Insalata Filicudara
Un'isola piccola, quasi sfuggente, selvaggia e a prima vista inospitale: questa è Filicudi, all'estremo ovest dell'Arcipelago Eoliano, un gruppo di sette bellissime sorelle di origine vulcanica (con due vulcani ancora attivi, Stromboli e Vulcano) che si specchiano nelle acque del mar Tirreno antistante Messina.
Ma la sua storia risale a tempi antichi e nonostante circondata dal mare, paradossalmente non ne era dipendente. Il nome Filicudi deriva dal greco Phoinicussa che significa ricco di felci, intendendo per felce una palma nana che cresceva abbondante e rigogliosa nell'isola.
Filicudi è un’isola molto antica. I segni delle epoche, delle diverse popolazioni che hanno vissuto qui, sono incisi ovunque sull’isola.La prima zona di Filicudi ad essere abitata fu, nel Neolitico (III millennio a.C.), la Piana del Porto: quella striscia a livello del mare che collega la montagna di Capo Graziano al resto dell’isola.L’insediamento neolitico è cresciuto intorno ad un commercio fiorente e redditizio: la lavorazione dell’ossidiana, una pietra di origine vulcanica, nera e lucida, che veniva usata nella fabbricazione di gioielli.Cinque millenni fa la gente di Filicudi apparteneva dunque all’antica cultura di Diana. Di questo periodo rimangono frammenti in ceramica, conservati nel Museo Archeologico di Lipari (a Filicudi c’è un piccolo distaccamento del Museo, sul lungomare del porto).Per le genti di Filicudi, la situazione di prosperità dovette tuttavia cambiare in fretta, perche’ dalla piana del porto, difficilmente difendibile da attacchi via mare, gli eoliani si spostarono sulla montagna di Capo Graziano e a Montagnola, ambedue in posizioni difensive.L’insediamento di Capo Graziano risale al periodo protoelladico. Oggi si possono ammirare i ruderi di una trentina di case in pietra a struttura circolare, disposte a lisca di pesce. Sul punto piu’ alto di Capo Graziano campeggia infine l’antico altare sacrificale di queste genti, talmente evolute da importare ceramiche micenee.Ma dobbiamo attendere il 2000 a.C. perchè Filicudi diventi una sponda fondamentale del commercio miceneo. In questo periodo si sviluppa la fiorente cultura di Capo Graziano (di cui, oltre al villaggio, resta una necropoli a Montagnola), che si estende a tutte le Eolie.Gli avamposti di Micene si trattennero a Filicudi fino al 1430 a.C. circa. Poi le genti di Capo Graziano furono soppiantate da nuovi abitanti: la cultura milazzese. Di questa cultura abbiamo notizia grazie ai ritrovamenti, avvenuti a Panarea, di anfore con morti rannicchiati dentro. Per la cultura di Capo Graziano fu l’inizio del declino.Ma l’episodio che segno’ l’isola fu l’arrivo degli Ausoni, popolazioni della terra ferma di origine appenninica. I villaggi filicudari vennero distrutti e, dal XIV sec a.C., l’isola restò disabitata. Uno scoglio di appena 10 chilometri quadrati nel mare.I nuovi popoli che abitarono Filicudi arrivarono nel VI/V secolo a.C., e furono greci. Insieme alle navi arrivò la civiltà. I coloni cnidii ci hanno lasciato un’iscrizione funeraria ritrovata a Zucco Grande, e tracce di una straordinaria necropoli bizantina sulla dorsale del porto.Di epoca romana abbiamo invece diversi relitti marini con interi carichi a bordo (anch’essi visitabili) e i resti di abitazioni romane alle Punte.Filicudi venne dunque ripopolata. Una citazione attribuita a Plinio dice che l’isola era usata per pascolare le mandrie e il bestiame delle altre isole (… essere stata con Filicuri adatta a mandrie del bestiame di altre isolette).La storia successiva si perde nell’oblio. Filicudi fu forse abitata in periodo normanno; ma quel che è certo è lo sforzo dell’uomo lungo i secoli per addomesticare il potere selvaggio della natura.Decine e decine di terrazzamenti, dal livello del mare alla sommità della montagna, portano testimonianza dello sviluppo dell’agricolutura. Oggi le lenze (i terrazzamenti) sono appena visibili, quasi delle striature della terra delimitate da muri a secco. I fichi d’india, un tempo usati per delimitare i confini, si sono moltiplicati, mentre il vento caldo ha portato dall’Africa l’assenzio, che ricopre con il suo profumo esotico i fianchi dell’isola (da FilicudiResort).
Ora l'isola conta una popolazione media di 200 abitanti (dopo un brutale spopolamento negli anni '60, quando le isole minori delle Eolie furono quasi abbandonate per cercare fortuna in terra americane e australiana) che arrivano fino a 3000 nei mesi estivi. La sua economia si basa principalmente sulla coltivazione di capperi e sul turismo.
Dal 2000 le Eolie sono state nominate patrimonio dell'umanità dall'UNESCO, sia come riserva della biosfera, sia come patrimonio culturale.
Ho incontrato Filicudi per la prima volta nel 1981, quando l'isola non era ancora stata collegata alla rete elettrica, e le giornate e le attività ruotavano intorno al sole, alle candele, alle lampade a gas. L'acqua calda veniva fornita per la maggior parte dell'anno usufruendo di contenitori sopra ai tetti che si scaldavano col tepore dei raggi solari, l'acqua veniva mandata sui tetti dapprima con l'aiuto di una pompa a mano (a turno ci si allenava i bicipiti :-), in seguito con una pompa scoppiettante a benzina (o gasolio, non ricordo bene). Era una vacanza più spartana, in un certo senso, anche se alla fine non mancava nulla e di certo il divertimento e la spensieratezza non ne venivano intaccati, il fascino di quel luogo valeva ben la fatica di una mulattiera a piedi per risalire dalla spiaggia o l'assenza di comodità elettriche.
L'elettricità è arrivata nel 1986 e purtroppo ha rovinato esteticamente l'isola, percorsa ora da cavi e pali elettrici messi un po' a casaccio e senza riguardo alcuno, un vero peccato dal momento che c'era l'esempio superpositivo della vicina Panarea dove hanno avuto il buon gusto di interrare tutta la rete elettrica.
Da qualche estate ho ripreso a frequentare quest'isola, grazie sempre all'ospitalità di una cara cugina fiorentina, e nella sua bella casa celeste si affollano ricordi di tante belle giornate trascorse serene con amici cari, guardando l'orizzonte che si confonde con il mare, assaporando ancora la quiete e l'aria africana che avvolge e riscalda ogni centimetro di pelle.
Ho incontrato Filicudi per la prima volta nel 1981, quando l'isola non era ancora stata collegata alla rete elettrica, e le giornate e le attività ruotavano intorno al sole, alle candele, alle lampade a gas. L'acqua calda veniva fornita per la maggior parte dell'anno usufruendo di contenitori sopra ai tetti che si scaldavano col tepore dei raggi solari, l'acqua veniva mandata sui tetti dapprima con l'aiuto di una pompa a mano (a turno ci si allenava i bicipiti :-), in seguito con una pompa scoppiettante a benzina (o gasolio, non ricordo bene). Era una vacanza più spartana, in un certo senso, anche se alla fine non mancava nulla e di certo il divertimento e la spensieratezza non ne venivano intaccati, il fascino di quel luogo valeva ben la fatica di una mulattiera a piedi per risalire dalla spiaggia o l'assenza di comodità elettriche.
L'elettricità è arrivata nel 1986 e purtroppo ha rovinato esteticamente l'isola, percorsa ora da cavi e pali elettrici messi un po' a casaccio e senza riguardo alcuno, un vero peccato dal momento che c'era l'esempio superpositivo della vicina Panarea dove hanno avuto il buon gusto di interrare tutta la rete elettrica.
Da qualche estate ho ripreso a frequentare quest'isola, grazie sempre all'ospitalità di una cara cugina fiorentina, e nella sua bella casa celeste si affollano ricordi di tante belle giornate trascorse serene con amici cari, guardando l'orizzonte che si confonde con il mare, assaporando ancora la quiete e l'aria africana che avvolge e riscalda ogni centimetro di pelle.
Insalata semplice, servita in tutte le trattorie dell'isola, dove prevalgono i profumi caratteristici dei capperi (conservati sotto sale, caratteristica usanza che ancora si tramanda di mano in mano) e dell'origano, raccolto e seccato a mazzi.
Il cetriolo è facoltativo, ma a me piace tanto, dà ancora più freschezza e croccantezza al piatto. Nulla vieta, poi, di aggiungere tonno o uova sode per farne un piatto unico.
Ingredienti:
pomodori maturi e sodi a fette
patate bollite a bocconi
cipolla di tropea affettata finemente
capperi dell'isola sotto sale, sciacquati ed asciugati
olive
origano
olio extravergine di oliva
cetriolo a fette, facoltativo
sale/pepe
Riunire le verdure in una ciotola, salare (poco, i capperi portano sapidità) e condire con l'olio, sfruguliando sopra una manciata generosa di origano.
Questa ricetta partecipa all'Abbecedario Culinario, organizzato dall'intraprendente Trattoria MuVarA, per la regione Sicilia ospitata dalle amiche A.B.C. di Fragoliva.
4 commenti:
che buona .....il cibo semplice e`sempre il piu`gustoso. La casa celeste e' un posto veramente "celestiale"..........ciao Cristina
Cristina, proprio così, e l'estate è la stagione della semplicità, bastano già i colori e i sapori di tutti i prodotti freschi che offre!
Hai visto che fascino la casa e capisci ora perchè ci sto così bene? :-)
Un abbraccio e buonissima settimana!
Ho provato questa insalata ed il risultato è strepitoso, ti trasporta davvero in un "altrove" pieno di gusti e profumi mediterranei...grazie mille!
Loredana
Grazie, Loredana, questo è un bellissimo complimento per me! :-)
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