20 dicembre 2019

Terrina di fegatini e Panforte con gelatina di Recioto di Soave


Ultimo Flash mob per questa trilogia dedicata ai dolci senesi organizzata dal Calendario del Cibo Italiano e Sabrina in collaborazione con CNA Siena (sezione CNA Siena Food&Tourism). 
Oggi nel Calendario del Cibo Italiano si celebra la Giornata Nazionale del Panforte, un altro dolce tipico natalizio delle terre senesi e di origini molto antiche. Speziato, profumato, aromatico, un mix sapiente di frutta secca e candita, che nel 2013 ha ottenuto la certificazione IGP

Il Panforte di Siena IGP è un dolce della tradizione senese a base di frutta secca e candita, miele e spezie, che può presentarsi nella versione bianca, ricoperto di zucchero a velo, o in quella nera, con copertura di spezie. 
La storia del Panforte risale al periodo medioevale, conosciuto e apprezzato quando Siena era snodo strategico del commercio delle spezie lungo la via Francigena. Già nel 1200 nelle campagne senesi si producevano dei pani molto ricchi di miele e spezie, che possono essere considerati dei precursori del Panforte. 
E' però a partire dal 1400 che il prodotto acquisisce grande notorietà, anche grazie al commercio al di fuori del territorio locale: oltre che a Roma, veniva apprezzato come prodotto raffinato anche nelle principali corti europee. Il nome si afferma nel 1800, momento in cui la produzione non è più solo prerogativa delle spezierie ma guadagna una dimensione più ampia. Il panforte bianco (più delicato) nasce nel 1879, in onore della Regina Margherita di Savoia, in visita a Siena per il Palio; per questo viene detto anche Panforte Margherita. La ricetta di questo panforte è analoga a quello tradizionale, ma senza le spezie miste, con molto sentore di vaniglia, e canditi di cedro al posto di quelli di popone. Il gusto che lo caratterizza è il risultato dell’uso abbondante e sapiente proprio di queste spezie. Il Panforte di Siena IGP si conserva in luogo fresco e asciutto per periodi anche lunghi, se ben ricoperto una volta avviata la confezione; il prodotto ha infatti una buona conservabilità.
Dolce tipico delle festività natalizie, oggi viene consumato tutto l’anno. Può essere impiegato anche come ingrediente per la preparazione di primi o secondi piatti, sicuramente originali (da taccuini storici).

Da buona mezza toscana, adoro i crostini di fegatini in qualsiasi versione vogliate offrimerli, perchè, come tutte le buone ricette tradizionali e di casa, ogni famiglia ha la propria, spesso con piccole differenze di ingredienti e preparazione. E pensare che il fegato a fettine o alla Veneziana non mi piace, ma è un pò come i funghi, è la consistenza strana che mi fa venire i brividi addosso.
Recentemente ho visto Sabrina in azione (con grembiule e mestoli in mano :-)) e ho assaggiato i suoi, peraltro divini, ma che differiscono dai miei. Nella stessa mia famiglia si fanno in maniere differenti: mia mamma, veneta, li faceva col pane toscano fresco, mettendo acciughe e capperi nel composto (imparati da mia nonna paterna); io seguo le indicazioni della cugina di mio padre (sua madre sorella di mia nonna) e li propongo con pane tostato, con acciughe ma senza capperi, e un goccio di succo di limone. Da qualche anno aggiungo anche un po' di mela in cottura, me l'ha insegnato un cuoco di un rinomato locale di Saturnia, per smorzare il sapore alle volte pungente del fegato.

Ecco che allora ho pensato ad una terrina, così comoda come antipasto per questi giorni di festa; si prepara in anticipo, che fa sempre piacere nella nostra organizzazione cuciniera, e poi ogni commensale se ne servirà una fetta accompagnata da crostini (un lavoro in meno per noi di porzionatura :-)) Qua ci sta bene anche un pane ai cereali.
E al posto del Vinsanto, forse dato per scontato, ho preferito questa volta usare il Recioto di Soave, per accontentare anche la mia metà veneta, un vino comunque dolce o abboccato, armonico e corposo, leggermente mandorlato.


terrina di fegatini e panforte


Per la terrina:
400 g di fegatini di pollo
una cipolla media
125 ml di Recioto di Soave
olio extravergine di oliva
una noce di burro
mezza mela Golden, sbucciata e grattugiata
brodo vegetale o di carne
acciughe in olio extravergine di oliva
succo di limone
80 g di Panforte
8 g di gelatina in fogli
pepe macinato fresco
Per la gelatina di Recioto di Soave:
125 ml di Recioto di Soave
4 g di gelatina in fogli
Panforte sbriciolato fine
grani di pepe rosa
aghi di rosmarino
capperi sott'olio

 

Lavare bene i fegatini ed eliminare accuratamente la vescica col fiele.
In una padella imbiondire ed appassire la cipolla tagliata finemente con un giro di olio e una noce di burro (al bisogno unire un goccio di acqua o brodo), aggiungere i fegatini ben sgocciolati e tagliuzzati e far insaporire. Unire poi anche la mela.
Sfumare con il vino e portare a cottura, semicoperto, per circa 15 minuti, allungando con mezzo mestolo di brodo se necessario. 
Tritare  finemente il composto con la mezzaluna o col minipimer (lasciando anche qualche pezzettino se piace o frullare uniformemente) e riscaldarlo nuovamente; poi, fuori dal fuoco, aggiungere le acciughe e farle sciogliere bene, aiutandosi con una spatola. Il numero di acciughe varia dal tipo di acciuga, se più o meno slata/saporita: partire con 2 o 3 e mano a mano assaggiare ed eventualmente aggiungere. Correggere, quando ben sciolte, col succo di limone; dare una bella macinata di pepe, assaggiare e bilanciare i sapori (ancora acciuga o limone). Regolare di sale solo alla fine perchè spesso non è necessario.
Mettere la gelatina ad ammollare in acqua fredda per 10 minuti. In una pentolina riscaldare pochissimo brodo e scioglierci la gelatina strizzata bene dall'acqua in eccesso. Unire al composto di fegatini ed amalgamare bene. Trasferire nello stampo della terrina, rivestito con pellicola se si intende poi rovesciarla sul vassoio di portata. Trasferire in frigo a rassodare.

Gelatina di Recioto di Soave: mettere la gelatina ad ammollare in acqua fredda per 10 minuti. In una pentolinariscaldare il Recioto e scioglierci la gelatina strizzata bene dall'acqua in eccesso. Unire qualche grano di pepe rosa, qualche capperino (dimenticati!) e una fettina di Panforte sbriciolato fine a coltello. Versare sul patè rassodato e riporre in frigo a rassodare ulteriormente.
Per i non alcolisti, o per chi ama un sentore alcolico appena accennato, meglio far ridurre leggermente il Recioto a fuoco basso per far evaporare tutta (o quasi) la nota alcolica.

Trasferire la terrina sul vassoio di portata, guarnire a piacere e servire con crostini.


terrina di fegatini e panforte



Tutte le ricette del Panforte Team:

11 dicembre 2019

Pavlova di cioccolato e Ricciarelli croccanti con pere allo zenzero e zafferano


Secondo Flash-mob dediacato ai dolci senesi organizzato dal Calendario del Cibo Italiano, Sabrina e CNA Siena (sezione CNA Siena Food&Tourism). Questa puntata interamente dedicata ai Ricciarelli, quei piccoli dolcetti (chiamarli biscotti sarebbe riduttivo) così soffici e voluttuosi, che quando li metti in bocca si sciolgono piano piano inebriando tutti i sensi fin quasi allo svenimento, perchè oggi nel Calendario del Cibo Italiano si celebra proprio la Giornata Nazionale dei Ricciarelli di Siena.
Sono una grande estimatrice e golosa di Ricciarelli, fin da quando ero piccola; non c'era Natale che non ne arrivasse in tavola un vassoio stracolmo, che a fatica si doveva centellinare per i giorni festivi a seguire.
Mi è spiaciuto molto non poter partecipare al blogtour in terra di Siena del 20 e 21 novembre scorso dove le mie socie hanno potutto godere della visita e produzione in diretta di questi fantastici dolci. Mi avvalgo ancora una volta delle parole di Sabrina per raccontarvi cosa sono i Ricciarelli:

... siamo state a Siena ad incontrare gli artigiani della CNA di Siena, che ci hanno svelato tutti i loro segreti: perché, in effetti, il Ricciarello è un dolce semplice, fatto di pochi ingredienti, ma per farlo bene occorre una manualità ed un occhio speciale. Quindi chi meglio degli artigiani che li producono ormai tutto l'anno? I Ricciarelli sono ottenuti da un impasto di mandorle, zucchero albume e scorza d'arancia, morbidissimo e bianco. La leggenda vuole che un nobile senese, un certo Ricciardetto della Gherardesca (da lui il nome?), rientrando a casa dalle Crociate avesse fatto riprodurre dagli speziali senesi degli strani dolcetti, mangiati in Terra Santa. Sarebbero poi diventati i famosi Ricciarelli, che alcuni secoli dopo l'Artusi inserirà tra i piatti tipici della cucina italiana nella prima edizione del suo manoscritto "La Scienza in cucina e l'Arte di mangiare bene" come ricetta n. 629: Ricciarelli di Siena. Nel 2010 sono stati il primo prodotto dolciario da forno italiano ad ottenere l'IGP. I Ricciarelli ancora oggi sono lavorati interamente a mano e formati uno ad uno con cura e sapienza artigiana. Giolisca e Fabio del Forno di Ravacciano, che ci hanno guidato alla scoperta del mondo dei ricciarelli, li hanno fatti davanti a noi con indiscutibile maestria e poi ce li hanno fatti assaggiare appena fatti, un'incredibile esperienza del gusto!
Allora vediamo come si fanno i Ricciarelli: per prima cosa si produce la farina di mandorle e si fa maturare, cioè si lascia riposare per far sprigionare alle mandorle profumi e sapori e dare la giusta consistenza all'impasto. La maturazione è il primo grande segreto della produzione dei Ricciarelli. Quando la farina è pronta si mescola nell'impastatrice (viste le quantità, a mano sarebbe un problema, ma è l'unica operazione che non è più manuale) con albumi, zucchero e pasta di arancia (cioè arancia candita triturata finissima fino a ridurla in pasta) e si mescola a lungo: l'impasto è orapronto per formare i Ricciarelli. Fabio ci ha fatto vedere come si lavora: sul piano spolverato di zucchero a velo, si  formano dei cilindri di circa 4 cm di diametro, se ne tagliano dei pezzetti e da questi, con abili gesti, ecco nascere il famoso biscotto di Siena. Si stendono sulle teglie coperte di carta forno, si infornano e in pochi minuti i Ricciarelli sono pronti. Naturalmente dei Ricciarelli, come di ogni ricetta tradizionale, esistono milioni di versioni. A Siena, ad esempio, in alcuni laboratori artigianali, come la pasticceria Il Nocino si producono i Ricciarelli crudi, rivestiti di cioccolato fondente: un'altra prelibatezza cittadina, tutta da provare!


princess pavlova


Per la meringa:
3 albumi
(a temperatura ambiente)
175 g di zucchero semolato
1 cucchiaino raso di amido di mais
1 cucchiaino di aceto di vino bianco
60/70 g di cioccolato fondente 50%
6/7 ricciarelli

Per completare:
6 pere Williams mature
il succo di mezzo limone grande
60 g di zucchero
3 cm di zenzero fresco a fettine
un pezzetto di lemon grass
pistilli di zafferano 
chicchi di melagrana
scaglie di cioccolato fondente
400 g di panna fresca montata
zenzero candito


facendo la pavlova


Tostare i riccciarelli sbriciolati in forno a 130° per pochi minuti (attenzione a non farli scurire troppo come quelli sul lato a destra nella foto :-))
Sciogliere il cioccolato a bagno maria, far scendere la temperatura e poi unire due terzi dei ricciarelli tostati.

Frutta: sbucciare le pere, levare i torsoli e tagliarle a fettine. Sistemarle in una casseruola con lo zucchero, il succo di limone, un pochino di buccia del limone grattugiata (usarne uno non trattato), lo zenzero a fettine e la lemon grass; versare tanta acqua da quasi ricoprirle e cuocerle a fiamma bassa per circa 10 minuti, finchè tenere. Gli ultimi minuti di cotture unire anche i pistilli di zafferano, far poi raffreddare, trasferire in una ciotola e conservare in frigo coperta; in questo modo le pere si insaporiranno e otterranno un bel colore dorato (quindi si possono preparare anche il giorno prima).

Meringa: iniziare a montare gli albumi nella planetaria con la frusta a velocità medio/alta finchè belli soffici e spumosi. Aumentare la velocità e, continuando a montare, unire lo zucchero, poco per volta, finchè diventano spessi e lucidi. Verso la fine aggiungere anche l'amido sciolto nell'aceto. Con una spatola, delicatamente senza smontare la maeringa, unire il composto di cioccolato e ricciarelli (ormai freddo) in modo da ottenere un effetto marmorizzato. Disporla sulla teglia rivestita di carta forno nella forma desiderata (anche mini pavlove, se piacciono) con uno spessore più alto nella parte esterna (l'interno sarà più basso per raccogliere poi la panna montata), aiutandosi con una spatola o un coltello.
Infornare a 110° e cuocere per 2 ore o finchè croccante all'esterno e leggermente più morbida nella parte centrale. Spegnere e lasciare raffreddare nel forno con sportello chiuso ancora mezz'ora.
La meringa si può preparare in anticipo e conservare alcuni giorni in una scatola ermetica ben chiusa.

Montare la panna senza zucchero; scolare le pere dallo sciroppo eliminando lo zenzero e la lemon grass, filtrare lo sciroppo e in caso ridurlo ulteriormente sul fuoco se piace più denso, poi versarlo in un piccolo bricco e farlo raffreddare.


princess pavlova


Pavlova: sistemare la meringa sul piatto da portata, ricoprire con la panna, sistemare le fette di pera, decorare con i pistilli di zafferano, cioccolato a scaglie, qualche chicco di melagrana, zenzero candito a pezzettini (manca nella foto) e il resto dei ricciarelli tostati e servire subito accompagnata dallo sciroppo aromatico.

In alternativa, si può riservare un terzo delle pere aromatizzate per la decorazione finale e mescolare il resto, tagliato a dadini, con la panna montata e lo zenzero candito, sempre a dadini o fettine, per farcire la Pavlova.


princess pavlova


Tutte le ricette dei Ricciarelli di Siena Team:


 Tiramisù   

3 dicembre 2019

Pudding di cipolle, mele, bacon e Panpepato con crema al Grana


E' stato un blogtour in terra di Siena affascinante quello organizzato il 20 e 21 novembre da Sabrina e CNA Siena (sezione CNA Siena Food&Tourism) che ho potuto godere, ahimè, solo virtualmente, seguendo i racconti IG e FB dei fortunati (e parecchio invidiati) amici blogger partecipanti.
Tra le varie attività proposte molto interessante (e golosa) la visita al Forno di Ravacciano, un'istituzione nella produzione del pane senese e non solo, perchè la loro grande passione per i prodotti da forno li porta a deliziare i propri clienti anche con i tipici dolci senesi: Cavallucci, Ricciarelli, Panforte e Panpepato. Prodotti che generosamente ci hanno omaggiato per poter partecipare alle singole Giornate in programma in questo mese nel Calendario del Cibo Italiano (le prossime saranno l'11 dicembre dedicata ai Ricciarelli e il 20 dedicata al Panforte) con entusiasmanti e invitanti Flash Mob da far impazzire le nostre papille gustative :-))
Oggi si festeggia la Giornata Nazionale del Panpepato, da sempre considerato un dolce tipico delle festività natalizie ma che ora, vista la grande richiesta da parte di turisti e visitatori della città di Siena, si può trovare in vendita tutto l'anno.
Ma cosa è il Panpepato? Riporto fedelmente la descrizione e storia di Sabrina, ambasciatrice d'eccellenza di questo prodotto tipico della sua terra (e leggete con il tipico accento toscano, mi raccomando :-)):

Il Panpepato è un'arte antica che solo abili artigiani portano avanti. Era considerato un dolce pregiato per la presenza del pepe, spezia rara e costosa, e la sua importanza era tale che veniva accettato come merce di scambio anche al posto delle monete. Questi pani venivano considerati come ricostituenti tanto che la leggenda narra che nella famosa battaglia di Montaperti, i Guelfi Fiorentini si sarebbero nutriti in modo normale, mentre i Ghibellini senesi si sarebbero portati molti Panpepati, fortemente energetici, annientando così i nemici, se pur numericamente superiori.
Il Panpepato ha una storia antica molto interessante. All'inizio era il melatello, cioè farina impastata con l'acqua dolciastra proveniente dal lavaggio dei contenitori del miele; poi pian piano si aggiunse il miele vero e proprio e nacque il pane melato. A questo impasto si cominciò ad aggiungere frutta di stagione (uva, fichi, susine) spezzettata e cotta leggermente per lasciare morbido l'impasto. La frutta restava umida, il pane era piacevolmente morbido, ma si  formavano dopo alcuni giorni delle muffe che rendevano acidulo il pane dandogli un sapore fortis. Così il melatello si trasforma in panes fortis.
Nel XIII secolo si iniziano ad importare dall'oriente spezie, bacche, frutti e radici con sapori e profumi particolari a cui venivano attribuiti poteri particolari e si vendevano nelle Spezierie oppure si reperivano nei conventi dove venivano portate dai pellegrini.
Pian piano le spezie entrarono anche nelle cucine per allungare la conservabilità dei cibi e per mascherare alcuni sapori non proprio gradevoli, in particolare pepe, cannella e chiodi di garofano. All'Archivio di Stato è conservata una pergamena datata 7 febbraio 1205, che cita panes melatos et pepatos, dolci portati come tributo al Monastero di Montecellesi nei pressi di Fontebecci (appena fuori Siena). La leggenda attribuisce proprio a questo monastero la paternità del Panpepato. Si narra che Niccolò de' Salimbeni (citato da Dante nella Divina Commedia), animatore della Brigata Spendereccia, molto sensibile ai piaceri della tavola, in atto di pentimento per la sua vita dissoluta avrebbe donato tutte le sue preziosissime spezie al Convento di Montecellesi. Un giorno una novizia, riordinando il cellario, scoprì che alcuni sacchetti di spezie, mandorle, canditi e farina si erano lacerati ed il loro contenuto sparso sul ripiano. Così, per non gettare quel ben di Dio, pensò di gettare tutto in una pentola con il miele, sperando di poterne tirare fuori qualcosa di buono da donare ai poveri. E così fu. Velocemente il dolce fu richiesto anche fuori Siena e ci sono molti documenti che testimoniano come intorno alla metà del 1300 fosse tra i dolci più apprezzati, spesso presente nei menu delle corti. Se la produzione iniziò nei conventi, quasi di sicuro fu proseguita dagli speziali; infatti nel 1599, i 12 speziali allora presenti a Siena proposero al Granduca Ferdinando de' Medici, Governatore di Siena, di insegnare la loro arte a chi lo desiderasse per evitare preparazioni scadenti. Esiste poi un documento risalente ai primi del '700 che indica i 17 ingredienti (17 come il numero delle contrade dal 1675) del panis fortis: miele, farina di grano, noci, nocciole di monte, mandorle, popone (cioè melone) candito, cedro candito, arance candite, scorza di limone candita, corteccia di cannella, coriandolo, pepe aromatico, chiodi di garofano, noce moscata, acqua e fuoco.

Personalmente ho pensato a un tortino salato, che ho volutamente chiamato Pudding, perchè come il famoso pudding natalizio inglese contiene frutta e spezie, date dal Panpepato, anche se in versione non dolce. Il matrimonio con bacon e cipolle è pienamente riuscito; la crema al Grana lo ingentilisce e la decorazione con il ribes rosso, fatta per la foto, si è poi rivelata ancora una volta un contrasto decisamemente favorevole alla preparazione, quindi abbondatene pure se volete provarlo, non ve ne pentirete :-))



pudding con panpepato



Ingredienti:
1 cipolla rossa di Cannara, circa 200 g
1 mela Golden, circa 200 g
150 g di bacon a fette fini
la scorza di mezza arancia non trattata grattugiata
90/100 g di Panpepato
3/4 fette senza crosta di pane ai 3 farri Equilibrio Esselunga
(o altro simile)
1 uovo sbattuto
olio extravergine di oliva
burro
pan grattato
semi di sesamo bianco e nero

Per la crema al Grana:
150 g di Grana grattugiato
230 ml di panna fresca
pepe macinato fresco


facendo pudding con panpepato


Mettere una noce di burro e un paio di cucchiai di olio in una padella larga e soffriggere la cipolla tritata finemente e la mela (sbucciata e grattugiata) finchè risultano tenere, circa 10/15 minuti.
Tritare finemente il bacon a coltello ed unirlo al composto in padella; cuocere mescolando spesso per circa 5 minuti.
Aggiungere la scorza dell'arancia, togliere dal fuoco e lasciare raffreddare; il composto deve risultare molto morbido e umido, non secco.
Nel frattempo tritare in un robot il Panpepato con il pane ed unirlo poi al composto in padella raffreddato; infine aggiungere anche l'uovo sbattuto.
In una ciotolina mescolare un paio di cucchiai pepadi pane grattugiato con i semi di sesamo bianco e nero (oppure di nigella damascena, che profumano di cipolla); imburrare gli stampi e cospargere internamente questo mix.
Dividere l'impasto del pudding negli stampi e cuocere in forno caldo a 190/200° per circa 20/25 minuti, coprendo con un foglio di alluminio a metà cottura se si scuriscono troppo.
Lasciare riposare i pudding 5 minuti fuori dal forno prima di rigirarli sui piatti da portata, accompagnandoli con la crema al Grana.

Crema al Grana: riunire in una casseruola il Grana e la panna e sciogliere a fuoco bassissimo finchè ben amalgamato (meglio se a bagnomaria per evitare che la crema stracci), mantenendola al caldo fino al momento dell'utilizzo.
Per un sapore più deciso, si può sostituire il Grana con Pecorino, Taleggio, Gorgonzola o altro formaggio saporito a piacere.

Con questa dose vengono fuori 5 pudding con stampi monouso in alluminio da 9 cm di diametro, oppure 7 da 7 cm di diametro.


Tutte le ricette del Panpepato Team:



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