Anche quest'anno è passata, un pochino frettolosa e risparmiosa, ma regalando sempre un momento di dolcezza e felicità a questi ragazzi cresciuti che ancora vogliono credere a questa antica nostra tradizione. Certo non c'è più la grande attesa agitata e trepidante della notte e il luccichio negli occhi al risveglio di quando erano bambini, ma resta comunque la presenza e il gesto di una (due :-) persona(e) amata(e) che vuole(vogliono) loro bene.
E quest'anno Santa Lucia mi ha portato la voglia di riprovare a fare il nostro tradizionale e buon Pandoro. O onor del vero ci avevo provato anni fa, ma l'inesperienza con gli impasti di allora e forse la fretta di voler realizzare un dolce che, al contrario, ha bisogno di grande calma e pazienza, proprio come l'attesa della grande notte, mi aveva portato sull'orlo di una crisi di nervi per la grande ciofeca che ne ra uscita fuori: c'era il sapore vanigliato e burroso, ma non aveva lievitato per nulla e quindi era gnucco gnucchissimo!
In questi giorni mi ci sono proprio impegnata ed i risultati mi hanno soddisfatto alla grande, ancora una volta la maestria e l'affidabilità delle ricette delle
sorelle Simili non ha deluso.
Ho provato a far anche i pandorini, così teneri e deliziosi e perfetti per regalini natalizi, con la dose di questo impasto ne vengono 7 (ma avendo 6 stampi solo uno l'ho sistemato in uno stampo a stella :-).
Non è un impasto difficile, ma richiede tempo e pazienza; anche la sfogliatura non è così impegnativa, sicuramente la prima sarà coi bordi traballanti e un pochino imprecisa, ma poi l'impasto si riprende in frigo e la seguente sarà più facilmente eseguibile, la terza poi sarà perfetta e quasi una passeggiata che viene voglia di dire ma come, già finito? (e furbamente ho messo la foto di quest'ultima :-).
Un pandoro è stato assaggiato l'altra sera da tantissimi amici che ne hanno decretato la bontà e sofficità.
Una sola nota leggermente stridente: la crosta è un pochino più spessa e non così morbida come di quelli comprati, ma già quella del secondo pandoro e dei pandorini era meglio del primo (avevo cambiato forno di cottura); in ricetta riporto le indicazioni delle sorelle, ma forse conviene abbassare di 10° la temperatura del forno, o perlomeno nel mio, aggiornerò alla prossima infornata.
Come dicevo ad
Eleonora nelle nostre
mails pandorifere, questi sono i piccoli consigli che posso dare sulla buona riuscita di questo dolce:
- usare solo farina di forza, quella che al supermercato è indicata come manitoba (oppure preprarsi la miscela usando 70% farina 0 e 30% manitoba pura),
- le uova (medie) meglio non fredde, leggermente sbattute prima di unirle all'impasto,
- il burro tagliato a pezzettini farà prima ad ammorbidirsi,
- usare solo i semini della bacca di vaniglia, non aromi artificiali,
-
per praticità iniziare la sera prima e fare la lievitazione del primo
impasto in frigo perché l'ultima lievitazione è molto lunga, anche 5/6
ore, altrimenti si rischia di metterlo in forno a mezzanotte,
- un impastatore aiuta molto nel lavoro, ma dare sempre un'ultima lavorata e battuta a mano, aiutandosi con una spatola se necessari,
- spolverare sempre il piano di lavoro e il matterello quando si sfoglia,
-
preparazione dello stampo: per
non aver brutte sorprese nell'estrarre il pandoro una volta cotto, meglio usare una piccola accortezza che suggeriscono le sorelle: capovolgere lo stampo sul
tavolo (base piccola in alto) e appoggiarci sopra un pezzo di alluminio, circa 30x30,
per prendere la forma dello stampo, premendo bene lungo le scanalature. Poi rimettere lo stampo nella posizione
d'uso (base piccola che appoggia sul tavolo), imburrare leggermente la
base e fissare l'alluminio nella parete interna facendo combaciare le
pieghe prese alle pareti scanalate. Imburrare quindi (meglio con pennello e burro sciolto) sia
la stagnola che le pareti fino al bordo dello stampo. In questo modo il
pandoro si sfilerà facilmente e non c'è pericolo che la punta possa
rimanere attaccata al fondo (se fosse malauguratamente attaccato alle pareti, ma non mi è mai successo in 4 pandorificazioni, basterà passare delicatamente una lama di coltello tra il pandoro e la parete dello stampo).
Ingredienti:
450 g di farina di forza
135 g di zucchero
170 g di burro
4 uova
18 g lievito di birra
acqua tiepida
1 cucchiaino di sale
1 stecca di vaniglia
una noce di burro per lo stampo
zucchero a velo
Lievitino:
15 g di lievito di birra
60 g di acqua tiepida
50 g di farina di forza
1 cucchiaio di zucchero
1 tuorlo
Sciogliere il lievito nell'acqua, aggiungere lo zucchero, il tuorlo e la farina e sbattere bene con una frusta finchè il composto risulta ben amalgamato e senza grumi. Sarà abbastanza liquido.
Lasciare lievitare in luogo tiepido per circa un'ora, fino al raddoppio.
Primo impasto:
200 g di farina di forza
3 g di lievito di birra
25 g di zucchero
30 g di burro a temperatura ambiente
2 cucchiai scarsi di acqua tiepida
1 uovo
Aggiungere al lievitino il lievito di birra sciolto nell'acqua tiepida, lo zucchero, la farina e l'uovo, leggermente sbattuto.
Quando gli ingredienti sono ben amalgamati unire anche il burro morbido e lavorare e battere bene l'impasto finchè il burro si sarà tutto assorbito. Anche se si impasta con un'impastatrice, sempre meglio battere l'impasto dulla spianatoia e dargli l'ultima lavorata a mano.
L'impasto è abbastanza appiccicoso ma meglio sporcarsi le mani e la spianatoia di farina (poca) che aggiungerne all'impasto.
Lasciare lievitare in ciotola, coperto, in frigo tutta la notte.
Secondo impasto:
200 g di farina di forza
100 g di zucchero
2 uova
1 cucchiaino di sale
i semini della stecca di vaniglia
140 g di burro a temperatura ambiente per sfogliare
Tirare fuori la ciotola dal frigo e lasciarla rinvenire a temperatura ambiente per circa un'ora (l'impasto durante la notte dovrebbe essere lievitato al raddoppio).
Unire all'impasto precedente le uova, lo zucchero, la farina, il sale ed i semi della vaniglia (incidere la stecca per il lungo con un coltello affilato e schiacciare col dorso della lama per estrarre i semini).
Lavorare e battere bene come nel primo impasto.
Trasferire poi l'impasto in una ciotola unta di burro e lasciare lievitare coperto e in luogo tiepido per circa un'ora e mezza (o fino al raddoppio, a me ci sono volute due ore abbondanti).
Poi mettere la ciotola in frigo per 30/40 minuti.
Sulla spianatoia leggermente infarinata stendere la pasta in un quadrato e mettere al centro il burro, schiacciando i pezzetti tra le dita, lasciando un bordo di 3 centimetri.
Richiudere gli angoli della pasta verso il centro coprendo il burro.
Prima piega: spianare delicatamente la pasta in un rettangolo e poi ripiegarla in tre, come per la
pasta sfoglia. Rimettere la pasta in frigo, coperta con pellicola, e lasciare riposare 20 minuti.
Seconda piega: come la prima, più il riposo.
Terza piega: come la prima, più il riposo.
Dopo l'ultimo riposo, ungersi leggermente le mani col burro e formare una palla con l'impasto, ruotandolo sul piano di lavoro con le mani e nello stesso momento inserendo i bordi sotto.
Sistemare la palla nello stampo precedentemente preparato con la parte rotonda e liscia sul fondo dello stampo (per capirci, la parte che toccava il piano di lavoro con i lembi della pasta incalzati va rivolta verso l'alto).
Lasciare lievitare in luogo tiepido e coperto (una pentola alta messa sopra andrà benissimo) fino a quando il pandoro arriva al bordo dello stampo, o meglio lo supera di qualche centimetro (ci sono volute 5/6 ore).
Cuocere a 170° per 15 minuti, poi abbassare a 160° per altri 10 minuti, ma è sempre meglio regolarsi con la prova stecchino, a me infatti ci sono voluti 10 minuti ancora (nella parte più bassa del forno perchè il pandoro gonfierà ancora, fino a toccare la griglia superiore; eventualmente proteggere con un foglio di alluminio dopo una buona coloritura). Uso sempre forno ventilato.
Sformare appena possibile, ma non subito altrimenti il peso del pandoro lo farà accasciare sulla base, e spolverare di abbondante zucchero a velo.
Si conserva per qualche giorno in un sacchetto per alimenti ben chiuso, riscaldandolo appena un paio di minuti in forno per far riprendere cremosità al burro.
Per conservarlo più a lungo si può congelare una volta raffreddato bene (riparato bene che non prenda altri odori dal freezer), poi si scongela a temperatura ambiente e si riscalda necessariamente qualche minuto in forno per far riprendere cremosità al burro.
Il nome pandoro deriva dal colore giallo oro intenso di questo dolce. Le sue origini però sono incerte. A lungo gli storici hanno cercato di capire da dove provenisse questo tanto amato dolce e le tesi sono tutt'ora contrastanti. Alcuni studiosi pensano che il pandoro sia nato nella Repubblica Veneta del '500, quando venivano serviti sulle ricche tavole dei nobili dei dolci di forma conica, ricoperti da foglie d'oro, chiamati appunto Pan de Oro.
Secondo altri, invece, l'origine deriva da un antico dolce, a forma di stella, che i veronesi consumavano a Natale, il Nadalin.
La tesi però più accreditata lega la nascita del pandoro alla Casa Reale degli Asburgo.
Fin dal '700-'800 erano ben conosciute le tecniche di lavorazione del Pane di Vienna che sono rimaste alla base della preparazione del pandoro, probabilmente derivate, a loro volta, dalla brioche francese. La lavorazione del Pane di Vienna, infatti, prevedeva di completare l'impasto aggiungendo una maggiore dose di burro con il sistema della pasta sfoglia, dove diversi strati di pasta vengono alternati a strati di burro, con il risultato che durante la cottura il dolce acquista volume. Ma ciò fa anche pensare ad una fonte più antica risalente addirittura al primo secolo dopo Cristo, ai tempi di Plinio il Vecchio, che nei suoi scritti minori cita un panettiere di nome Vergilius Stefanus Senex che prepara un panis con fiori di farina, burro e olio.
La produzione del pandoro si perfeziona a Verona a fine '800, diventando l'espressione più tipica della produzione dolciaria di Verona, oggi famosa in tutta Italia essendo uno dei dolci tipici delle festività natalizie.
Del suo precedente antenato Nadalin conserva ancora la caratteristica forma a stella e nel 1894 Domenico Melegatti, fondatore dell'omonima industria dolciaria, depositò all'ufficio brevetti un dolce morbido e dal caratteristico corpo a forma di stella a otto punte, opera dell'artista Angelo Dall'Oca Bianca, pittore impressionista (da wikipedia e cookaround).