25 dicembre 2017

Il Panettone delle sorelle Simili per il Calendario del Cibo Italiano



Lassa pur ch'el mond el disa ...  ma Milan l'è un gran Milan!



E il panettone è il tipico dolce delle feste natalizie meneghine, oggi celebrato nella sua Giornata Nazionale dal Calendario del Cibo Italiano.

Anche se non amo particolarmente i canditi nei dolci (ma ho scoperto diabolicamente come dribblare i pezzettini fastidiosi sotto ai denti) e in tutta franchezza preferisco il più burroso Pandoro, al panettone ci sono legata sentimentalmente, coi miei trascorsi fanciulleschi e giovinastri milanesi.
Non ne mancava mai uno sulle nostra tavole di festa, e immancabilmente con tanta pazienza mi mettevo a spulciare ogni piccolo candito dalla mia fetta, per poi addentarla con golosità, o pocciarla nel caffelatte la mattina.
Non mi ero mai cimentata nella sua preparazione, ma dopo i notevoli successi coi Pandori delle mitiche sorelle Simili, ho voluto proprio partire dalla loro ricetta come primo esperimento; che trovo abbastanza semplice nella sua complessità, nel senso che con un'impastatrice di supporto e una buona pasta madre matura e un trio di giornate tranquille a disposizione, sembrerebbe quasi un gioco da ragazzi, senza troppe congetture fantastiche riguardo a temperature e controlli lievitativi in opera.
Come prima prova ho preferito dimezzare la ricetta data nel libro, mi sarebbe spiaciuto dover buttare ogni cosa in caso di insuccesso.
Ho solo sbagliato la quantità di impasto nello stampo che avevo (quello per il panettone gastronomico da kilo), mettendocene 800 g faticava ad arrivare al bordo: messo a lievitare alle 12, l'ho poi infornato alle 9 della mattina seguente (ed ancora non era arrivato al bordo!). Mentre tutto è filato più liscio con i panettoncini, 100/110 g di impasto per stampino, sono lievitati in circa 5/6 ore.
Ho mantenuto gli orari consigliati dalle sorelle, che tutto sommato ben si adattano anche al tran tran quotidiano o del fine settimana (iniziando il venerdì, tardo pomeriggio). Ma ognuno può stabilire una personale tabella di marcia, seguendo la propria disponibilità.

Non amando i canditi, frullo o passo attraverso un mulinetto a mano le arance candite o le scorze di arancia: in questo modo si scioglieranno in cottura, rilasciando tutto l'aroma, ma senza nessun pezzettino in agguato. Ometto invece i cedri canditi (in caso si può aumentare leggermente la dose di uvetta e arance candite).
E conservo l'uvetta in un vaso ermetico coperta di rum, poi la scolo bene per qualche ora prima di usarla, sarà più aromatica (eventualmente si può mettere la quantità necessaria ad ammorbidirsi nel rum il giorno/un paio di giorni prima). In questa prima prova è stata omessa perchè in famiglia non rientra tra gli ingredienti preferiti.
Si potrebbe fare anche con le gocce di cioccolato, ma senza esagerare, perchè tendono ad asciugare leggermente l'impasto.



panettone-fetta


Primo giorno


primo rinfresco - ore 17

50 g di pasta madre
50 g di acqua tiepida
100 g di farina Manitoba


Impastare gli ingredienti insieme  e lavorare per 10 minuti fino ad avere un impasto liscio ed omogeneo.
Formare una palla, fare un taglio a croce e mettere in una ciotola, coprire con un piattino e lasciare riposare 3 ore in un luogo tiepido (sul termo, vicino a una stufa, nel forno con la luce accesa), poi un'ora a temperatura ambiente.


secondo rinfresco - ore 21

100 g del primo rinfresco
50 g di acqua tiepida
100 g di farina Manitoba

Impastare gli ingredienti insieme  e lavorare per 10 minuti fino ad avere un impasto liscio ed omogeneo.
Formare un filoncino corto e tozzo, avvolgerlo in una tela robusta e leggermente infarinata; legare le estremità e stringere al centro come per fare un salame, sistemare il pacchetto in un contenitore piccolo che lo contenga stretto, coprire e lasciare riposare tutta la notte.


 legatura pasta madre

Il panetto diventerà durissimo, sarà forza acquisita per la pasta madre, e potrebbe anche succedere di ritrovare il pacchetto rotto.
Si utilizzerà solo la parte centrale di questo rinfresco, eliminando quella secca attaccata alla tela.



porimo panettone



Secondo giorno


primo rinfresco - ore 7

50 g di pasta madre
50 g di acqua tiepida
100 g di farina Manitoba

Impastare gli ingredienti insieme  e lavorare per 10 minuti fino ad avere un impasto liscio ed omogeneo.
Formare una palla, fare un taglio a croce e mettere in una ciotola, coprire con un piattino e lasciare riposare 3 ore in un luogo tiepido (sul termo, vicino a una stufa, nel forno con la luce accesa), poi un'ora a temperatura ambiente.




secondo rinfresco - ore 11

100 g del primo rinfresco
50 g di acqua tiepida
100 g di farina Manitoba

Impastare gli ingredienti insieme  e lavorare per 10 minuti fino ad avere un impasto liscio ed omogeneo.
Formare una palla, fare un taglio a croce e mettere in una ciotola, coprire con un piattino e lasciare riposare 3 ore in un luogo tiepido (sul termo, vicino a una stufa, nel forno con la luce accesa), poi un'ora a temperatura ambiente.


terzo rinfresco - ore 15

100 g del primo rinfresco
50 g di acqua tiepida
100 g di farina Manitoba

Impastare gli ingredienti insieme  e lavorare per 10 minuti fino ad avere un impasto liscio ed omogeneo.
Formare una palla, fare un taglio a croce e mettere in una ciotola, coprire con un piattino e lasciare riposare 3 ore in un luogo tiepido (sul termo, vicino a una stufa, nel forno con la luce accesa), poi un'ora a temperatura ambiente.


Primo Impasto - ore 19


280 g di farina Manitoba
70 g di zucchero
70 g di burro morbido
130 g di acqua tiepida
120 g del terzo rinfresco
3 tuorli d'uovo


Sbattere leggermente i tuorli d'uovo con l'acqua.
Nella ciotola dell'impastatrice impastare la farina, lo zucchero, l'acqua coi tuorli, poi unire il lievito e lavorare per 15 minuti.
Unire anche il burro, poco alla volta e lavorare a velocità media finchè ben incorporato e l'impasto risulta incordato.
Formare una palla e mettere a lievitare in una ciotola unta di burro e coperta per un paio di ore in un luogo caldo, poi a temperatura ambiente per 10/12 ore: l'impasto deve aumentare 3 o 4 volte.



porimo panettone




Terzo giorno

Secondo Impasto - ore 8/9

140 g di farina Manitoba
70 g di burro morbido
40 g di acqua tiepida
13 g di latte in polvere
25 g di zucchero
170 g di uvetta sultanina
60 g di scorza d'arancia a cubetti
60 g di cedro candito a cubetti
5 g di sale fino
5 g di malto d'orzo
5 g di miele
3 tuorli d'uovo
i semini di una stecca di vaniglia


Mettere nella ciotola dell'impastatrice l'acqua, il latte in polvere, lo zucchero, i tuorli leggermente sbattuti, il miele, il malto, il sale e i semi di vaniglia: mescolare bene il tutto, poi unire la farina poca alla volta, iniziando ad impastare a velocità bassa.
Quando tutto sarà ben incorporato unire anche il primo impasto e lavorare a lungo a velocità media finchè ben amalgamato.
Unire quindi il burro e lavorare finchè ben assorbito e l'impasto risulterà ben incordato.
Unire poi l'uvetta e i canditi, a velocità bassa ed amalgamare bene.
Imburrare un vassoio, rovesciarvi l'impasto e dividerlo a seconda di quanti panettoni si vogliono fare:

- un panettone da kilo e due da 100 g cadauno
- un panettone da 750 g e uno da mezzo kilo scarso (o 4 da 110 g cadauno)
- due panettoni da mezzo kilo e due da 100 g cadauno

Con le mani imburrate formare delle palle e lasciarle riposare 20 minuti, coperte a campana.
Dopo il riposo, sempre con le mani imburrate, arrotolare di nuovo le palle, girandole sempre dalla stessa parte e rigirando in sotto i lembi laterali in modo da restringerle e sistemarle negli stampi.
Lasciare lievitare in luogo caldo scoperti per 4 o più ore, finchè ogni singolo impasto avrà raggiunto il bordo dello stampo di carta (scoperti perchè devono fare una crosticina in superficie).
Meglio mettere gli stampi a lievitare su una teglia da forno perchè sarebbe molto rischioso spostarli a lievitazione avvenuta.


 panettone a lievitare


A lievitazione compiuta, incidere con una lametta da barba o un bisturi tagliente solo la pellicina esteerna nel centro, sollevare i 4 lembi e metterci un pezzettino di burro.
Cuocere in forno a 180° per circa 25/30 minuti (un pochino meno i panettoncini piccoli), controllare sempre la cottura con uno stecchino lungo (se esce umido ci vorrà ancora qualche minuto di cottura). nel caso ovessero scurire troppo in fretta in superficie, meglio coprirli delicatamente con un foglio di alluminio.
Appena sfornati, infilzare alla base di ogni panettone due spiedini lunghi o ferri da calza facendoli uscire dall’altra parte, creando con questi un appoggio per metterli a raffreddare capovolti: ci si può aiutare con due pile di piatti della stessa altezza, si possono usare due pentole, due pile di libri, tra due sedie. Lasciarli raffreddare completamente a testa in giù (anche fino alla mattina seguente).



porimo panettone



Bisognerebbe aspettare qualche giorno prima di gustarli, ma non ce l'ho fatta, era troppa la curiosità golosa.
Chiusi in un sacchetto di cellophane per alimenti dovrebbero tranquillamente mantenersi per una settimana, almeno le pezzature grandi; le piccole tendono a seccare prima.
Le sorelle consigliano di surgelare i panettoni, se consumati più tardi, scongelandoli a temperatura ambiente ed eventualmente riscaldandoli nel forno tiepido un attimo.




Buon  Natale

che sia colmo di gioia e serenità per tutti!



365 giorni di festa per celebrare le glorie della nostra cucina: 
la più famosa, la più bella (e buona) del mondo!
La festa del cibo che si rinnova ogni giorno,
attraverso la celebrazione dei piatti e dei prodotti che hanno reso unica la cucina italiana,
in Italia e nel mondo.

19 dicembre 2017

Biscotti alla Tahina


Uno dei biscotti più semplici che abbia mai fatto.
Ma nel contempo uno dei più friabili e saporiti, con quell'aroma inconfondibile del sesamo che li rende unici.
E sono stati uno dei due tipi che ho spedito a Marica e Laura per lo swap natalizio organizzato da Giulia: spero portatori di serenità come originariamente sono nati, perchè queste feste natalizie siano momenti di gioia e intimità familiare per ognuno di noi e nel ricordo di chi ci è comunque vicino e silenziosamente ci abbraccia e ci sostiene.

Ricetta originale di Micol Hillman, pubblicata da Eleonora nel suo blog.


biscotti alla tahina


Ingredienti per circa 36 biscotti:

110 g di burro morbido
100 g di zucchero
150 g di farina 0
120 ml di Tahina
mezzo cucchiaino di lievito in polvere
  un cucchiaino di estratto di vaniglia
mandorle intere, una per ogni biscotto


biscotti alla tahina


Sbattere a lungo il burro con lo zucchero in modo da avere un composto leggero e spumoso. Aggiungere il resto degli ingredienti, tranne le mandorle, ed amalgamare bene. Far riposare l'impasto in frigorifero finchè ben rappreso (l'ho fatto la sera prima).
Prendere un po' di impasto alla volta, formare un cilindro e ritagliarlo a pezzetti con cui fare tante palline; sistemarle sulla teglia foderata di carta forno. Premere una mandorla su ogni pallina, in modo da incastrarle e appiattire un po' il biscotto.
Infornare a 180° (forno già caldo) per 15-20 minuti, fino a doratura. S si colorano troppo da un lato, la teglia andrà girata a metà cottura.
Lasciarli raffreddare cinque minuti sulla teglia e poi su una reticola da pasticceria.


biscotti alla tahina


Note di Eleonora: si possono fare anche con olio (120 ml), ma sono molto più fragili rispetto a quelli fatti con il burro. Però si sciolgono in bocca, dando l'impressione di mangiare qualcosa di quasi etereo. "Si vaporizzano al morso e ti sembra di mangiare nuvole", ha detto la Mai, che ha provato entrambe le versioni.
La pasta con l'olio è anche più difficile da maneggiare e formare, rispetto a quella con il burro e potreste aver bisogno di un paio di cucchiai in più di farina.
Entrambe le versioni sono ottime.

18 dicembre 2017

Il Pandoro di Verona delle sorelle Simili per il Calendario del Cibo Italiano


Le feste si avvicinano, ancora pochi giorni e sarà Natale e sulle nostre tavole non mancherà il dolce in assoluto che ci piace di più: sua Maestà il Pand(e)oro!

Anche il Calendario del Cibo Italiano lo festeggia, dedicandogli oggi la sua Giornata Nazionale, raccontando storia e curiosità legate a questo soffice, arioso, morbido e burroso dolce, emblema della città di Verona.

Ho iniziato a fare pandori anni fa, ma la prima volta è stato un disastro. Probabilmente l'inesperienza con gli impasti di allora e forse la fretta di voler realizzare un dolce che, al contrario, ha bisogno di grande calma e pazienza, proprio come l'attesa della grande notte, mi aveva portato sull'orlo di una crisi di nervi per la grande ciofeca che ne era uscita fuori: c'era il sapore vanigliato e burroso, ma non aveva lievitato per nulla e quindi era gnucco gnucchissimo!
In seguito mi ci sono proprio impegnata ed i risultati mi hanno soddisfatto alla grande, ancora una volta la maestria e l'affidabilità delle ricette delle Sorelle Simili non ha deluso.


pandoro



Ho provato a far anche i pandorini, così teneri e deliziosi e perfetti per regalini natalizi, con la dose di questo impasto ne vengono 7 (ma avendo 6 stampi solo uno l'ho sistemato in uno stampo a stella.
Non è un impasto difficile, ma richiede tempo e pazienza; anche la sfogliatura non è così impegnativa, sicuramente la prima sarà coi bordi traballanti e un pochino imprecisa, ma poi l'impasto si riprende in frigo e la seguente sarà più facilmente eseguibile, la terza poi sarà perfetta e quasi una passeggiata che viene voglia di dire ma come, già finito? (e furbamente ho messo la foto di quest'ultima :-).
Iniziando la sera prima, visto che l'impasto deve riposare in frigo tutta la notte, la cottura avviene nel tardo pomeriggio; è poi una gioia portare il Pandoro ancora caldo agli amici quando si è invitati a cena, oppure sfornarlo direttamente in tavola quando si hanno ospiti!
Una sola nota leggermente stridente: la crosta è un pochino più spessa e non così morbida come in quelli comprati, ma già quella del secondo pandoro e dei pandorini era meglio del primo (avevo cambiato forno di cottura); in ricetta riporto le indicazioni delle sorelle, ma forse conviene abbassare di 10° la temperatura del forno, o perlomeno nel mio, aggiornerò alla prossima infornata.


pandoro


Questi sono piccoli consigli che posso dare sulla buona riuscita di questo dolce:

- usare solo farina di forza, quella che al supermercato è indicata come manitoba (oppure preprarsi la miscela usando 70% farina 0 e 30% manitoba pura),
- le uova (medie) meglio non fredde, leggermente sbattute prima di unirle all'impasto,
- il burro tagliato a pezzettini farà prima ad ammorbidirsi,
- meglio usare un burro tedesco o cercare quello ottenuto da centrifuga,
- usare solo i semini della bacca di vaniglia, non aromi artificiali,
- per praticità iniziare la sera prima e fare la lievitazione del primo impasto in frigo perché l'ultima lievitazione è molto lunga, anche 5/6 ore, altrimenti si rischia di metterlo in forno a mezzanotte,
- un'impastatrice aiuta molto nel lavoro, ma dare sempre un'ultima lavorata e battuta a mano, aiutandosi con una spatola se necessari,
- spolverare sempre il piano di lavoro e il matterello quando si sfoglia,
- preparazione dello stampo: per non aver brutte sorprese nell'estrarre il pandoro una volta cotto, meglio usare una piccola accortezza che suggeriscono le sorelle: capovolgere lo stampo sul tavolo (base piccola in alto) e appoggiarci sopra un pezzo di alluminio, circa 30x30, per prendere la forma dello stampo, premendo bene lungo le scanalature. Poi rimettere lo stampo nella posizione d'uso (base piccola che appoggia sul tavolo), imburrare leggermente la base e fissare l'alluminio nella parete interna facendo combaciare le pieghe prese alle pareti scanalate. Imburrare quindi (meglio con pennello e burro sciolto) sia la stagnola che le pareti fino al bordo dello stampo. In questo modo il pandoro si sfilerà facilmente e non c'è pericolo che la punta possa rimanere attaccata al fondo (se fosse malauguratamente attaccato alle pareti, ma non mi è mai successo in tutte le mie pandorificazioni, basterà passare delicatamente una lama di coltello tra il pandoro e la parete dello stampo).


stampo preparato per pandoro-lined mold for pandoro



Ingredienti:

450 g di farina di forza
135 g di zucchero
170 g di burro
4 uova
18 g lievito di birra
acqua tiepida
1 cucchiaino di sale
1 stecca di vaniglia
una noce di burro per lo stampo
zucchero a velo



pandoro




Lievitino:
15 g di lievito di birra
60 g di acqua tiepida
50 g di farina di forza
1 cucchiaio di zucchero
1 tuorlo

Sciogliere il lievito nell'acqua, aggiungere lo zucchero, il tuorlo e la farina e  sbattere bene con una frusta finchè il composto risulta ben amalgamato e senza grumi. Sarà abbastanza liquido.
Lasciare lievitare in luogo tiepido per circa un'ora, fino al raddoppio.

Primo impasto:
200 g di farina di forza
3 g di lievito di birra
25 g di zucchero
30 g di burro a temperatura ambiente
2 cucchiai scarsi di acqua tiepida
1 uovo, leggermente sbattuto

Aggiungere al lievitino il lievito di birra sciolto  nell'acqua tiepida, lo zucchero, la farina e l'uovo,.
Quando gli ingredienti saranno ben amalgamati unire anche il burro morbido e lavorare e battere bene l'impasto finchè il burro si sarà tutto assorbito. Anche se si impasta con un'impastatrice, sempre meglio battere l'impasto sulla spianatoia e dargli l'ultima lavorata a mano.
L'impasto è abbastanza appiccicoso ma meglio sporcarsi le mani e la spianatoia di farina (poca) che aggiungerne all'impasto.
Lasciare lievitare in ciotola, coperto, in frigo tutta la notte.

Secondo impasto:
200 g di farina di forza
100 g di zucchero
2 uova
1 cucchiaino di sale
i semini della stecca di vaniglia

140 g di burro a temperatura ambiente per sfogliare

Tirare fuori la ciotola dal frigo e lasciarla rinvenire a temperatura ambiente per circa un'ora (l'impasto durante la notte dovrebbe essere lievitato al raddoppio).
Unire all'impasto precedente le uova, lo zucchero, la farina, il sale ed i semi della vaniglia (incidere la stecca per il lungo con un coltello affilato e schiacciare col dorso della lama per estrarre i semini).
Lavorare e battere bene come nel primo impasto.
Trasferire poi l'impasto in una ciotola unta di burro e lasciare lievitare coperto e in luogo tiepido per circa un'ora e mezza (o fino al raddoppio, a me ci sono volute due ore abbondanti).
Poi mettere la ciotola in frigo per 30/40 minuti.

facendo pandoro-making pandoro


Sulla spianatoia leggermente infarinata stendere la pasta in un quadrato e mettere al centro il burro, schiacciando i pezzetti tra le dita, lasciando un bordo di 3 centimetri. Richiudere gli angoli della pasta verso il centro coprendo il burro.

Prima piega: spianare delicatamente la pasta in un rettangolo e poi ripiegarla in tre, come per la pasta sfoglia. Rimettere la pasta in frigo, coperta con pellicola, e lasciare riposare 20 minuti.
Seconda piega: come la prima, più il riposo.
Terza piega: come la prima, più il riposo.

Dopo l'ultimo riposo, ungersi leggermente le mani col burro e formare una palla con l'impasto, ruotandolo sul piano di lavoro con le mani e nello stesso momento inserendo i bordi sotto.
Sistemare la palla nello stampo precedentemente preparato con la parte rotonda e liscia sul fondo dello stampo (per capirci, la parte che toccava il piano di lavoro con i lembi della pasta incalzati va rivolta verso l'alto).


facendo pandoro-making pandoro


Lasciare lievitare in luogo tiepido e coperto (una pentola alta messa sopra andrà benissimo) fino a quando il pandoro arriva al bordo dello stampo, o meglio lo supera di qualche centimetro (ci sono volute 5/6 ore).
Cuocere a 170° per 15 minuti, poi abbassare a 160° per altri 10 minuti, ma è sempre meglio regolarsi con la prova stecchino, a me infatti ci sono voluti 10 minuti ancora (nella parte più bassa del forno perchè il pandoro gonfierà ancora, fino a toccare la griglia superiore; eventualmente proteggere con un foglio di alluminio dopo una buona coloritura). 
Il pandoro (come ogni altro lievitato) è cotto quando al cuore raggiunge la temperatura di 95°; quindi se avete un termometro da cucina, usatelo!
Sformare appena possibile, ma non subito altrimenti il peso del pandoro lo farà accasciare sulla base, e spolverare di abbondante zucchero a velo.


pandorini-mini pandoro


Si conserva per qualche giorno in un sacchetto per alimenti ben chiuso, riscaldandolo appena un paio di minuti in forno per far riprendere cremosità al burro.
Per conservarlo più a lungo si può congelare una volta raffreddato bene (riparato bene che non prenda altri odori dal freezer), poi si scongela a temperatura ambiente e si riscalda necessariamente qualche minuto in forno per far riprendere cremosità al burro.



365 giorni di festa per celebrare le glorie della nostra cucina: 
la più famosa, la più bella (e buona) del mondo!
La festa del cibo che si rinnova ogni giorno,
attraverso la celebrazione dei piatti e dei prodotti che hanno reso unica la cucina italiana,
in Italia e nel mondo.

14 dicembre 2017

L'Avvento dei Trifle per l'MTC - Orange Big Fat Tipsy Trifle


Non poteva che chiudere in gran bellezza e con un trionfo di dolcezze l'annata 2017 del Club del 27, che proseguirà nell'anno nuovo rifacendosi trucco e parrucco, ancora non è dato a sapersi come, sicuramente alla moda VanPelttiana.
Mancavo da qualche tempo, ma questo (recente) tema del mese dedicato ai Trifle non potevo perdermelo, non avendone mai fatto uno prima. Anche se, a onor del vero, anche il nostro più classico Tiramisù potrebbe onorarsi di cotanta dicitura so British, essendo un dolce cremoso freddo a più strati. L'imperativo, però, che distingue un Trifle è la coppa trasparente, solitamente svasata verso l'alto, che lo contiene, perchè ci deve essere anche una soddisfazione visiva, oltre che gustativa. E forse anche per quesito è un dolce che caratterizza il Natale, così godurioso e opulento.
E nel post odierno dell'Mtchallenge sono raccolti tutti i Trifle della Club del 27 che hanno partecipato questo mese, perchè diciamolo, è stato un Avvento eccezionale!


My Orange Big Fat Tipsy Trifle
(ricetta di Lorraine Pascal)

orange big fat tipsy trifle


Ingredienti per 10 persone:

2 Madeira cake pronti *
150 ml di liquore all’amaretto o Cognac (Orange Stock 84)
800 g di fragole abbastanza piccole pulite e tagliate a metà per il lungo (4/5 arance non trattate)
250 g di amaretti secchi sbriciolati fini 
qualche goccia di estratto alla vaniglia 
100 g di zucchero a velo setacciato 
900 ml di double cream **
200 g di cioccolato bianco grattugia


* ricetta a seguire

** in Italia non esiste e la panna da montare è troppo liquida, 
meglio usare matà mascarpone (a temperatura ambiente) e metà panna



orange big fat tipsy trifle



Per la mia coppa alta 14 cm e di diametro 14 cm ho dimezzato le dosi.

Tagliare la torta a fette spesse circa mezzo centimetro ed eliminare la crosta. Ricoprire il fondo della coppa con alcune fettine facendo attenzione che non si sovrappongano e non restino buchi.
Bagnare con un il liquore; se si preferisce un gusto più neutro si può fare uno sciroppo di zucchero aromatizzato al limone o all'arancia, oppure allungare il liquore con un terzo o metà di sciroppo di zucchero (personalmente faccio anche sobbollire un minuto il liquore in modo che evapori parte della nota alcolica).


facendo orange big fat tipsy trifle


Sistemare le mezze fragole in piedi intorno al bordo in modo che il taglio sia a contatto del vetro, scegliendole più o meno della stessa misura. Per la coppa con le arance: tagliare le arance a fette abbastanza fini (massimo mezzo centimetro) lasciando la buccia e poi tagliarle a metà per avere delle mezzelune. Cospargere di amaretti.
Mescolare panna, mascarpone, zucchero a velo e vaniglia fino ad avere un composto cremoso liscio e non troppo denso, eventualmente ammorbidire con un goccio di latte.
Con un terzo della crema fare uno strato che copra amaretti e fragole e appiattire con la lama di un coltello. Spolverare con il cioccolato bianco grattugiato.
Ripetere gli strati di frutta, torta, amaretti, crema, cioccolato altre 2 volte e terminate con uno strato di fragole (nel mio caso ho messo delle meringhe sbriciolate).
Mano a mano che si procede con gli strati, pulire bene il vetro da eventuali schizzi e gocce di crema usando un pezzo di carta da cucina inumidito.
Conservare in frigo fino al momento di servire. 
Per la coppa alle arance, servire con una macedonia di agrumi a parte.

Qui la ricetta originale.


orange big fat tipsy trifle


Con gli scarti delle arance, uniti a un pezzetto di cannella, un paio di chiodi di garofano, qualche bacca di pepe, un anice stellato e degli aghi di pino  si può fare un bouquet profuma ambienti da mettere a sobbollire in una casseruola con abbondante acqua.




Madeira Cake
(di Nigella Lawson)


madeira cake


 Ingredienti:

200/240 g di burro ammorbidito200 g di zucchero più 2 cucchiai
succo e buccia grattugiata di un limone o arancia non trattati
3 uova grandi (circa 200 g pesate con il guscio)
250 g di farina auto lievitante
50 g di farina 00
stampo rettangolare da plum cake 25 x 10 x 6 
(ben imburrato e infarinato o rivestito di carta forno)
 

Battere burro e zucchero fino ad avere un composto spumoso; unire la scorza di limone/arancia grattugiata.Aggiungere le uova una per volta insieme a qualche cucchiaio di farina 00, facendo assorbire bene prima di aggiungere il successivo.
Unire poi delicatamente tutto il resto della farina e per ultimo il succo del limone/arancia, battete bene fino ad avere un composto uniforme
Versare nello stampo, battere per togliere eventuali bolle di aria e spolverare la superficie con i due cucchiai di zucchero.
Infornare a 170° per circa un’ora, finché lo stecchino uscirà asciutto.
Fare raffreddare prima di sformare.



10 dicembre 2017

La Colatura di Alici di Cetara, questa non più sconosciuta


Ho accettato con entusiasmo il blog tour organizzato dal Calendario del Cibo Italiano a Cetara (Sa) ai primi del mese per due imprescindibili motivi. Il primo è il legame affettivo e indissolubile che mi sposa a queste terre campane, che frequento da quando ero piccola, ed ogni scusa è buona per ritornarci e una gioia poter assaporare di fatto la gioviale spontaneità dei suoi abitanti; il secondo, forse più importante, è non aver mai assaggiato prima la famosa Colatura di Alici.
Quindi, come prendere due piccioni con una fava: avrei fatto il pieno di napoletanità verace ed energia positiva per concludere più in forma l'anno in corso e avrei esaudito sul campo la curiosità e golosità di food blogger (se tale volete chiamarmi :-)).
Sono stati giorni intensi, in tutti i sensi: partendo dal meteo, che ci ha sfortunatamente regalato tanta pioggia in ogni momento, a parte uno sprazzo di sole e arcobaleno giusto durante la maratona cuciniera negli abissi dell'hotel Cetus (ma di questo ne parlerò a parte); passando attraverso le visite aromaticamente robuste di produttori di alici e colatura (terminando la giornata, fortunatamente, con i profumi agrumati di liquori e delizie della Costiera di AgroCetus); concludendo la domenica con gli scorci bagnati, ma non per questo meno suggestivi, di questo borgo marinaro ai confini della Costiera Amalfitana.



Si potrebbe leggere la storia della Colatura, le sue origini e come si fa per ottenerla dal sito di Amici delle alici, l'Associazione cetarese nata per valorizzare, difendere e promuovere questo prezioso liquido ambrato (a cui si deve, inoltre, la perseveranza nell'intraprendere la strada per la DOP), oppure sul sito di qualche produttore sempre Amico delle alici, come Iasa, Delfino o Nettuno, che abbiamo avuto il piacere di visitare.







Ma è dalle parole di Giulio Giordano, Giulio Nettuno da noi soprannominato, che vorrei la ascoltaste.
Mi sono sentita subito attratta da quest'uomo, dalla sua accoglienza familiare, dalla sua parlata, dall'intonazione della sua voce: pura poesia lessicale, lo si poteva ascoltare anche ad occhi chiusi e vedere comunque impresse le sue mani che toccavano le alici, i terzigni, le pietre marinare, come da anni ripete senza stancarsi mai. E vivere con lui in quei pochi minuti le stesse emozioni che prova nel sistemare le acciughe, spargere il sale, coprire, aspettare con infinita pazienza (e tante coccole e attenzioni) la trasformazione in elisir pregiato, culminando nel momento più atteso dell'anno da tutta la borgata, la spillatura finale, che regalerà il nettare ambrato così tanto atteso e che vedrà la sua miglior interpretazione nei tradizionali Spaghetti alla Colatura della Vigilia.

Assaporate questo racconto, non perdete neanche una parola di Giulio Nettuno, che ci regala anche una doppia sorpresa finale: il piacere mio nel registrarlo raddoppierà quando anche altri ne potranno godere. E non ascoltate chi dice di conservare in frigorifero la bottiglia di Colatura aperta: si mantiene in dispensa, avendo l'accortezza di tapparla con uno spicchio di aglio o un ciuffo di origano secco, parola di Giulio!

Questa è la gente di Cetara, tanto semplice quanto altrettanto fascinosa, dalle mani esperte e rapide sempre immerse in quintalate di alici, pregne del loro odore pungente, e mai stanche, pronte a ricominciare ad ogni nuova primavera, per una nuova Colatura.






Scapezzatura: operazione manuale effettuata alle alici appena pescate, che vengono deapitate ed eviscerate per essere poi sistemate nel terzigno.
Terzigno: il contenitore in legno per le alici, chiamato così perchè grande quanto la terza parte di una botte.
Tompagno: coperchio di legno che chiude il terzigno, sul quale viene appoggiata una pietra marinara.
Vriale: attrezzo appuntito usato per praticare il foro sotto al terzigno dal quale uscirà la colatura.



Senza titolo


E nel presepe settecentesco della Chiesa di San Pietro Apostolo di Cetara 
non poteva mancare la statuina di Giulio Nettuno mentre spilla la colatura dal suo terzigno.


I miei compagni di Colatura:


29 novembre 2017

I 100 menù di Veronelli: "La porca figura" per il Calendario del Cibo Italiano


A Luigi Veronelli (1926 - 2004), gastronomo, enologo, scrittore, giornalista, appassionato di cibo e di vita, figura predominante nel secolo scorso nella valorizzazione e nella diffusione del patrimonio enogastronomico italiano, è oggi dedicata la Giornata Nazionale nel Calendario del Cibo Italiano.

immagine dal web

A lui si deve la raccolta “I cento menù”, del 1981, in cui elenca con dovizia di spiegazioni 100 menù per ogni occasione, dai pranzi in famiglia alle cene importanti, curandone personalmente anche la prefazione:
“4-500 ricette suppergiù, ciascuna studiata con puntuale proposito di compiacere te, amica lettrice (o lettore, se hai l’innocente stravaganza di “costituirti” in cucina), già al momento in cui ti accingi al paziente e secolare lavoro dei fornelli. Compiacere, ossia fare cosa gradita, o meglio, ci dice il dizionario, “soddisfare volentieri e con cortesia il tuo desiderio di cibi e vini veri”. Veri. Io credo che l’attuale passione culinaria sia il modo di affermare, anche nelle esigenze primarie del vitto, la volontà del ritorno contadino. Vogliamo cibi e vini veri, ossia puliti, così come vogliamo il cielo, il mare, la montagna, le campagne, i boschi, alla fin fine: la natura, puliti”.

Ecco un menù che in redazione abbiamo definito da porca figura, perchè unisce la delicatezza e piacevolezza di gustare saporiti gusci di conchiglie nostrane (leccandosi anche le dita, ci sta :-)) all'aristocratica so British fantasia culinaria del più classico e intramontabile roast beef.
Contorni leggeri e frutta di stagione per non appesantire :-))


Buon Appetito!


Menu  38 

Zuppa di vongole veraci 
oppure Spaghetti con le vongole
Roast beef
Insalata di barbabietole
Frutta fresca di stagione
 


menu 38



Oggi mi sono posto il compito "frutti di mare". Ne ho tuttavia voluto trarre  un menu facile e, allo stesso tempo, prestigioso. Non dico che tu possa ora ricevere lo scià di Persia (eventualità fortunatamente remota); sì, chiunque altro. Farai con piatti classici e facili, ecellente figura. Coi vini, non c'è scelta: un bianco, secco e vivace, e un rosso, austero ed elegante. Tra i bianchi ti consiglio, a titolo di esempio, l'Ansonica del Giglio, dell'annata, servito a 8-10°C; tra i rossi un Carmignano Artimino, di 4-5 anni, servito a 18°C.


Dosi per 6 persone



Zuppa di vongole veraci

Tempo occorrente: 45'
 Difficoltà: x


zuppa vongole veraci



Ingredienti:
2 chili di vongole veraci, sciacquate con cura in acqua fredda corrente. 2 grossi spicchi d'aglio schiacciati. Un decilitro di olio d'oliva di frantoio. Un buon decilitro di vino bianco secco. Fettine di pane raffermo dorate in olio d'oliva di frantoio. Un bel ciuffo di prezzemolo tritato. Pepe nero macinato al momento.

In una casseruola metto gli spicchi d'aglio e l'olio, non appena l'aglio imbiondisce verso il vino e lo faccio ridurre di 4/5. Aggiungo le vongole; le condisco con un buon pizzico di pepe; a fiamma viva scuoto, di tanto in tanto, la casseruola per far saltellare le vongole in maniera che le conchiglie si aprano bene e "caccino" l'acqua di mare che contengono, elimino gli spicchi d'aglio. Dispongo sul fondo di 6 fondine calde le fettine di pane, le ricopro con le vongole e il loro liquido di cottura, filtrato attraverso un panno a trama fine, vi spruzzo il prezzemolo.
Subito servo caldissimo.




Roast beef

Tempo occorrente: 40'
Difficoltà: x
Temperatura del forno: 180°C


roast beef



Ingredienti:
Un chilo di roast beef. Il burro necessario. Un poco di sugo di carne. Sale. Pepe nero, macinato al momento.

Condisco il roast beef con sale e pepe, stesi su tutto il pezzo di carne con le mani; lo lego con uno spaghino per mantenerlo in forma durante la cottura; lo ungo di burro (gli inglesi usano il grasso di rognone e - per quanto riguarda il roast beef - sanno il fatto loro). Passo il roast beef in forno caldo, su una griglietta, a calore molto vivo, lo cospargo sovente di burro (o di grasso di rognone). Durante la cottura non lo devo mai pungere con un forchetta, ma solo quando si ritiene sia in fine di cottura: è infatti cotto quando, pungendolo, ne esce qualche goccia di sangue rosato, e il roast beef è dorato all'esterno, rosa quasi rosso all'interno. Tolgo il roast beef dal forno; elimino lo spaghino, lo taglio a fette; le accomodo su un piatto da portata. Subito servo, passando a parte il suo fondo, sgrassato e completato con un poco di sugo di carne e, se piace, un piattino di rafano grattugiato, e accompagnandolo con patatine arrosto. Il taglio classico del roast beef è lo scannello, parte interna della coscia a contatto col controgirello e attaccata al girello; viene però in genere tagliato nella parte posteriore della lombata o anche sopra i lombi, da una parte e dall'altra della schiena. Per la sua cottura, è preferibile lo spiedo. Se in forno, non sia a contatto col fondo della teglia, ma su una griglietta o sollevato con qualsiasi altro mezzo.


 
Insalata di barbabietole

Tempo occorrente: 30' (più il tempo per lasciare riposare la preparazione)
Difficoltà: x


insalata di barbabietole



Ingredienti:
2 barbabietole, non troppo grosse, cotte al forno, pelate e tagliate a fettine. 2 cipolline affetttate fini. Un trito finissimo composto da: una foglia di alloro, 1-2 chiodi di garofano e un pizzico di timo. Aceto di vino rosso. Olio d'oliva di frantoio. Sale. Pepe nero macinato al momento.

In una ciotola metto il sale, il pepe e il trito di alloro, chiodi di garofano e timo; lo sciolgo con un poco di aceto; verso l'olio  necessario e lo emulsiono bene. Unisco le barbabietole e le cipolline; mescolo con cura. Lascio insaporire una mezz'oretta prima di servire.




365 giorni di festa per celebrare le glorie della nostra cucina: 
la più famosa, la più bella (e buona) del mondo!
La festa del cibo che si rinnova ogni giorno,
attraverso la celebrazione dei piatti e dei prodotti che hanno reso unica la cucina italiana,
in Italia e nel mondo.

27 novembre 2017

Il Pane dolce del Sabato per un dolce arrivederci


Il Pane dolce del Sabato, o dello Shabbat come viene comunemente chiamato, è un pane della tradizione ebraica, proposto a suo tempo da Eleonora nella sfida Mtchallenge di qualche anno fa. Dalla forma intrecciata e sovente ricoperta di semi croccanti, si gusta per la merenda o la colazione ed è reso ancora più gradevole e profumato (già mentre cuoce) dal ripieno che ogni volta può essere diverso, utilizzando frutta secca o fresca, marmellate, confetture e/o composte, spezie ed erbe aromatiche, cioccolato fondente o cacao amaro, miele, sciroppi zuccherosi, acque profumate e creme vegetali, rispettando la regla fondamentale di non utilizzare nessun prodotto caseario o suo derivato o ingredienti che ne possano trovare traccia.


pane dolce dello shabbat



Oggi sarà un tripudio di Pani dolci dello Shabbat nella Community di MTChallenge, un abbraccio immenso, treccioso e stritoloso che attraverserà le nostre cucine e quelle di Eleonora e Micol per arrivare fortemente a quella seconda stella a sinistra che lassù brilla più di ogni altra e che ancora, semi imperiosa, riuscirà a faci ridere e sorridere ad ogni sfida, che sicuramente saprà condurre le sue donne e i suoi cari a ritrovare nel tempo quella serenità momentaneamente ancora scossa (ma non perduta), che per sempre avrà un posto speciale nei nostri cuori, per quel poco o tanto che abbiamo condiviso insieme. Ciao Michael, che tu sia ancora e sempre il nostro Doc.

Non sono lontano… ritroverai il mio cuore,
ne ritroverai la tenerezza purificata… il tuo sorriso è la mia pace.

(Sant'Agostino)

pane dolce dello shabbat
Ed è proprio di Sabato che l'abbiamo gustata a colazione.


Per due trecce ripiene:

500 g di farina 0
2 uova medie
100 g di zucchero
20 g di lievito di birra
125 ml di acqua tiepida
125 ml di olio extra vergine d'oliva
10 g di sale
100 g di uva passa *
un tuorlo d'uovo
un cucchiaio di acqua
semi di sesamo e papavero

* per me un mix di datteri Medjoul, uvetta jumbo, 
albicocche secche e scorze di arancia candita tritate


Setacciare la farina.
Sciogliere il lievito nell'acqua tiepida insieme a un cucchiaino di zucchero e far riposare una decina di minuti fino a far formare una schiuma. Mischiare la farina e lo zucchero e versarci il lievito e cominciare ad impastare, unire il sale e versare poi l'olio e per ultimo le uova, uno per volta e leggermente battuto, fino alla loro completa incorporazione. Lavorare a velocità bassa/media fino a incordatura completa, l'impasto dovrebbe staccarsi perfettamente dalla ciotola lasciandola pulita. Non avere fretta e, se necessario, dare anche una lavorata a mano.
Lasciar lievitare per almeno due ore, dovrebbe quasi raddoppiare, in luogo riparato; sgonfiare l'impasto e tagliarlo in due parti uguali, ognuna delle quali divisa ancora in tre.


facendo pane dolce dello shabbat



Stendere su un piano infarinato un pezzo di impasto alla volta in un rettangolo di circa 35x15 cm e cospargere ogni striscia col ripieno.
Arrotolarle poi nel senso del lato lungo per ottenere tre salsicciotti. Disporli sulla spianatoia sovrapposti al centro e intrecciare prima da un lato e poi dall'altro (partendo dal centro la treccia verrà più omogenea); sigillare gli estremi.
Ripetere l'operazione anche per la seconda treccia. Adagiare le trecce su una placca da forno ricoperta di carta forno. Lasciare lievitare ancora due ore almeno in luogo riparato, fin quasi al raddoppio.
Sbattere il tuorlo d'uovo con un cucchiaio di acqua e spennellarlo sulla superficie; spolverare di semi di sesamo o papavero.
Infornare in forno già caldo e statico a 200°C per circa 15-20 minuti, se colora troppo in superficie coprire con un foglio di alluminio; le trecce sono cotte quando al cuore raggiungono la temperatura di 92/93°.


pane dolce dello shabbat


22 novembre 2017

Macedonia di verdure caramellate con gelato all'olio extravergine di oliva del Garda


E' dall'inizio di Ottobre che il Calendario del Cibo Italiano collabora con la trasmissione Popogusto in onda su Radio Popolare il sabato mattina dalle 12.20 alle 13.00: a turno un blogger della Community, infatti, è presente al mercato o in diretta telefonica per dare una ricetta sana e gustosa in cui l’ingrediente protagonista della giornata la fa da padrone. 
Basterà sintonizzarsi su Radio Popolare per seguire la trasmissione e scoprire la ricetta del giorno, ma soprattutto i preziosi suggerimenti del Professor Giorgio Donegani (nutrizionista); per chi impossibilitato nessun problema, sul sito del Calendario cliccando sul banner Il sabato del mercato si aprirà la pagina dedicata a questa iniziativa con tutte le ricette e le trasmissioni andate in onda.
Per chi fosse nei paraggi, Popogusto (mercato milanese a base di cibi a filiera corta a cadenza settimanale, il sabato dalle 9 alle 15) si svolge nei Chiostri dell'Umanitaria, in via San Barnaba 46.

Il prossimo sabato 25 novembre si parlerà di Olio extravergine di Oliva, nostro principale condimento e Re indiscusso della cucina italiana. 
Abito sul lago di Garda, sponda veronese, e l'olio prodotto in questa zona è una delle primarie eccellenze del territorio.

L’olio Extra Vergine di Oliva Garda DOP si distingue per il sapore naturalmente delicato e per la sua eleganza. All’assaggio si riconosce per l’armonia delle sue note organolettiche e per gli aromi leggeri  ed equilibrati: i profumi di erba fresca, erbe aromatiche, fieno e carciofo, uniti al tipico retrogusto di mandorla, lo rendono unico.
Le olive destinate alla produzione dell’olio extravergine di oliva a Denominazione di Origine Protetta “Garda” provengono dai territori olivati delle province di Brescia, Verona, Mantova e Trento.
Le cultivar più diffuse sono Casaliva, Frantoio e Leccino. Al consumo l’olio Garda DOP presenta le seguenti caratteristiche:
colore dal verde al giallo più o meno intensi
odore fruttato medio o leggero
sapore fruttato, note di dolce e un retrogusto tipico di mandorla.
Acidità massima in acido oleico 0.5%
(da Consorzio di Tutela Olio Extravergine di Oliva Garda DOP)

Una cosa insolita farlo diventare l'ingrediente principale di un gelato, che potrà accompagnare insalate crude o ripassate in padella, come questa che vi propongo, con verdure colorate di stagione, per fare un pieno di allegria e vitalità anche nelle tipiche giornate uggiose invernali.


macedonia di verdure caramellate con gelato all'olio


Per la macedonia di verdure:

zucca mantovana o marina di Chioggia
broccolo romanesco
broccolo verde
cavolfiore bianco, arancione e viola *
carote
sedano
finocchio
sedano rapa
radicchio rosso, facoltativo
cipolla di Tropea, facoltativa
anacardi o noci
chicchi di melograno
olio extravergine di oliva
zucchero o miele
un limone non trattato
foglioline di timo al limone
sale
pepe di Timut


* Il primo cavolfiore arancione fu trovato per caso 40 anni fa da un contadino canadese in mezzo ad un campo di caviolfiori bianchi. Da allora, in seguito ad incroci e mutazioni naturali seguite dai ricercatori della Cornell University di New York, se ne è ottenuta una varietà stabile, che contiene 25 volte più beta-caroteni (precursori della vitamina A), donando il colore caratteristico.

Il cavolfiore viola, invece, è un incrocio tra il broccolo e il cavolfiore comune. Una varietà frequente sui banchi dei mercati è il Violetto di Sicilia, coltivato principalmente in questa regione. Il suo colore è dovuto alla presenza massiccia di antociani (responsabili della colorazione blu/rosso/violetta di frutta e verdura).


verdure invernali


La scelta e la quantità delle verdure sono a piacere; riguardo la cipolla, si può cercare di affievolire ulteriormente il sapore mettendola a bagno in una ciotola con acqua appena tiepida e un goccio di aceto (anche di mele).
La zucca si può usare tranquillamente con la buccia, è edibile; dei broccoli e cavolfiori si usano solo le cimette; eventuali scarti si riutilizzano per una zuppa.


macedonia di verdure caramellate



Affettare finemente la zucca (privata di semi e filamenti), il finocchio, la cipolla, il radicchio; dividere a piccole cimette i cavoli e il broccolo; tagliar il sedano rapa a bastoncini e la carota a rondelle fini.
In un padella versare un giro abbondante di olio e mezzo/un cucchiaio di zucchero o miele (ottimo quello di carota selvatica o di timo o di tarassaco). Unire le verdure, partendo dal sedano rapa, a seguire zucca, finocchio, sedano, cipolla, per ultimi le cimette dei broccoli e il radicchio. Spadellare velocemente, se fosse necessario unire ancora un goccio di olio, salare e pepare, insaporire con poco succo di limone, cospargere con noci o anacardi tagliuzzati grossolanamente e qualche fogliolina di timo al limone.
Le verdure devono rimanere croccanti, è questione veramente di pochi minuti.
Lasciare intiepidire e servire col gelato, guarnendo con scorza di limone grattugiata (dimenticata).




GELATO ALL'OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA


Questo è un gelato strano ma coinvolgente, dal sapore penetrante appena fatto, ma se lasciato riposare nel freezer qualche giorno si affievolisce e si addolcisce.
Meglio usare un olio gentile e delicato, perfetto quello del Garda D.O.P.
Da un'idea del Mastro Gelataio Palmiro Bruschi.



gelato all'olio extravergine


Per il gelato: 

500 g di latte intero
100 g di olio extravergine delicato
100 g di zucchero
timo al limone
5 g di sale grosso *

* di Cervia o Fleur de Sel

Scaldare il latte con lo zucchero e il sale e scioglierli bene; unire qualche rametto di timo e lasciare in infusione qualche ora, meglio se tutta la notte.
Filtrare ed unire l'olio. Amalgamare con un minipimer e trasferire nella macchina del gelato per il tempo sufficiente a mantecarsi. Conservare in freezer.
In mancanza della gelatiera, si può riporre il composto direttamente nel freezer (o in abbattitore) e mantecarlo con una spatola ogni 30/45 minuti, fino a completo rassodamento.

Può essere anche da accompagnamento ad un'insalata di polpo.


 https://www.calendariodelciboitaliano.it/popogusto-sabato-del-mercato/

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