solito, e arrivo giusto in tempo alla quasi conclusione della sfida.
Cucino regolarmente questi molluschi, piacciono a tutti e in occasione di pranzi o feste sono anche molto scenografici e conviviali.
Ma non ne mangio per via di quella storiella che mi hanno sempre raccontato da piccola e che mi ha praticamente bloccato già in tenera età.
Le cozze, infatti, vengono anche chiamate spazzini del mare, perchè, filtrando quasi 50 litri di acqua di mare in 12 ore, ne trattenengono ogni impurità, dalle sostanze viventi per nutrirsi a quelle nocive, come i metalli pesanti e i batteri. Questi ultimi non sono ritenuti pericolosi perchè muoiono con la cottura dei molluschi, ma i metalli pesanti restano. Oggi la maggior parte di questi mitili proviene da allevamenti certificati, che devono indicare in etichetta il luogo di coltura e quindi garantire la pesca in acque idonee. Od eventualmente dichiarare il processo di stabilizzazione (purificazione) a cui sono stati sottoposti per renderli affidabili.
Una volta acquistate in una pescheria di fiducia, si possono conservare 2 o 3 giorni in frigorifero nella loro rete e con il loro liquido racchiuso nella conchiglia, in una bacinella coperta con un canovaccio umido, ma non in acqua, perchè morirebbero presto, consumando tutto l'ossigeno presente in poco tempo.
In commercio si trovano cozze già raschiate da ogni impurità sul guscio. Meglio comunque lavarle al momento dell'utilizzo, si possono anche lasciare in ammollo un'oretta in acqua leggermente salata. Quindi controllarle una per una e togliere il bisso, il filamento che esce dal guscio: ora le cozze sono pronte per essere cucinate.
Anche le cozze seguono le antiche credenze popolari dei pescatori: andrebbero consumate nei mesi senza la erre, perchè sarebbero più gustose e saporite. Non a caso il periodo migliore per gustarle è proprio la primavera e l'estate, quando sono nel momento della riproduzione e quindi più grasse e ricche di proteine.
Ero partita dall'idea di un tortino, mai realizzato e che ben presto si è tramutato in gnocchi tricolore, gustati ed apprezzati, ma non così avvincenti. Si mettono alla prova anche dei tortelli, ma mi sembrava di approfittare troppo di un consiglio culinario autorevole.
E nel mentre della prova ecco che mi balena l'idea sfiziosa del fish&chips.
Amo le contaminazioni, forse non essendo io una purosangue e non avendo un singolo territorio di appartenenza. E nelle nostre scorribande londinesi (ho un figlio che vive là) fish&chips è un must, quasi all'ordine del giorno.
Amo le spezie, le erbe aromatiche, gli aromi naturali: la via delle Indie un giorno (spero non troppo lontano) mi porterà a raggiungere quei luoghi profumati, colmi di fascino coloniale di altri tempi.
Adoro friggere: quello scricchiolio e crepitio nell'olio bollente è la più bella sinfonia culinaria che si possa sentire! Anche l'ingrediente più semplice e povero, una volta fritto assume un'altra personalità, quasi regale, una sorta di vestito a festa. Non a caso si dice che fritta è buona anche una suola da scarpe :-). E non importa l'odore di fritto (qualcuno osa chiamarlo puzzo, a torto) che produce, a cui si può ovviare con piccole astuzie: una goccia di olio 31 nell'olio di frittura, una Lampe Berger accesa, una protezione per i capelli (basta una cuffia monouso da doccia), un camice al posto del grembiule per proteggere i vestiti. E nella bella stagione, ci si può attrezzare all'aperto: sul balcone, in terrazza, in giardino, con il grande rischio, però, di avere poi la fila dei vicini fuori dalla porta che vogliono partecipare all'assaggio!
Tre tipi di patate, dai colori invitanti e sgargianti, anche se una non lo è davvero: la batata, o patata americana (qui nella versione arancione, meno comune da noi, ma ora più facilmente rintracciabile con l'accrescere dei negozi e dei mercati etnici) infatti appartiene ad un'altra famiglia botanica, le Convolvulaceae (quella delle belle campanelle blu rampicanti, per intenderci), e non alla famiglia delle Solanaceae, a cui fanno capo patate e pomodori.
Una mousse di pecorino, cremosa e delicatamente saporita, come intingolo goloso di accompagnamento, da degustare a temperatura ambiente o fresca, a piacere.
E voilà, l'aperitivo è servito: brindiamo alla sfida più intrigante e sorprendente e con i miei personali vivissimi complimenti a tutti i partecipanti ... vinca il migliore!
E nel mentre della prova ecco che mi balena l'idea sfiziosa del fish&chips.
Amo le contaminazioni, forse non essendo io una purosangue e non avendo un singolo territorio di appartenenza. E nelle nostre scorribande londinesi (ho un figlio che vive là) fish&chips è un must, quasi all'ordine del giorno.
Amo le spezie, le erbe aromatiche, gli aromi naturali: la via delle Indie un giorno (spero non troppo lontano) mi porterà a raggiungere quei luoghi profumati, colmi di fascino coloniale di altri tempi.
Adoro friggere: quello scricchiolio e crepitio nell'olio bollente è la più bella sinfonia culinaria che si possa sentire! Anche l'ingrediente più semplice e povero, una volta fritto assume un'altra personalità, quasi regale, una sorta di vestito a festa. Non a caso si dice che fritta è buona anche una suola da scarpe :-). E non importa l'odore di fritto (qualcuno osa chiamarlo puzzo, a torto) che produce, a cui si può ovviare con piccole astuzie: una goccia di olio 31 nell'olio di frittura, una Lampe Berger accesa, una protezione per i capelli (basta una cuffia monouso da doccia), un camice al posto del grembiule per proteggere i vestiti. E nella bella stagione, ci si può attrezzare all'aperto: sul balcone, in terrazza, in giardino, con il grande rischio, però, di avere poi la fila dei vicini fuori dalla porta che vogliono partecipare all'assaggio!
Tre tipi di patate, dai colori invitanti e sgargianti, anche se una non lo è davvero: la batata, o patata americana (qui nella versione arancione, meno comune da noi, ma ora più facilmente rintracciabile con l'accrescere dei negozi e dei mercati etnici) infatti appartiene ad un'altra famiglia botanica, le Convolvulaceae (quella delle belle campanelle blu rampicanti, per intenderci), e non alla famiglia delle Solanaceae, a cui fanno capo patate e pomodori.
Una mousse di pecorino, cremosa e delicatamente saporita, come intingolo goloso di accompagnamento, da degustare a temperatura ambiente o fresca, a piacere.
E voilà, l'aperitivo è servito: brindiamo alla sfida più intrigante e sorprendente e con i miei personali vivissimi complimenti a tutti i partecipanti ... vinca il migliore!
Ingredienti:
cozze
patata vitelotte
patata a buccia rossa
batata a polpa arancione
farina
pane grattugiato
sesamo bianco e/o sesamo nero
olio di semi di arachide
uovo sbattuto
sale
per la spuma al pecorino:
50 g di pecorino toscano dop grattugiato
50 g di pecorino toscano dop stagionato grattugiato
350 g di panna fresca
timo fresco
Mousse di pecorino: scaldare la panna, aggiungere un paio di rametti di timo e lasciare in infusione 30/40 minuti. Togliere il timo dalla panna, portare a bollore e aggiungere il pecorino: mescolare con delicatezza finchè ben amalgamato. Passare al setaccio. Mettere in frigo a rassodare.
Patate: lavare bene ogni tubero, strofinando la buccia con una paglietta per levare ogni residuo di terra e/o ogni eventuale imperfezione. Asciugarle ed affettarle fini (senza sbucciarle) con una mandolina, disponendole su uno strofinaccio pulito. Tamponare con carta da cucina.
Cozze: non vale la pena aprire le cozze da crude, è un lavoro più faticoso e lungo. Meglio metterle in una padella capiente, dopo averle comunque lavate e passate una per una per eliminare ogni possibile residuo di bisso, sul fuoco a fiamma vivace e con coperchio. In un minuto o due i molluschi si apriranno. Recuperare le cozze che si toglieranno dalla valve con grande facilità: quelle che non si sono aperte si scartano.
Tamponare i molluschi con carta da cucina, infarinare e setacciare per eliminare ogni eccedenza di farina, passare nell'uovo sbattuto e poi nel pangrattato. Questo può essere semplice o mescolato con sesamo bianco e/o nero.
Si possono preparare impanate in anticipo, conservandole in frigo su un piatto spolverato di pangrattato e coperte da un foglio di alluminio.
Si possono preparare impanate in anticipo, conservandole in frigo su un piatto spolverato di pangrattato e coperte da un foglio di alluminio.
Frittura: preparare sul fuoco due padelle, una più grande per le patate, con abbondante olio di semi di arachide ciascuna. Portare l'olio a temperatura, 170/180°, e friggere le patate, prima quelle bianche, poi le arancioni ed infine le viola, in pochi minuti saranno pronte. Scolare su carta assorbente, salare solo al momento di servire. Friggere anche le cozze e scolare su carta assorbente. Non salare.
Servire il fish&chips con la mousse di pecorino e ... in alto i calici!
Varianti: la mousse di pecorino si può aromatizzare con l'erba aromatica preferita, in estate si potrebbe osare con della mentuccia ed un pizzico di buccia di limone o lime grattugiata. Oppure optare per una variante più esotica, aggiungendo un pizzico di curcuma e curry, donando anche un colore dorato.
Valgono le stesse opzioni anche per le cozze, se si preferisce degustare la mousse di pecorino al naturale: il pangrattato si può aromatizzare a piacere, con un trito di aromatiche o con la spezia che più aggrada. I semi di sesamo possono essere sostitui con quelli saporiti e cipollosi di nigella sativa (la trovo da Tiger).
#maidiremai #aifb #pecorinotoscanodop
3 commenti:
Idea strpitosa! Complimenti!
Wow, Cinzia! Oltre ad essere di grande effetto scenografico è una proposta molto originale!
Mi piace moltissimo la scelta di tre tipi di patate e la spuma di pecorino deve essere fenomenale, sarei curiosissima di assaggiarla con le cozze. Ma forse non ce la farò perchè...io non friggo MAI!! Mi veniva troppo da ridere a leggere la tua passione per il fritto...io sono l'opposto. Però con i tuoi accorgimenti mi hai quasi convinto...quasi. Li terrò a mente se mai mi deciderò. Oppure posso venire a mangiarlo da te ogni tanto, che ne dici?!
Ciao,
Alice
Grazie Cristina! ;-)
Alice, sei la benvenuta, quando vuoi :-)
A volte, sono quei timori che bisognerebbe prendere di petto ... poi ci si prende gusto :-)))
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