IN TAVOLA - ON THE TABLE

31 ottobre 2012

Pollo in agrodolce con cipolle rosse, uva e castagne


Sta finendo anche la raccolta con le castagne per la rubrica mensile Salutiamoci, domani ultimo giorno per aggiungere una ricetta alla collezione delle tante già pervenute ad Alice.
Mi piace molto l'agrodolce, ma nella tabella degli ingredienti permessi lo zucchero è proprio vietato. Ed allora, come rimediare? Avevo provato quest'esate a fare i peperoni in agrodolce usando il succo di mela concentrato ed il risultato era stato molto soddisfacente, per cui da oggi in poi almeno nell'agrodolce niente più zucchero! :-) 
E' solo un piccolo passo, ma ... c'è una filastrocca per bambini che recita più o meno così: passin passetto, salii sul tetto, salii sula cima di un'alta collina, da lassù vidi il mondo ... come dire che a piccoli passi poi si fa comunque della gran bella strada! 
Anche se col salato è più facile attenersi alla tabella, ancora coi dolci non sono riuscita ad avere un gusto che soddisfa, ho fatto una torta con mele e pere che era bellissima ma proprio non si faceva mangiare ... vabbè, la posterò e chiederò suggerimenti alle più esperte del settore :-).
Castagne ed uva, sia bianca che rosata, che quest'autunno finalmente freddoloso ci regala ancora abbondantemente, unite alla dolce cipolla rossa: un mix di colori e sapori che si accoppiano con delicata armonia, avvolti da una lieve spruzzata di agrodolce.
Confesso che ho ri-spadellato dei bocconcini di pollo avanzati dalla sera prima e usato le poche caldarroste avanzate (ma rimaste morbide), ma il riciclo non ha influenzato minimamente la buona resa del piatto.
Si possono usare castagne fresche o già pronte confezionate o surgelate (in questo caso vanno sbollentate qualche minuto).
Se fresche si sbucciano facilmente così: inciderle e metterle in una fondina nel microonde, un paio di minuti a potenza massima, aspettare solo qualche secondo che si intiepidiscano e voilà, si sbucceranno in un baleno! Poi sbollentarle qualche minuto in acqua (già nel microonde si ammorbidiscono), devono rimanere consistenti e non sbriciolarsi.


 pollo in agrodolce con cipolle uva castagne


Ingredienti:

petto di pollo, a cubetti
cipolla rossa, a fettine
uva bianca
uva rosata 
castagne 
olio extravergine di oliva
aceto di mele 
sciroppo di mele concentrato
poca farina o semola di grano duro
birra o vino bianco
sale


- Infarinare leggermente i cubetti di pollo e metterli a rosolare in una padella con un goccio di olio. Quando si sono ben rosolati sfumare con un goccio di vino o birra e portare a cottura, abbassando il fuoco e coprendo con un coperchio. Se asciuga troppo aggiungere un goccio di acqua. Salare e pepare, se piace.
- Lavare ed asciugare l'uva, tagliare gli acini a metà e togliere i semi. Rosolare la cipolla in un goccio di olio a fiamma vivace per un paio di minuti, salare, aggiungere l'uva e le castagne (precedentemente sbollentate), far insaporire e sfumare con qualche cucchiaio di aceto e uno o due cucchiai di sciroppo di mele. Ridurre il sugo a fiamma media per un minuto, unire i bocconcini di pollo, spadellare il tutto e servire.


pollo in agrodolce con cipolle uva castagne


 
Ormai il mese di ottobre è finito e faccio appena in tempo a mandare questo piccolo contributo rosa ad Ornella, anche quest'anno presente con la sua rete in rosa per la prevenzione del tumore al seno.
E' una ricetta salutare, di quelle che fanno bene, e che potrebbe essere un buon incentivo per una corretta alimentazione, soprattutto nella prevenzione.
Sto cercando di impegnarmi, a fatica perchè non è così facile, anche perchè quello che ti circonda insegna, anzi, indottrina subdolamente l'esatto opposto.
Ma si deve fare, lo voglio fare,  per amore verso chi non è più con noi e chi ancora duramente e tenacemente porta avanti la sua lotta contro il male subdolo.



30 ottobre 2012

Black & White Wednesday - Week # 56



I was in Turin last weekend for Salone del Gusto
but could not miss Porta Palazzo Market,
the largest European open air market for fruits and vegetables,  
with a section dedicated to the local farmers for direct sale.

 Now a stunning blend of tradition
Italian and foreign immigration,  
and future.


Pumpkins and Squash everywhere:
 Queen Seasonal Veggie or just Hallowen Charm?


still on the truck
still on the van

italian pumpkins
special Italian variety

white chinese pumpkin
a newbee to me, white Chinese kind





This week Black & White Wedsneday - Halloween edition
is hosted by Lail of With A Spin,
 do send your entries to elegancemeetschic AT yahoo DOT com
until midnight Tuesday, Oct. 23th.

25 ottobre 2012

Che la follia abbia inizio ... ma con tanto tanto gusto!


Da oggi live a Torino
la più grande kermesse enogastronomica al mondo,
più di 1000 espositori in rappresentanza di 100 paesi diversi,



150 foodblogger di Gente del Fud
che si racconteranno, dimostreranno, cucineranno
con i prodotti e i presidi presenti al Salone,

in un crescendo di appuntamenti in stand, fuori stand,
attraverso e dentro il Salone,
il programma è molto gustoso,



da condividere anche comodamente in poltrona
grazie alla diretta streaming onnipresente (o quasi :-).

Foto e commenti sulla pagina facebook,
tweeting 



Meglio finire in fretta la valigia,
chiudere gli occhi sul cuscino e ...
... risvegliarmi domani più folle che mai!


22 ottobre 2012

Black & White Wednesday - Week # 55


 The oldest and most famous Italian Craft Fair
has just closed its doors in Vicenza,
numerous exhibitors, coming from all parts of Italy and abroad,
 to satisfy all sorts of creative manual skills.

Patchwork, knitting, embroidery, crochet,
you can lead your fantasy to create so many peculiar and detailed works,
like these sweet watering cakes and pastries :-)

  sicilian cassata  
 Sicilian Cassata

strawberry chocolate cake
Strawberry Chocolate Cake

fruit cake
Fruit Cake

three-layers cake
Three-layers Cake and Assorted Pastries






This week Black & White Wedsneday is hosted by Simona of Briciole  
 do send your entries to simosite AT mac DOT com
until midnight Tuesday, Oct. 23th.

21 ottobre 2012

Fave dei morti - WHB # 356


Tra poco meno di una decina di giorni si celebrerà la commemorazione dei cari defunti in tutta Italia, ricorrenza abbinata alla festa di Ognissanti, la giornata festiva che la precede.
Al di là dei riti spirituali e religiosi riservati a questa giornata, sono ancora presenti in alcune regioni italiane antiche usanze domestiche come apparecchiare un posto in più a tavola per i propri cari che non ci sono più, oppure lasciare per loro gli avanzi della cena sulla tavola per tutta la notte. Una volta, ma ancora in qualche zona rurale succede, i più poveri bussavano alle porte a nome dei defunti per avere in elemosina del cibo e si illuminavano le zucche come simbolo di resurrezione oppure si riempivano di vino come consolazione.
Cibo di rito per la ricorrenza dei morti sono le fave:
Secondo gli antichi - dice lo studioso Pitrè - le fave contenevano le anime dei loro trapassati: erano sacre ai morti. Presso i Romani avevano il primo  posto nei conviti funebri".Anche quest'uso fu dalla pietà cristiana portato sopra un piano più alto e riempito di un nuovo significato: poiché le fave, o anche i ceci lessi, in capaci bigonci venivano posti agli angoli delle strade e ciascuno vi poteva attingere a volontà. S'intende che più vi attingevano i poveri. Ancora oggi in Capitanata (Puglia) "molte famiglie cuociono in grosse caldaie notevoli quantità di ceci o di grano, che condiscono col succo degli acini di melograno, e ne offrono dei piatti ai poveri in suffragio delle anime dei defunti". Ora le fave dei morti sono, di regola, sostituite con dolci di egual nome, e di foggia più o meno simile.

 fave dei morti
 

E di fave dei morti ce ne parla anche Pellegrino Artusi:
Delle pastine sogliono farsi per la commemorazione dei morti e tengono luogo della fava baggiana, ossia d'orto, che si usa in questa occasione cotta nell'acqua coll'osso di prosciutto. Tale usanza deve avere la sua radice nell'antichità più remota poiché la fava si offeriva alle Parche, a Plutone e a Proserpina ed era celebre per le cerimonie superstiziose nelle quali si usava. Gli antichi Egizi si astenevano dal mangiarne, non la seminavano, né la toccavano colle mani, e i loro sacerdoti non osavano fissar lo sguardo sopra questo legume stimandolo cosa immonda.  Le fave, e soprattutto quelle nere, erano considerate come una funebre offerta, poiché credevasi che in esse si rinchiudessero le anime dei morti, e che fossero somiglianti alle porte dell'inferno.
Nelle feste Lemurali si sputavano fave nere e si percuoteva nel tempo stesso un vaso di rame per cacciar via dalle case le ombre degli antenati, i Lemuri e gli Dei dell'inferno.
Festo pretende che sui fiori di questo legume siavi un segno lugubre e l'uso di offrire le fave ai morti fu una delle ragioni, a quanto si dice, per cui Pitagora ordinò a' suoi discepoli di astenersene; un'altra ragione era per proibir loro di immischiarsi in affari di governo, facendosi con le fave lo scrutinio nelle elezioni.

Ad una sua ricetta (di famiglia scrive lui) mi sono ispirata per fare questi dolcetti, presenti anche nelle  Marche, regione ospitata da Antonia per l'Abbecedario Culinario, organizzato dall'intraprendente Trattoria MuVarA.

L'Artusi dice di profumarle con odore di scorza di limone, oppure di cannella, o d'acqua di fior d'arancio, per renderle ancora più marchigiane ho aromatizzato le mie con del Mistrà, tipico liquore marchigiano all'anice, fiore all'occhiello della Distilleria Varnelli, e di cui non me ne manca mai una bottiglia in casa grazie alla generosità di un caro amico marchigiano doc.


fave dei morti


 Per circa 60/70 biscottini:

200 g di mandorle dolci *
100 g di farina
100 g di zucchero **
30 g di burro
1 uovo sbattuto
un paio di cucchiai di Mistrà

* avevo da finire della farina di mandorle ed ho usato quella
** ne ho usati solo 70 g.


 fave dei morti


Così racconta la ricetta l'Artusi:

Sbucciate le mandorle e pestatele collo zucchero alla grossezza di mezzo chicco di riso. Mettetele in mezzo alla farina insieme cogli altri ingredienti e formatene una pasta alquanto morbida con quel tanto di rosolio o d'acquavite che occorre. Poi riducetela a piccole pastine, in forma di una grossa fava, che risulteranno in numero di 60 o 70 per ogni ricetta. Disponetele in una teglia di rame unta prima col lardo o col burro e spolverizzata di farina; doratele coll'uovo. Cuocetele al forno o al forno da campagna, osservando che, essendo piccole, cuociono presto.

- Tritare abbastanza finemente le mandorle con un cucchiaio di zucchero, quindi unire lo zucchero rimanente e la farina ed impastare con il burro morbido con le dita come per fare una frolla, aggiungendo il liquore ed un goccio di acqua per ottenere un impasto morbido ma consistente.
- Infarinare leggermente il piano di lavoro, formare dei rotolini e con un coltello tagliarli a pezzetti lunghi 2 o 3 cm. l'uno (come si volesse fare degli gnocchi). Ripassare ogni pezzettino di impasto tra le mani dandogli una forma ovale.
- Disporre i biscottini su una teglia ricoperta di carta forno, pennellarli con l'uovo sbattuto e cuocere a 160° per 10/15 minuti; occhio alla cottura perchè devono rimanere chiari e non indurirli troppo. Volendo si possono ripassare nello zucchero appena sfornati.



 fave dei morti







 This recipe is my personal entry to WHB # 356
hosted this week by Terry from Crumpets & Co.
both Italian and English edition.
Thanks again to Haalo who manages greatfully all events,
to Bri for Italian edition.
Thanks again to Kalyn for her successfull idea!
Who's hosting
WHB Rules

19 ottobre 2012

Vucculotti sapa e noci per l'Abbecedario


Ho trovato questa strana ricettina marchigiana su un portale dedicato alle ricette regionali, un primo piatto agrodolce tipico di questo periodo autunnale e della vendemmia che ancora si protrae in qualche zona.
Avendo ancora qualche goccia di Saba dell’Azienda Vitivinicola Mariotti avanzata dal contest a cui avevo partecipato qualche mese fa (che gelosamente conservavo tutta per me :-) ho voluto provare a rifarla, anche se al momento di buttare la pasta mi sono accorta di aver finito i maccheroni per cui sono stati ... fusilli sapa e noci :-).
In effetti è davvero insolita, ma di una facilità strabiliante.
Però siamo aperti a tutti i gusti e prove gastronomiche, in fondo l'Abbecedario Culinario, organizzato dall'intraprendente Trattoria MuVarA, è nato proprio per questo, per farci aprire la mente e il palato verso nuovi gusti ed orizzonti culinari.
Sempre per Antonia che ancora ci ospita nelle Marche fino a domenica.

La sapa,  saba, vin cotto,  mosto cotto (il nome cambia a seconda della regione da cui proviene) è una sorta di sciroppo di colore bruno, a causa della percentuale di caramello che si forma durante la cottura: si  immerge il mosto (il succo di uva appena spremuto) all’interno di un paiolo di rame insieme a qualche noce. Queste, rigirando durante la lunga bollitura, aiuteranno il mosto a non attaccarsi al fondo del recipiente. La saba è pronta quando si sarà ridotta ad un terzo della sua quantità iniziale.


 vucculotti sapa e noci

Per 6 persone:

500 g di maccheroni
mezzo bicchiere di sapa
3 cucchiai di pangrattato
200 g di noci tritate
2 cucchiai di olio extravergine di oliva
sale/pepe

vucculotti sapa e noci


In una ciotola mescolare la sapa, il pangrattato, le noci tritate, un pizzico di sale, poco pepe e due cucchiai di olio d’oliva.
Nel frattempo cuocere la pasta in abbondante acqua salata e scolarla al dente.
Mescolare la pasta con la salsa, aggiungendo qualche cucchiaio di acqua di cottura se fossero troppo asciutti, deve risultare qusi una crema morbida che avvolge la pasta.
Servire con un'ulteriore leggera grattatina di pepe.


vucculotti sapa e noci

18 ottobre 2012

Insalata di faraona con castagne ed uva


Il progetto Salutiamoci sta incontrando molti favori e partecipazioni nel web, informandoci su cosa è bene mangiare di più e cosa sarebbe meglio evitare per stare bene ed aiutare il nostro fisico nella prevenzione delle cosiddette malattie moderne (cardiopatie, obesità, diabete, tumori). Spiega dettagliatamente perchè non è salutare usare lo zucchero ed abusare dei latticini, per esempio. E ci accompagnerà ancora per molto tempo, indicandoci la via giusta da seguire, o perlomeno da provare a farlo.
Questo mese è dedicato alla castagna, ospiti a casa di Alice.

Come primo contributo riporto una ricettina che avevo postato l'anno scorso,  semplice ma gustosa (l'aveva proposta Gianfranco alla serata dedicata a Ca' Gioiosa) che può anche diventare un piatto unico leggero, Per una scelta totalmente vegetriana si può sostituire la carne bianca con legumi cotti, tipo lenticchie  ceci. 


 insalata di faraona con castagne e uva


Per 6/8 persone:

una faraona o un pollo bio
1 costa di sedano
1 carota
1 cipolla
olio extravergine di oliva
dado homemade o sale

- Cuocere la faraona in acqua con le verdure e il dado o sale come per fare il brodo, ci vorrà circa un'ora (o mezzora in pentola a pressione).
- Fare intiepidire, scolare la faraona, lasciarla rafreddare e spolparla. Metterla in una ciotola e ricoprirla di olio:in questo modo si può preparare anche con qualche giorno di anticipo, conservandola ben chiusa in un contenitore ermetico in frigo.



20 castagne *
1 grappolo di uva bianca o rosata
qualche gheriglio di noce tritato
olio extravergine di oliva
aceto di mele
sale
insalata preferita

* per sbucciare facilmente le castagne: inciderle e metterle in una fondina nel microonde, un paio di minuti a potenza massima, aspettare solo qualche secondo che si intiepidiscano e voilà, si sbucceranno in un baleno! Poi sbollentarle qualche minuto in acqua (già nel microonde si ammorbidiscono), devono rimanere consistenti e non sbriciolarsi.


 insalata di faraona con castagne e uva


- Dividere gli acini in due ed eliminare gli eventuali semi (per gli schizzinosi :-), unirli in una ciotola con le castagne apezzetti e le noci, condire con un pizzico di sale e un filo di olio.
- Sistemare l'insalata sul piatto di portata, sistemare i pezzi di faraona ben scolati, ricoprire con il misto di frutta ed aggiungere qualche goccia di aceto a piacere.



17 ottobre 2012

Zuppa di cavolfiore e patate per l'Abbecedario Culinario

  
Siamo quasi agli sgoccioli con l'Abbecedario Culinario, organizzato dall'intraprendente Trattoria MuVarA, è di scena questa settimana la terzultima regione italiana, siamo infatti arrivati nelle Marche, ospiti di Antonia.
Non conosco molto questa regione, ci sono passata un paio di volte con l'autostrada per scendere in Puglia, ma ho il ricordo di una vacanza con tanti bambini piccoli al seguito in un villaggio/camping a Porto San Giorgio, dove loro si divertivano un mondo con gli animatori e la grande piscina attrezzata con funghi, funghetti e scivoli vari e io mi scatenavo in quella mezzora di libertà in un negozio molto chiccoso che quell'estate aveva scelto di supersaldare tutte le collezioni presenti (e che collezioni! :-). Non molto lontano, a Casette d'Ete, c'è l'azienda di Della Valle (quasi centenaria), con spaccio annesso, una delle prime aziende italiane ad aver costruito una palestra per il personale ed un asilo per i figli dei dipendenti.

Grazie a una natura ricca e varia, le Marche offrono alla gastronomia locale una serie di prodotti ottenuti dall’incessante cura della terra, oppure nati spontanei dal sottobosco o ancora derivati dal mare. Il risultato è un ricettario che, accanto a cereali, legumi, verdure e tartufi, porta in tavola carni e pesci e, attraverso l’accostamento di materie prime semplici e genuine, elabora preparazioni dal carattere rustico e ben definito ma non per questo prive di eleganza.
La regione si sviluppa dalla dorsale appenninica al Mare Adriatico e confina a nord con l’Emilia-Romagna, a ovest con la Toscana e l’Umbria, a sud con l’Abruzzo e, seppure in piccolissima parte, con il Lazio. Il territorio è prevalentemente collinare, con fasce montuose che diventano più evidenti via via che si risale l’Appennino e poche zone pianeggianti in prossimità del mare. La costa è intervallata da un solo rilievo, il Monte Conero (alto poco meno di 600 metri), che dà nome al tratto di riviera circostante e che, con la complicità del terreno calcareo e di un clima mite, crea un habitat naturale molto diverso rispetto a quello offerto dall’area limitrofa. La presenza di numerosi fiumi che attraversano il territorio marchigiano diretti verso il Mare Adriatico ha favorito lo sviluppo di un comparto agricolo fiorente, che comprende cereali, legumi, ortaggi, olivi, viti e alberi da frutto.
Dal punto di vista storico, nell’arco dei secoli le Marche sono state terra di dominio e stanziamento di diverse popolazioni, le cui tracce sono arrivate fino ai giorni nostri. I primi a occupare il territorio furono i Galli Senoni che, intorno al V-VI secolo a.C., si insediarono a nord del fiume Esimo e fondarono la città di Senigallia, che successivamente divenne la loro capitale; a riprova della forte eredità culturale trasmessa dal popolo celtico, ancora oggi nella regione vi sono enclave linguistiche in cui si parla un dialetto con influenze francofone. Più o meno nello stesso periodo, la fascia appenninica era stata occupata dagli Umbri, mentre più a sud si erano stabiliti i Piceni, che ben presto trasmisero i propri costumi agli abitanti del luogo: c’è infatti chi ipotizza che la sagra di Sant’Emidio – che si festeggia ad Ascoli Piceno il 5 agosto – trovi gli ascendenti negli antichi riti vendemmiali di quel popolo. Completano il quadro i Faleri, insediati nel Fermano dove avevano fondato la ricca Faleria (poi divenuta Augusta, rinomato centro di produzione agroviticolo). Dopo la caduta dell’Impero Romano, con le invasioni barbariche del V secolo d.C., la regione risultò divisa in due aree distinte: una, a sud di Ancona, occupata dai Longobardi e l’altra, comprensiva delle zone settentrionali, gravitante verso Ravenna e l’influenza bizantina. In seguito alla calata dei Franchi, fu proprio quest’ultima porzione di territorio – che nel frattempo era stata unita alla Romagna e donata al Papa – a diventare la base del potere temporale dei pontefici.
Poco prima dell’anno Mille, il termine marca cominciò a essere usato per indicare i territori non soggetti alla sovranità della Chiesa, mentre il plurale, marche, venne introdotto solo in un’epoca successiva per sottolineare il fatto che alla base della realtà politica regionale vi fosse l’unione di terre giurisdizionalmente separate. Successivamente, alle autonomie comunali – che videro la competizione di Ancona e Venezia per il commercio marittimo – seguirono le grandi casate con le potenti famiglie dei Montefeltro (a Gubbio e Urbino) e dei Malatesta (a Rimini e Pesaro). Nonostante i molteplici tentativi del papato, che fece il possibile per contrastare il processo di disgregazione politica, il potere restò dunque sempre frammentato tra gruppi di tiranni spesso in conflitto fra loro. Solo Cesare Borgia, figlio di papa Alessandro V, intorno al 1500 riuscì a mettere in atto l’unificazione politica della regione, contrastando efficacemente la forza delle signorie locali attraverso la riunificazione di quasi tutta la marca in un forte stato dell’Italia centrale. La mossa successiva avvenne per mano della Chiesa che, a seguito del rafforzamento dell’autorità papale, nel 1532 sottomise Ancona, quindi Camerino e il ducato di Urbino. La situazione che seguì, con l’amministrazione dello Stato pontificio sovrapposta alla fitta e composita rete delle autonomie locali, si protrasse fino al 1860 quando le Marche furono annesse al Regno d’Italia. Alla seconda metà del XIX secolo risale anche lo spostamento dell’asse di comunicazione tra nord e sud, dalla sponda adriatica alla direttrice Firenze-Roma-Napoli; la regione, trovatasi improvvisamente isolata, riuscì comunque a conservare una discreta ricchezza, e quando cominciarono le prime migrazioni le Marche ebbero un numero assai contenuto di emigranti.
Nonostante un retaggio storico complesso e importante, non sono rimasti piatti tali da testimoniare un passato gastronomico ricco. Le motivazioni sono legate al fatto che la Chiesa non diffuse la propria cucina al di fuori dei suoi palazzi e inoltre, a livello politico, il territorio rimase sempre frammentato in un composito mosaico di legazioni, presidii e castelli non in grado di dar vita a signorie pari, per potere e prestigio, a quelle di Milano, Venezia o Firenze. Ecco dunque il perché di una cultura gastronomica di tono minore e meno sontuosa rispetto ad altre realtà italiane. Ciò premesso, quella marchigiana è pur sempre una cucina non priva di una certa raffinatezza e in grado di vantare sia una ricchissima gastronomia marinara – San Benedetto del Tronto è uno dei più importanti centri ittici d’Italia e ne costituisce il principale mercato all’ingrosso –, sia una sapida tradizione dell’entroterra che si fregia di prodotti preziosi ed esclusivi come il Tartufo bianco di Acqualagna
E' importante valutare, nella formazione della cucina regionale, l’influenza esercitata dalle contaminazioni con i territori limitrofi: infatti, la fascia settentrionale della regione da sempre è in continuo dialogo con la Romagna – con la quale condivide alcuni aspetti gastronomici –, mentre a sud del capoluogo si respira un’atmosfera più propriamente centroitaliana, con forti influenze abruzzesi nella zona picena. Rimanendo in tema, non si deve tralasciare il fatto che le Marche hanno esportato alcune preparazioni nelle terre circostanti. E' il caso della porchetta, la celebrata maialina (che non dovrebbe superare i 50 kg di peso) svuotata, disossata, farcita con sale, pepe, finocchio selvatico e aglio, e poi, una volta cucita, cotta accuratamente su uno spiedo oppure in un capace forno da pane: il metodo e il tempo di cottura sono fondamentali per garantire la giusta croccantezza della cotenna e la morbidezza delle carni. Il piatto si può consumare anche freddo ma in questo caso la cotenna risulta più tenace. La preparazione, di origine umbro-marchigiana, con il tempo si è diffusa anche in altre regioni dell’Italia centrale sino a giungere nel Lazio, dove è diventata addirittura uno dei piatti più rinomati del ricettario regionale. Mentre altrove il nome è associato al tipo di carne utilizzata, ossia il maiale, nelle Marche la porchetta è anche una modalità culinaria. Infatti, con gli stessi ingredienti usati per il ripieno del maiale, si insaporiscono conigli, pesci d’acqua dolce e garagoli, le pregiate lumachine di mare torricella o torretta, chiamate così per via del guscio allungato. Altro metodo di cottura regionale è quello in potacchio, una sorta di umido destinato prevalentemente a carni bianche (pollo, coniglio e agnello), che richiede una lenta e paziente cottura e prevede l’aggiunta di ingredienti saporiti come aglio, peperoncino, rosmarino, vino bianco e olio.

Cercando qualche ricetta marchigiana ho scoperto che in questa regione sono produttori di un tipo di cavolfiore tardivo chiamato cavolfiore di Fano.


Le Marche sono considerate una regione ideale per la coltivazione dei cavolfiori, con notevoli differenze tra le varietà ottenute nei diversi ambiti di coltivazione. Il Cavolfiore di Fano è frutto di una sperimentazione compiuta dai ricercatori dell’università di Bologna, poi proseguita nell’ateneo anconetano, al fine di ottenere una pianta dotata di caratteristiche differenti rispetto alla preesistente varietà di Jesi. Rispetto a quest’ultima si presenta di maggiore dimensione, con colore bianco più intenso e con gusto più sapido. Il Cavolfiore di Fano viene piantato a tarda estate (agosto-settembre) e raccolto tra gennaio e febbraio; il peso alla commercializzazione è di circa 3 chilogrammi. Ha colore bianco candido ed è caratterizzato da cimette ben sviluppate e sode. Pur essendo considerato un cibo povero, il cavolfiore viene particolarmente apprezzato nella cucina naturale per le sue proprietà benefiche (foto da sementilarosa).

Info e ricetta da La Cucina del Corriere della Sera.


 zuppa cavolfiore patate


Per 4 persone:

1 piccolo Cavolfiore di Fano 
800 g di patate farinose
1 porro  
2 spicchi di aglio, facoltativi 
1 dl di panna fresca *
1 dl di latte *
pane casereccio **
erba cipollina o prezzemolo per guarnire
olio extravergine di oliva
qualche foglia di salvia fresca

* ho messo solo 300 ml di latte
** va benissimo quello vecchio avanzato


zuppa cavolfiore patate


- Sbucciare, lavare ed affettare il porro finemente e farlo appassire in una casseruola (meglio se antiaderente) in un paio di cucchiai di olio con uno spicchio di aglio sbucciato e schiacciato.
- Nel frattempo lavare e dividere il cavolfiore in cimette, sbucciare le patate e tagliarle a cubetti.
- Aggiungere le verdure al soffritto, far insaporire e poi coprire a filo con acqua fredda. Portare a ebollizione, salare (o aggiungere il dado homemade) e lasciare sobbollire, con coperchio e a fuoco basso, per una mezzoretta, le verdure dovrnno risultare tenerissime.
- Lasciare intiepidire e frullare con un minipimer. 
- Aggiungere quindi la panna e il latte, riportare a bollore e cuocere a fiamma bassa (e meglio se con uno spargifiamma perchè tenderà ad attaccarsi sul fondo ) per altri 10 minuti.
- Tagliare il pane a tocchetti e tostarlo in padella o sotto al grill, facendolo rosolare con un paio di cucchiai di olio, qualche foglia di salvia e uno spicchio di aglio tritato. Io aggiungo anhe un paio di cucchiai di formaggio grattugiato (qualsiasi tipo va bene) per insaporirlo ulteriormente.
- Servire la zuppa ben calda con i crostini di pane e una spolverata di erba cipollina o prezzemolo tritati.

16 ottobre 2012

Flamiche au Maroilles - World Bread Day


English recipe here


Oggi è il World Bread Day!


Ebbene sì, anche oggi si festeggia il World Bread Day (la Giornata Mondiale del Pane), il grande evento annuale che da 7 anni la mitica Zorra celebra in questa giornata, quando foodbloggers da ogni dove nel mondo panificano e pubblicano i loro pani fragranti e profumati all'unisono!
Per avere un'idea della grande panificazione mondiale che si è succeduta in questi sei anni passati basta dare un'occhiata all'archivio delle numerose ricette raggruppate da Zorra.
Oggi è anche la Giornata Mondiale dell'Alimentazione ed allora perchè non unire l'utile al dilettevole  e sfornare un bel pane croccante, degno accompagnatore di ogni pietanza che si mette in tavola?
Per chi mi leggesse or ora, via di corsa ad accendere il forno, anche la ricetta più semplice può far venire l'acquolina in bocca ed emanare l'irresistibile profumino di pane appena sfornato! Dai, c'è tempo fino a mezzanotte per partecipare! :-)


 flamiche au maroilles


Per questa settima edizione del World Bread Day ho scelto una ricetta francese molto goduriosa che mi piace tanto. Me l'ha insegnata Isabelle, la signora che mi aiuta nei lavori di casa, lei è francese, anzi proprio della zona da cui proviene il formaggio usato.  
E' una ricetta molto facile e semplice, da fare a mano, senza l'utilizzo di robot o impastatori, e ne scaturisce una torta salata deliziosa da godere come aperitivo con un bel bicchiere di vino fresco (o birra :-)!


 flamiche aux poires


Si può fare anche una versione dolce, sostituendo il formaggio con frutta fresca matura o meglio sciroppata e una spolverata di zucchero, ideale per un tè pomeridiano con le amiche :-).


Il Maroilles o Marolles è un formaggio francese prodotto nell'Avesnois, nei dipartimenti del Nord e dell'Aisne. Prende il nome dal villaggio di Maroilles, dove è nato e dove una volta c'era un'importante abbazia dove furono affinati i primi formaggi.
Il Maroilles deriva infatti da un vecchio formaggio prodotto nel VII secolo dai monaci dell'abbazia di Maroilles, il craquegnon. Nel 960, su richiesta di Enguerrand, vescovo di Cambrai, il formaggio fu stagionato più a lungo, diventando così di nome e di fatto il Maroilles. Ha un odore caratteristico e un gusto corposo.
Il suo peso medio è di 700 grammi con periodi ottimali di stagionatura di 5-7 settimane. Durante la maturazione, la parte esterna prende una colorazione arancione, più o meno scura, liscia e lucida. E' ora un prodotto a marchio DOC e DOP (da wikipedia).


flamiche au maroilles


Per 2 torte:

250 g circa di farina 0
100 ml di latte appena tiepido
2 uova
50 g di burro sciolto ma raffreddato
12 g di lievito di birra
mezzo cucchiaino di zucchero o di miele o di malto d'orzo
un pizzico di sale
400 g di formaggio maroilles
burro e farina per le teglie
2 stampi in alluminio monouso da 24/26 cm. di diametro *


* con dose doppia sono venute 2 teglie da 26 cm., 2 teglie da 22 cm. e 3 tortine da 10 cm.


facendo flamiche au maroille
 

- In una ciotola capiente sbattere bene le uova con la forchetta, aggiungere il sale.
- Sciogliere il lievito nel latte con lo zucchero (o il miele) ed ggingerlo alle uova a filo.
- Aggiungere anche il burro e poco alla volta anche la farina, mescolando sempre energicamente con la forchetta in modo da avere un composto omogeneo molto morbido (non si riesce a lavorare con le mani).
- Imburrare e infarinare gli stampi e distribuire il composto in uno strato fine, sempre con la forchetta. Lasciare lievitare in luogo riparato per un'ora.
- Tagliare il formaggio a fettine (lasciando la crosta) e disporle sulla pasta lievitata. Infornare a 180° per circa 15/20 minuti. Servire calda.
- Si può congelare (una volta raffreddata) e riscaldare al momento dell'uso in forno caldo dopo averla fatta scongelare.


flamiche aux poires



Questa ricetta va anche all'Abbecedario Culinario della Comunità Europea, creato dalla mente fervida e inarrestabile della Trattoria MuVarA, per la regione Francia, ospitata da Elena dello Zibaldone Culinario.

Flamiche au Maroilles - World Bread Day

 
 la ricetta in italiano qui


It's World Bread Day again!


Since 2006 every year Zorra has been collecting hundreds of recipes from bloggers all around the world baked for this special day (that also clebrates the World Food Day). To have an idea of this great tribute just have a look at the faboulous  last years World Bread Day roundups, you will be very surprised of such a glory for this fragrant and comforting food. 
So don't hesitate a second to be part of it, you have time till midnight to post your own bread along :-). 


 flamiche au maroilles


I choose a French greedy recipe this year I love so much. I learned to make it by Isabelle, the lady who helps me with the housekeeping, she is French and exactly from the region the cheese comes from. 
Very easy and simple recipes, no electric kitchentools required, but a gorgeous taste to enjoy as an aperitif with a fresh glass of wine (or beer :-)!


 flamiche aux poires


You can have a sweet version too, just substitute cheese with ripe fresh or better syruped fruit and a sprinkle of sugar, ideal for an afternoon tea with friends :-).

Maroilles is often reported to have first been made in 962 by a monk in the Abbey of Maroilles. The cheese rapidly became famous throughout the region and was a favourite of several French kings including Philip II, Louis IX, Charles VI and Francis I.
Maroilles is a cow's-milk cheese made in the regions of Picardy and Nord-Pas-de-Calais in northern France. It derives its name from the village of Maroilles in the region in which it is still manufactured. The cheese is sold in individual rectangular blocks with a moist orange-red washed rind and a strong smell. In its mass-produced form it is around 13 cm square and 6 cm in height, weighing around 700 g. The curd is shaped and salted before being removed from its mould and placed in a ventilated drying area for around ten days during which time a gentle light coating of bacteria develops. The cheese is then brushed and washed and cellared for at least five weeks, though periods of up to four months are not uncommon. During this time it is turned and brushed at regular intervals to remove the natural white mould to allow its red bacteria to change the rind from yellow to red.The finished cheese is a minimum of 45% fat, and is made in both pasteurized and unpasteurized forms. AOC status was granted in 1976 with AOP status following in 1996 (from wikipedia).


 flamiche au maroilles


For 2 cakes:

250 g all purpose flour
100 ml lukewarm milk
2 eggs
50 g butter, melted but cooled
12 g fresh yeast
half a teaspoon of sugar or honey or barley malt
a pinch of salt
400 g  Maroilles cheese
butter and flour for the molds
2 disposable aluminum molds, diameter 24/26 cm. *


*  with double dose I filled 2 molds of 26 cm., 2 molds of 22 cm. and 3 little tarts of 10 cm.


facendo flamiche au maroille
 

- In a large bowl beat eggs with a fork, add the salt.
- Dissolve yeast in the milk and sugar (or honey) and add to beaten eggs.
- Add butter, whisk, then add flour, stirring vigorously with the fork to have a homogeneous mixture, very soft (you can not work with hands).
- Grease and flour the molds and distribute the mixture in a thin layer, helping with a fork. Let rise in a warm place for an hour.
- Cut cheese into thin slices and place on the leavened pastry. Bake at 180° for about 15/20 minute, until golden. Serve warm.
- You can freeze (once cooled), then  thaw  warm up in the oven for a few minutes.


flamiche aux poires



This recipe is also my entry to this week Susan's YeastSpotting.

15 ottobre 2012

Black & White Wednesday - Week # 54



A lovely trip to Saint Tropez last week-end,

la tarte tropezienne
café and croissant @ La Tarte Tropezienne,

funny strolling & shopping @ le marché de place des Lices,

 @ la table du marché

then a French-style lunch @ la Table du Marché

terrine de foie gras

enjoying a delicious terrine de foie gras :-)




This week Black & White Wedsneday is hosted by  Lynne of Cafe Lynnylu,
do send your entries to lynnylu AT gmail DOT com
until midnight Tuesday, Oct. 16th.

14 ottobre 2012

Marmellata di uva fragola, senza zucchero - WHB # 355


Ok, si dovrebbe dire confettura, lo so, ma questa piccola trasgressione verbale culinaria addolcisce ed ammorbidisce ancora di più il prodotto in questione (almeno per le mie orecchie :-).
E' tempo di uva, è tempo di vendemmia, è tempo, anzi è stato, dell' 83° Festa dell'Uva a Bardolino, che anche quest'anno, sebbene criticata per lo slittamento di una settimana rispetto alla tradizionale data, è stata un ennesimo successo senza precedenti: il tempo è stato mite e sereno, i tedeschi ancora più numerosi (complice la loro vacanza per festa nazionale) ed i calici del nostro buon vino sorseggiati e gustati hanno raggiunto quote da record!
E come ogni anno matura anche l'uva fragola, di cui riesco ad avere copiosi grappoli grazie a due care amiche generose. 
L'anno scorso avevo inaugurato la produzione della Schiacciata all'uva, di cui facciamo grandi scorpacciate in questo periodo, mentre un paio di anni fa ne avevo utilizzata per lo speciale tiramis.
In questi giorni mi sono dedicata alla produzione di qualche vasetto di questa buona conserva dolce, dopo una prova decisamente andata a buon fine ed approvata all'unanimità ad un recente compleanno amichevole.
Ho volutamente provato a farla senza zucchero, affidandomi al sostituto per eccellenza che ho imparato a provare ad usare seguendo la tabella degli alimenti permessi nel progetto Salutiamoci. Ed il risultato è stato molto soddisfacente e quasi sorprendente!
Non ho aggiunto nient'altro, ma si potrebbe mettere qualche fetta di mela grattugiata, buccia di limone ed un paio di cucchiai di succo per facilitare la consistenza marmellatosa della confettura (mele ed agrumi contengono molta pectina).


marmellata uva fragola


Ingredienti:

600 g di uva fragolata, già schiccata
50/60 ml di succo di mela concentrato
40 ml di acqua
3 g di agar agar


-  In una padella mettere gli acini di uva, il succo di mela e l'acqua, portare a bollore e cuocere a fiamma media per mezzora. Passare poi tutto al setaccio (ho trovato lo stesso al mercatoa 15 eu :-) o al passaverdure (elettrico è un valido aiuto, preso coi punti Esselunga anni fa:-).
- Sciogliere l'agar agar in un pochino di confettura calda, poi unire al resto e lasciare sobollire ancora per 5 minuti.
- Invasare in vasi caldi perfettamente puliti e sterilizzati in forno a 100° per almeno 20 minuti, chiudere coi coperchi (bolliti in acqua almeno 10 minuti e ben asciugati) e mettere a testa in giù fino a completo raffreddamento. Per chi preferisce una sicurezza totale pastorizzare i vasi come suggerito.



uva fragola-foxy grapes


marmellata uva fragola



 Foxy Grape Jam
(sugarless :-)



It's Autumn, grape time, time to harvest it, time we shared 83rd Grape & Wine Festival in Bardolino, this year luckily postponed one week, so to be an announced success: the weather was beautiful, the Germans even more numerous (thanks to their national holiday) and the number of  glasses of wine sipped and savored reached a great goal!
And as always I am very lucky to be blessed with many
foxy grapes, thanks to dear and generous friends .
Last year I was busy with the production of Grapes Schiacciata, while a couple of years ago I used it for a special tiramisu.
These days I had time to try to preserve it (first tested at a friend's birthday, when successfully approved I began my abudant production :-).
I purposely tried to do it completely sugarless (I read Sugar Blues and was very impressed), but using a valid substitute. And I was very glad that it worked :-).
I did not add anything else, but you could put a few slices of grated apple,  or lemon zest or a couple of tablespoons of lemon juice to help a jammy consistency (apples and citrus contain a lot of pectin).



marmellata uva fragola


You need:
 
600 g foxy grape berries
50/60 ml concentrated apple juice
40 ml water
3 g agar


- In a large pan put the grapes, apple juice and water, bring to boil and cook over medium heat for half an hour. Then pass through a sieve (I have an electric one, very helpful :-).
- Dissolve the agar agar in a little jam still hot, then add to the remaining and let simmer 5 more minutes.
- Pour jam into hot pots (cleaned and sterilized in oven at 100° for 20 minutes), close with lids (boiled in water for 10 minutes then dried with a clean kitchen cloth) and place upside down until completely cooled. For those who prefer a total security pasteurize jars, wrapped in cloths, in a big pot for about 10/15 minutes from boiling water.






This recipe is my personal entry to WHB # 355
hosted this week by Marta from Mangiare è un po'come viaggiare
both Italian and English edition.
Thanks again to Haalo who manages greatfully all events,
to Bri for Italian edition.
Thanks again to Kalyn for her successfull idea!
Who's hosting
WHB Rules

10 ottobre 2012

Black & White Wednesday - Week # 53 - The Gallery


Hi everybody,
it's time for the first BWW Gallery of the new season :-)
Get comfortable and enjoy every single picture.
A big thank to all contributors!



Simona from Briciole






Rosa from Rosa's Yummy Yums




 Anusha from Tomato Blues




Valli from Ammmaji Recipes


Lail from With A Spin

my entries:
fruit centerpiece-bww 53

prosecco



Should I have ever missed someone in this recap,
please let me know and I will promptly fix it.

Next week BWW # 54 will be hosted by  Lynne of Cafe Lynnylu,
email your entries to lynnylu AT gmail DOT com

You can find the updated Host Line-up here.
There are always hosting weeks available.  
Please contact me at casacortella AT tin DOT it  if you are interested in presenting a gallery.