19 dicembre 2016

Il Pandoro delle Sorelle Simili per la Giornata Nazionale del Calendario del Cibo Italiano


Le feste si avvicinano, ancora pochi giorni e sarà Natale e sulle nostre tavole non mancherà il dolce in assoluto che ci piace di più: sua Maestà il Pand(e)oro!

Anche il Calendario del Cibo Italiano lo festeggia, dedicandogli oggi la sua Giornata Nazionale, di cui sono fiera Ambasciatrice. Se siete curiosi di leggere la storia e le curiosità legate a questo soffice, arioso, morbido e burroso dolce, emblema della città di Verona, fermatevi un attimo a leggere il mio articolo pubblicato oggi sul Calendario.

Ho iniziato a fare pandori anni fa, ma la prima volta è stato un disastro. Probabilmente l'inesperienza con gli impasti di allora e forse la fretta di voler realizzare un dolce che, al contrario, ha bisogno di grande calma e pazienza, proprio come l'attesa della grande notte, mi aveva portato sull'orlo di una crisi di nervi per la grande ciofeca che ne era uscita fuori: c'era il sapore vanigliato e burroso, ma non aveva lievitato per nulla e quindi era gnucco gnucchissimo!
In seguito mi ci sono proprio impegnata ed i risultati mi hanno soddisfatto alla grande, ancora una volta la maestria e l'affidabilità delle ricette delle Sorelle Simili non ha deluso.


pandoro



Ho provato a far anche i pandorini, così teneri e deliziosi e perfetti per regalini natalizi, con la dose di questo impasto ne vengono 7 (ma avendo 6 stampi solo uno l'ho sistemato in uno stampo a stella.
Non è un impasto difficile, ma richiede tempo e pazienza; anche la sfogliatura non è così impegnativa, sicuramente la prima sarà coi bordi traballanti e un pochino imprecisa, ma poi l'impasto si riprende in frigo e la seguente sarà più facilmente eseguibile, la terza poi sarà perfetta e quasi una passeggiata che viene voglia di dire ma come, già finito? (e furbamente ho messo la foto di quest'ultima :-).
Iniziando la sera prima, visto che l'impasto deve riposare in frigo tutta la notte, la cottura avviene nel tardo pomeriggio; è poi una gioia portare il Pandoro ancora caldo agli amici quando si è invitati a cena, oppure sfornarlo direttamente in tavola quando si hanno ospiti!
Una sola nota leggermente stridente: la crosta è un pochino più spessa e non così morbida come in quelli comprati, ma già quella del secondo pandoro e dei pandorini era meglio del primo (avevo cambiato forno di cottura); in ricetta riporto le indicazioni delle sorelle, ma forse conviene abbassare di 10° la temperatura del forno, o perlomeno nel mio, aggiornerò alla prossima infornata.


pandoro


Questi sono piccoli consigli che posso dare sulla buona riuscita di questo dolce:

- usare solo farina di forza, quella che al supermercato è indicata come manitoba (oppure preprarsi la miscela usando 70% farina 0 e 30% manitoba pura),
- le uova (medie) meglio non fredde, leggermente sbattute prima di unirle all'impasto,
- il burro tagliato a pezzettini farà prima ad ammorbidirsi,
- meglio usare un burro tedesco o cercare quello ottenuto da centrifuga,
- usare solo i semini della bacca di vaniglia, non aromi artificiali,
- per praticità iniziare la sera prima e fare la lievitazione del primo impasto in frigo perché l'ultima lievitazione è molto lunga, anche 5/6 ore, altrimenti si rischia di metterlo in forno a mezzanotte,
- un'impastatrice aiuta molto nel lavoro, ma dare sempre un'ultima lavorata e battuta a mano, aiutandosi con una spatola se necessari,
- spolverare sempre il piano di lavoro e il matterello quando si sfoglia,
- preparazione dello stampo: per non aver brutte sorprese nell'estrarre il pandoro una volta cotto, meglio usare una piccola accortezza che suggeriscono le sorelle: capovolgere lo stampo sul tavolo (base piccola in alto) e appoggiarci sopra un pezzo di alluminio, circa 30x30, per prendere la forma dello stampo, premendo bene lungo le scanalature. Poi rimettere lo stampo nella posizione d'uso (base piccola che appoggia sul tavolo), imburrare leggermente la base e fissare l'alluminio nella parete interna facendo combaciare le pieghe prese alle pareti scanalate. Imburrare quindi (meglio con pennello e burro sciolto) sia la stagnola che le pareti fino al bordo dello stampo. In questo modo il pandoro si sfilerà facilmente e non c'è pericolo che la punta possa rimanere attaccata al fondo (se fosse malauguratamente attaccato alle pareti, ma non mi è mai successo in tutte le mie pandorificazioni, basterà passare delicatamente una lama di coltello tra il pandoro e la parete dello stampo).


stampo preparato per pandoro-lined mold for pandoro



Ingredienti:

450 g di farina di forza
135 g di zucchero
170 g di burro
4 uova
18 g lievito di birra
acqua tiepida
1 cucchiaino di sale
1 stecca di vaniglia
una noce di burro per lo stampo
zucchero a velo



pandoro




Lievitino:
15 g di lievito di birra
60 g di acqua tiepida
50 g di farina di forza
1 cucchiaio di zucchero
1 tuorlo

Sciogliere il lievito nell'acqua, aggiungere lo zucchero, il tuorlo e la farina e  sbattere bene con una frusta finchè il composto risulta ben amalgamato e senza grumi. Sarà abbastanza liquido.
Lasciare lievitare in luogo tiepido per circa un'ora, fino al raddoppio.

Primo impasto:
200 g di farina di forza
3 g di lievito di birra
25 g di zucchero
30 g di burro a temperatura ambiente
2 cucchiai scarsi di acqua tiepida
1 uovo, leggermente sbattuto

Aggiungere al lievitino il lievito di birra sciolto  nell'acqua tiepida, lo zucchero, la farina e l'uovo,.
Quando gli ingredienti saranno ben amalgamati unire anche il burro morbido e lavorare e battere bene l'impasto finchè il burro si sarà tutto assorbito. Anche se si impasta con un'impastatrice, sempre meglio battere l'impasto sulla spianatoia e dargli l'ultima lavorata a mano.
L'impasto è abbastanza appiccicoso ma meglio sporcarsi le mani e la spianatoia di farina (poca) che aggiungerne all'impasto.
Lasciare lievitare in ciotola, coperto, in frigo tutta la notte.

Secondo impasto:
200 g di farina di forza
100 g di zucchero
2 uova
1 cucchiaino di sale
i semini della stecca di vaniglia

140 g di burro a temperatura ambiente per sfogliare

Tirare fuori la ciotola dal frigo e lasciarla rinvenire a temperatura ambiente per circa un'ora (l'impasto durante la notte dovrebbe essere lievitato al raddoppio).
Unire all'impasto precedente le uova, lo zucchero, la farina, il sale ed i semi della vaniglia (incidere la stecca per il lungo con un coltello affilato e schiacciare col dorso della lama per estrarre i semini).
Lavorare e battere bene come nel primo impasto.
Trasferire poi l'impasto in una ciotola unta di burro e lasciare lievitare coperto e in luogo tiepido per circa un'ora e mezza (o fino al raddoppio, a me ci sono volute due ore abbondanti).
Poi mettere la ciotola in frigo per 30/40 minuti.

facendo pandoro-making pandoro


Sulla spianatoia leggermente infarinata stendere la pasta in un quadrato e mettere al centro il burro, schiacciando i pezzetti tra le dita, lasciando un bordo di 3 centimetri. Richiudere gli angoli della pasta verso il centro coprendo il burro.

Prima piega: spianare delicatamente la pasta in un rettangolo e poi ripiegarla in tre, come per la pasta sfoglia. Rimettere la pasta in frigo, coperta con pellicola, e lasciare riposare 20 minuti.
Seconda piega: come la prima, più il riposo.
Terza piega: come la prima, più il riposo.

Dopo l'ultimo riposo, ungersi leggermente le mani col burro e formare una palla con l'impasto, ruotandolo sul piano di lavoro con le mani e nello stesso momento inserendo i bordi sotto.
Sistemare la palla nello stampo precedentemente preparato con la parte rotonda e liscia sul fondo dello stampo (per capirci, la parte che toccava il piano di lavoro con i lembi della pasta incalzati va rivolta verso l'alto).


facendo pandoro-making pandoro


Lasciare lievitare in luogo tiepido e coperto (una pentola alta messa sopra andrà benissimo) fino a quando il pandoro arriva al bordo dello stampo, o meglio lo supera di qualche centimetro (ci sono volute 5/6 ore).
Cuocere a 170° per 15 minuti, poi abbassare a 160° per altri 10 minuti, ma è sempre meglio regolarsi con la prova stecchino, a me infatti ci sono voluti 10 minuti ancora (nella parte più bassa del forno perchè il pandoro gonfierà ancora, fino a toccare la griglia superiore; eventualmente proteggere con un foglio di alluminio dopo una buona coloritura). 
Il pandoro (come ogni altro lievitato) è cotto quando al cuore raggiunge la temperatura di 95°; quindi se avete un termometro da cucina, usatelo!
Sformare appena possibile, ma non subito altrimenti il peso del pandoro lo farà accasciare sulla base, e spolverare di abbondante zucchero a velo.


pandorini-mini pandoro


Si conserva per qualche giorno in un sacchetto per alimenti ben chiuso, riscaldandolo appena un paio di minuti in forno per far riprendere cremosità al burro.
Per conservarlo più a lungo si può congelare una volta raffreddato bene (riparato bene che non prenda altri odori dal freezer), poi si scongela a temperatura ambiente e si riscalda necessariamente qualche minuto in forno per far riprendere cremosità al burro.




7 dicembre 2016

Insalata agrodolce con petto d'anatra alla Nosiola


Un mini blogtour, organizzato da AIFB, in terra trentina lo scorso ottobre, ospiti dell'Istituto di Tutela della Grappa Trentina per il Master del Canederlo.
Tre affabili e simpatici compagni di viaggio, Fabio, Marina e Sabrina, insieme ad un altrettanto cortese e disponibile accompagnatore, hanno deliziato queste giornate.
In programma la visita alla distilleria della Fondazione Mach e Istituto Agrario a San Michele all'Adige, dove Bruno Pilzer, nella pregiata stanza dei maestosi alambicchi in rame ed obbedendo alla sequenza ordinata di effluvi alcolici profumati, ci illustra come nasce la vera grappa trentina, seguendo un rigoroso disciplinare e utilizzando vinaccia freschissima di uve autoctone.


Senza titolo


Il pomeriggio si conclude con la visita alle cantine sottostanti della ex Abbazia Agostiniana, risalente al XVI secolo, con le meravigliose botti intagliate d'epoca in bella mostra e con la degustazione finale di grappe trentine.
Cena alla Trattoria dell’Orso Grigio, dove incontriamo l'elegantissimo Gianfranco Chiomento, ex giornalista, da trent'anni segretario dell'Istituto di Tutela della Grappa Trentina, ed altri produttori locali. E non si può resistere al fascino goloso dei Rufioi, tipici tortelloni della Valle dei Mocheni, il cui ripieno consiste in un sapiente mix di verza, porri, zucchero e cannella, conditi tradizionalmente con burro fuso e Grana trentino.


Senza titolo



La mattina seguente breve giro in centro, soprattutto per botteghe gastronomiche, con puntatina al mercato di piazza delle Erbe, dove ho acquistato delle belle e buone zucche.
Appuntamento poi all’Enoteca Provinciale del Trentino, nella prestigiosa sede di Palazzo Roccabruna. Con Gianfranco Chiomento ci attendono Adriano Zanotelli ed Enrico Cattani, responsabili dell'Osservatorio delle produzioni trentine che svolge attività di indagine, studi ed analisi sui prodotti locali, vini, spumanti e grappe compresi. Dopo la visita al piano nobile del palazzo, edificato ai tempi del Concilio di Trento, ci spiegano come lavora il consorzio dell'Enoteca, attraverso appunto studi, analisi, ricerche di mercato, disciplinari e protocolli, informazione e comunicazione, iniziative con la Provincia.


Senza titolo


Ci abbandonano poi nelle mani sapienti dello chef Stefano Bertoni, patron del Ristorante Castel Toblino, che ci guida nella realizzazione di tre tipi di canederli: dal Classico con luganega, speck e Trentingrana rigorosamente servito in brodo di gallina, ai Canederlotti con verza e puzzone di Moena, serviti con fonduta e tartufo della Valle dei Laghi, per concludere con quelli Dolci alle prugne. Per concludere, non poteva mancare la personale Fregolotta con spuma al Vin Santo.

Tutte le foto di questo mini blog tour qui.

Saluti & abbracci, dopo il caffè, con la promessa di dedicare a questo evento una ricetta realizzata con la grappa avuta in dono: non esattamente una gara tra noi quattro, piuttosto dei giochi in cucina con la grappa trentina.
A me è toccata quella di Nosiola, l'unica varietà tipica ed autoctona della regione a frutto bianco. Poco o nulla si sa della sua storia, di sicuro era diffusa nel Trentino già all’inizio del secolo scorso e la coltivazione è legata a due zone: la Valle dei Laghi e l’asta dell’Adige sulle colline di Sorni, Pressano e Lavis. La valle dei Laghi, per il suo clima dolce, mitigato dal vento denominato "Ora del Garda", trasforma la Nosiola in un nettare chiamato  Vino Santo, mentre sulle colline avisiane, il clima alpino modella la Nosiola in un vino fruttato e gentile che ricorda la nocciol (da zeni.tn.it
Questa grappa è ottenuta dalle vinacce selezionate provenienti da uve di Nosiola distillata a bagnomaria secondo il tradizionale sistema trentino. E’ un distillato morbido dal gusto elegante e raffinato, dal profumo gradevolmente persistente con sentore di nocciola. Al gusto si denota una grande armonia a cui fa seguito una lunga persistenza che rispecchia le note aromatiche e fruttate (da casimiro.it).        


Insalata agrodolce con petto d'anatra alla Nosiola


Può essere servita come antipasto, come secondo in porzione più abbondante e, tagliuzzando più finemente il petto d'anatra, anche in versione finger food (bicchierino) nei buffet in piedi.


insalata agrodolce con petto d'anatra alla nosiola


Ingredienti:

Petto d'anatra
Misticanza
Olio extravergine di oliva del Garda DOP
Aceto di mele trentino
Grappa trentina di Nosiola
Pepe selvaggio del Madagascar (Voatsiperifery) 
Alloro in foglie
Uvetta jumbo
Buccia di arancia non trattata, a julienne
Zucchero
Pinoli
Sale marino q.b.


insalata agrodolce con petto d'anatra alla nosiola



Cuocere il petto d'anatra a bassa temperatura con due foglie di alloro, qualche grano di pepe, un cucchiaio di olio e un paio di cucchiai di grappa: nel Fresco due ore/due ore e mezza a 60/65° se piace rosato, altrimenti a 70°, per mezzo kilo di carne (in effetti il mio è leggermente troppo cotto).
Nel frattempo, mettere l'uvetta in un vaso di vetro e ricoprirla di grappa per ammorbidirla. 
Personalmente tengo sempre un vaso di uvetta sotto grappa: in questo modo è già pronta all'uso, profumata ed aromatizzata.
Incidere la pelle del petto con dei tagli obliqui; rosolare in padella la carne dal lato della pelle, sfumando con mezzo bicchiere di grappa. Una volta evaporato l'alcool, spegnere il fuoco, coprire e lasciare intiepidire/raffreddare.
Preparare le scorzette di arancia: recuperare la scorza dell'arancia eliminando ogni traccia di parte bianca, tagliarla a julienne. Bollire le scorzette per tre volte, partendo sempre da acqua fredda, per mezzo minuto a volta. Cuocerle poi in uno sciroppo di acqua e zucchero 1:1 finchè traslucide. Scolare e tenere da parte.
Preparare il condimento: in un vasetto emulsionare l'olio con l'aceto di mele, il sale ed un cucchiaio di grappa; unire poi l'uvetta, non troppo scolata e qualche scorza di arancia. prepararne una dose generosa, perchè sarà poi da servire con l'insalata.
Affettare la carne sottile e condirla con parte dell'emulsione e la frutta. Lasciare riposare coperto per almeno un paio di ore.

Sistemare una manciata di misticanza nel piatto, disporre delle fettine di petto d'anatra nel centro, guarnire con l'uvetta, le scorze di arancia e i pinoli (precedentemente tostati in padella). Servire con il condimento rimasto e una macinata di pepe fresco, se piace.

Alternative: uva e noci, chicchi di melograno per guarnire, aceto di lamponi al posto di quello di mele.




Le altre ricette presentate dai miei compagni di merende e giochi:




 

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