28 novembre 2007

Ieri sera a teatro...

Serata mozzafiato e da brivido anche dopo 30 anni dall'esordio del film!

PROFONDO ROSSO il musical

Da uno dei più celebri thriller della storia del cinema nasce un nuovo musical con la supervisione artistica di Dario Argento.
Suspance, emozioni, colpi di scena, tutti gli elementi del thriller mescolati alla musica di un altro specialista del brivido: Claudio Simonetti.
La riduzione teatrale è di Marco Daverio che ha riadattato la sceneggiatura trasportandola in una dimensione drammatica e surreale, con momenti fantastici arricchiti da scene spettacolari, costumi, effetti luce e balletti coreografati da Stefano Bontempi. Il tutto ispirato al teatro francese del Grand Guignol. La regia è di Marco Calindri.
Protagonista Michel Altieri, 29 anni, star del musical scoperto dal maestro Pavarotti, vincitore di numerosi premi internazionali tra cui il Massimini e il Theatre Award. Definito dalla critica talento multiforme tra prosa e musical già protagonista di Rent, Il ritratto di Dorian Gray e Promessi Sposi.
Al suo fianco Silvia Specchio, performer di musical come Giovanna d'Arco, La Febbre del sabato sera e Cantando sotto la pioggia. Ballerina e cantante di grande esperienza interpreterà il ruolo di Gianna che nel film originale era di Daria Nicolodi.
Entusiasmo da parte di Dario Argento che ha concesso i diritti per l’adattamento teatrale riservandosi una supervisione artistica. Un tributo ad un grande maestro italiano ricordato anche nel recente festival di Cannes e che vedrà l’uscita della sua nuova opera: il film “La terza madre” che chiude la trilogia iniziata con “Suspiria” ed “Inferno”.
“Ho sempre desiderato riportare all’attenzione del teatro il genere del Grand Guignol ” così ha spiegato Argento all’autore della riduzione teatrale.
“Profondo Rosso” si presta in modo particolare a questa operazione. Il film infatti contiene molti riferimenti al Grand Guignol: delitti raccapriccianti, la medium, il movente psicologico, il flash back, la decapitazione, il pupazzo che ride...
Il Teatro del Grand Guignol, ricavato da una chiesa sconsacrata e inizialmente adibito a spettacoli con marionette, fu fondato a fine ‘800 da Oscar Metenier e divenne in breve una delle attrazioni più viste nella Parigi degli anni ‘20. Nelle guide turistiche era indicata come la terza tappa in ordine di importanza dopo il Louvre e la Torre Eiffel. Gli spettacoli teatrali messi in scena al Grand Guignol possono considerarsi i precursori del cinema thriller e horror, con vicende misteriose, ricche di momenti cruenti e di suspance, spesso ispirate a fatti di cronaca nera realmente accaduti. In scena venivano usati trucchi straordinari per rappresentare davanti agli spettatori inorriditi i delitti più efferati: accoltellamenti, decapitazioni, ustioni, volti sfigurati col vetriolo... Le storie raccontavano di assassini psicopatici, maniaci sessuali, torbidi affari. Il successo fu enorme e durò sino agli anni ‘60 quando il Teatro del Grand Guignol chiuse i battenti a causa della concorrenza con le sale cinematografiche. Proprio al cinema dell'orrore si imputa la responsabilità per la chiusura del teatro. Eppure tra le sue opere rappresentate ci furono riduzioni teatrali di grandi film horror e thrilling.
L'idea di trasformare "Profondo Rosso" in un moderno classico del Grand Guignol vuole ripercorrere questa strada . Già nel 1925 Andrè de Lorde aveva adattato il film "Il gabinetto del dottor Caligari" diretto nel 1919 da Robert Wiene, un capolavoro dell'espressionismo tedesco. L'allestimento fu un grande successo e divenne un classico del Grand Guignol tornando in cartellone stagione dopo stagione fino al 1950. Gli spettatori erano così spaventati che i malori e gli svenimenti erano frequentissimi, obbligando il direttore del teatro a ricorrere alla presenza fissa di un medico tra il pubblico (probabile precursore del nostro medico di sala).
Un altro elemento fondamentale del film di Dario Argento è la musica che tanto ha contribuito al successo della pellicola. Composta in parte da Gaslini e in parte dai Goblin di cui faceva parte il maestro Claudio Simonetti. Un momento esemplare di perfetta simbiosi tra immagine e colonna sonora. E’ impossibile ancora oggi separare il film Profondo Rosso dal celebre motivo che lo accompagna. Per questo la trasposizione teatrale non poteva prescindere dalla musica. Da qui l’idea di farne un musical usando sia i motivi più celebri della colonna sonora originale sia musica composta per l’occasione sempre da Claudio Simonetti.
Il cinema horror e di suspance ha decretato la fine del Grand Guignol; un thriller cinematografico trasposto in scena potrebbe ora ridargli vita.
Il cerchio si chiude.
“Profondo Rosso il musical” si presenta come uno dei lavori più curiosi ed interessanti di questa nuova stagione teatrale, ha debuttato il 7 ottobre al Teatro Coccia di Novara e toccherà i principali teatri italiani.

Due ore e mezzo di spettacolo con un breve intervallo che ci hanno saputo far rivivere il fascino misterioso e diabolico del film di Dario Argento.
Musica molto coinvolgente, arrangiamenti estrosi e divertenti, come il Minuetto e il Tip Tap, che ammorbidiscono un pò la scena, tutta nera "argentante" e grondante di spiriti delle tenebre.
Unica nota dolente: la canzone romantica di Silvia, nel secondo tempo, che secondo me un pò stonava nel quadro così drammatico e surreale, sembrava uscita da un film di Walt Disney, mi è venuta subito in mente Belle e la Sirenetta.
A me è piaciuto, ma la critica sull'Arena non è stata molto entusiasta:

Impresa ardua tradurre in musical un giallo-horror
"Profondo rosso" non ha la potenza del film
di Simone Azzoni

Difficile inquadrare questo Profondo rosso. C’era attesa per lo spettacolo, c’era "l’autorizzazione a procedere" arrivata nientedimeno che dal maestro che firmò la regia nel '75. Non vorremmo che il nodo fosse proprio il placet di Dario Argento ad una operazione che, assieme alla recentissima biografia, ai fiumi di interviste e al film La terza madre nelle sale in questi giorni, contribuisce di fatto al rilancio mediatico del regista. Data per scontata l’ovvia difficoltà del confronto con il modello, essa diventa fatica se il genere scelto per tradurre un giallo-horror è il musical. Detto questo, sarebbe utile fare delle scelte: cosa sottolineare del film? le atmosfere? il mistero mistico-psichico? i turbamenti dell’inconscio? lo splatter sanguinolento? La drammaturgia del film è sicuramente pretesto e le modifiche del regista Marco Calindri vanno probabilmente nella direzione della loro rappresantibilità. Niente decapitazione finale del colpevole, niente omicidio del professore e soprattutto niente morte del povero Carlo, amico del detective e figlio dell’assassina. Il film è noto alla platea: cosa poteva aggiungere allora il musical? Gli stacchi dei balletti (con bautte simili a quelle del carnevale veneziano) o i monologhi di Michel Altieri e Silvia Specchio se presi come serie riflessioni sul tema della maschera e dell’assassinio sviliscono attori e autori. Il rosso del titolo si stempera poi in soluzioni scenografiche che puntano sullo specchio o sul rapporto proscenio-sfondo senza però isolare nei due luoghi uno specifico preciso (conscio ed inconscio). Ci resta l’omaggio ad Argento e la voglia di rivedere un film dove anche ciò che è datato trova sostegno nella coerenza.

27 novembre 2007

Pane toscano con pasta madre

Ecco un modo semplice per utilizzare la pasta madre e ottenere un pane casereccio naturale, imparato dalle mitiche sorelle Simili. Non servono particolari accorgimenti, solo una buona pasta madre. La mia mi è stata regalata da Lory, e devo dire che ha un ottimo profumo e un'ottima forza, nonostante le mie "dimenticanze" non si offende mai e lavora a pieno ritmo! Praticamente si rinfresca, si fa lievitare e si cuoce. E' il pane che le mitiche sorelle mettono sulla loro tavola tutti i giorni!


INGREDIENTI:

250gr. di pasta madre
250gr.di farina
125gr. di acqua
misto di farina e semola rimacinata per spolvero


 
Sminuzzate la pasta madre nell'acqua e impastate con la farina, nel ken oppure facendo la classica fontana sulla spianatoia. Date la forma a filone, disponetelo su carta forno (sopra a un canovaccio) spolverizzata di semola rimacinata, se preferite incidete leggermente la superficie con dei tagli trasversali, rispolverate di semola e chiudete a pacchetto con la carta forno e col canovaccio. Lasciate lievitare per almeno 4 ore. Con delicatezza, trasferite il pane con la carta forno sulla teglia e infornate a 200°. Dopo 5 minuti abbassate a 180° e cuocete per 30/40 minuti, dipende sempre dalla grandezza del pane, avendo l'accortezza di trasferire il pane direttamente sulla griglia del forno per gli ultimi 15 minuti, in modo che si cuocia e si asciughi bene anche nella parte inferiore.
Piccolo consiglio delle mitiche sorelle: quando si fanno i pani così a pagnotta, per mantenere la crosta croccante bisogna che tutta l'umidità fuoriesca in fretta...per cui, se il pane va mangiato quasi subito, una volta levato dal forno si aspetta un paio di minuti e poi si taglia a metà e si lascia raffreddare. Altrimenti l'umidità per uscire passa tutta dalla la crosta che inevitabilmente si ammolla. Oppure, se il pane va mangiato la sera ma è cotto la mattina, si lascia raffreddare intero, poi si rimette in forno 5/8 minuti a 180° prima di servirlo e la crosta ritorna croccante.
Si possono fare anche pagnotte più grandi, l'importante è mantenere sempre la proporzione tra pasta madre, farina e acqua come per un rinfresco: stessa quantità di pasta madre e farina, la metà di acqua.


 
Ecco i pani sfornati dalle Simili all'ultimo corso a cui ho partecipato, troppo buoni!!!


Ed ecco i pani da me sfornati per omaggiare delle amiche: mi ero curata la pasta madre per 3 giorni di fila per arrivare ad averne 5 kili!

Questa ricetta partecipa per la regione Toscana all'Abbecedario Culinario, organizzato dalla Trattoria Muvara.

24 novembre 2007

The River Cottage Multibird Roast

Un modo diverso e più elaborato di servire il tacchino!


RECIPE

You need a whole free range turkey (not a monster, 10-12 kilos is about right) and a whole goose (6-7kg). And then a selection of 8-10 smaller birds, all plucked and drawn (ie oven ready).

You don’t need all eight birds to be different – you could use, say, three pheasants and five pigeons. So choose from the following:
farmed duck
mallard
guinea fowl
chicken
pheasant
partridge
pigeon
woodcock

NOTE: Please DO NOT use very high or well-hung game birds, as they will contaminate the subtle flavours of the other birds.

For the stuffing, you need 1 kilo of fatty sausagemeat, 250g streaky bacon, 100g breadcrumbs, fresh sage, brandy, port and red wine. You can also add chestnuts and/or apples.

You also need some good butcher’s string and a darning needle.

Step one: Boning the turkey:

If you fancy your knife skills, you can try boning out the turkey yourself. You only need to remove the breast and back bone (ie the central skeletal frame of the bird). Leave the wings and drumsticks on, as they give vital balanceand structure to the roast, which would otherwise be an enormous round sausage!

You start by making a long straight cut down the back of the bird from the neck to the parsons nose. Then start to peel back the skin either side of the cut. Pop out the thigh joints from each side of the carcase and then use the point of a very sharp knife to cut the meat away from the back and breast, as close as possible to the bone. Do a little at a time, alternating from one side of the carcase to the other until you come to the ridge of the breast bone. This is where you have to be careful not cut through the skin, as you slice along the ridge, so that the whole main frame of the carcase is released. Carefully ease this out, nicking any little sinews that still connect it to the rest of the bird. You now have a big empty bag of a bird, albeit with legs, wings and breasts still attached. Think of it as a suitcase that needs filling, then stitching up.

Step 2: Preparing the other birds

Slice the breasts off all the other birds (again, you could ask a butcher to do this), as close to the breast bone as possible, to maximise the meat. Peel off the skin. Then put all the breasts to one side. Now take a small, sharp knife and cut as much worthwhile meat as you can from the legs, wings and the rest of the carcase. Trim or tear out any stringy looking sinews, and coarsely chop the meat. Put this chopped meat in a separate pile. Joint or tear up what’s left of the carcases, and place in a large roasting tin. Roast in a hot oven for 15 minutes. They’ll then make great stock, which can be strained, perked up with a good slosh of red wine, and reduced, by boiling hard, to a fantastic intense sauce (see making the gravy below).

Step 3: Making a forcemeat stuffing

A good stuffing, and plenty of it, is vital, to fill all the gaps between the breasts, and keep them all nicely lubricated. So, take at least a kilo of well-fatted coarsely ground free range pork (half shoulder meat, half belly is good). Finely chop 250grammes of unsmoked streaky bacon, and add that too. Add all the chopped meat from the other birds, 100 grammes of fresh breadcrumbs, 200 grammes each of chopped cooked chestnuts and chopped raw dessert apples (coxes are good). Add a slosh of brandy and port, and 100 ml of red wine. Season with 5-10 grammes of salt, plus black pepper, fresh chopped sage and a good pinch of mace.

Step 4: Rebuilding the bird

Lay the boned-out turkey breast side (and outside) down, inside facing up. Start by pressing a good layer of the stuffing around the inside of the bird. Now take the two largest breasts (ie from the goose), and place them roughly in the middle. Cover them with a bit more stuffing. From here on, there is no set pattern for arranging the remaining bird breasts and stuffing inside the boned out bird. You just have to feel your way, and do the best job you can.

When you feel like the bird is fairly well-stuffed, bring the two cut sides together over the stuffing, to see if they will come together nicely. In the end you need to be able to sew the two edges together (with strong butcher’s string and a stout darning needle) ideally with a nice overlapping blanket stitch. It should be fairly full and tight, but not bursting. So, assess how much more of the breasts and stuffing may be required…. and proceed accordingly.

When you have stitched up the bird, turn it over, breast up again, stitched back side down, and place it on its roasting tin. A certain amount of massaging may now be required to bring it to a nice shape, so the breast is again plump and rounded, and the legs and wings are standing out nice and symmetrical.

Step 5: Making the gravy

Place all the roasted carcases in a large stock pot with plenty of fresh stock veg and herbs (ideally carrots onions and celery, parsley stalks and bay leaves) cover with water, bring to the boil and simmer gently for at least 3 hours. Thoroughly strain the stock (first through a colander, then through a cloth, or muslin). Return to a clean pan,add a whole bottle of wine, and reduce by boiling hard, to an intense, lightly syrupy sauce. You can boost the gravy with the strained de-glazed juices from the roasting tray while the bird is resting. Season with a pinch of salt only at the very end.

Step 6: Cooking the bird

The biggest battle is to prevent the breast meat of the turkey drying out. So, smear the skin of the bird thickly with soft butter or, better still, rendered fat saved from the goose. Then cover the breast with streaky bacon, and wrap a single layer of giant tin foil over it. Place in a pre-heated oven at 200 C for a good hour. Then turn the temperature down to 150, and cook for another 4-6 hours, depending on the size of the bird. BY FAR the best, and safest way to test that the meat is done, is to stick a meat probe into the very centre of the roast. When the temperature reads 70 C, the roast is cooked. Baste the bird regularly throughout the cooking, and remove the foil for the last hour or so, to brown and crisp up the skin.

You may want to pour off some of the fat from the roasting tray several times during cooking. Transfer the bird to your carving tray, or board, and deglaze the remaining juices in the pan, and add to the gravy. The roast should rest for at least 20 minutes, while you fix the gravy and the rest of the trimmings.

Start by removing the legs of the bird. They should be completely tender and cooked through, and therefore easy to prise away from the rest of the carcase. You might need the carving knife just to slice through the ball and socket joint where the thighs meet the body of the bird.

Now the roast is effectively boneless, making for very east carving. But don’t try and slice too thinly, and cut at a slight angle across the bird. The first few slices will be more or less “turkey only”, which may suit some of your guests. More likely you will have to make a few slices before you come up with the crowd-pleasing slices that have a little bit of everything. It is, of course, part of the challenge, and the fun, of this dish, to try and make sure everyone gets to identify, and taste, the various meats that interest them most.

Step 7: Serving

Put a slice or two of the roast on a warmed plate and trickle over a little of the gravy. Then arrange the trimmings around the plate. Of course you already have plenty of meat, and the stuffing, so the extras we would suggest are some nice crisp roast potatoes, perhaps some roast parsnips too, some fresh, lightly cooked greens, such as kale, cabbage, or the beloved Brussels sprouts. Bread sauce is optional (but in my house, compulsory!).

...a breve la traduzione...

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23 novembre 2007

Il tacchino di Natale


 English recipe here

Da sempre festeggio il mio compleanno con una ricetta strepitosa che nel corso degli anni ho cercato di migliorare con l’esperienza... per soddisfare al meglio i miei ospiti che vengono “esclusivamente” per questo tacchino.


mr. turkey-guest star


E’ una pietanza che ben si addice al periodo in cui la offro, ma credetemi, ha fatto la sua bella figura anche in piena estate. E' particolarmente economica e, in taglia extralarge, soddisfa un gran numero di palati, per cui ideale per convivi numerosi.
Di seguito alcuni accorgimenti utili per la sua preparazione, soprattutto se volete impegnarvi con uno di taglia gigante.

L'hanno scorso ho superato ogni limite e ho preparato i due tacchini più grandi che avessi mai fatto: il maschio pesava 15,2 kg e la femmina 7,1 kg (aggiornamento: sono riuscita a cuocerne uno anche di 17,5 kg). Di solito la femmina ha la carne più tenera, ma se avete tanti ospiti e volete fare un figurone optate tranquillamente anche per il maschio… con due dritte riesce tenero come la sua sposa!
Personalmente acquisto le bestie una settimana prima dell’evento e le congelo, specialmente se sono maschi; in questo modo al momento di scongelarle la carne subirà una frollatura naturale. Bisogna avere l’accortezza di congelarle completamente pulite, ma di solito le vendono già così (private di tutte le interiora e ben spennate).

La prima cosa da fare è incidere la parte posteriore sporgente a triangolo (insomma, il didietro) dove c’è quella specie di tubicino centrale: incidere a destra e a sinistra per tirare fuori una ghiandolina di grasso giallina che potrebbe malinsaporire il tacchino (attraverso quel tubicino il tacchino preleva col becco il grasso prodotto da queste ghiandole e lo spalma sulle sue penne ungendole e rendendole impermeabili). Eliminare anche il tubicino centrale.


  


Se il nostro tacchino presenta grasso in eccesso all’entrata dell’apertura eliminiamo anche quello, non è detto che sia grasso buono (spesso i tacchini provengono da allevamenti dove in poco tempo raggiungono pesi e taglie fuori misura in rapporto all’età), se invece si tratta di una bestia ruspante… beh, c’è solo da inchinarsi a cotanta bontà!

Farcire il tacchino con il ripieno preferito (io lo faccio sempre alla frutta) e cucire bene con spago cerato o filo grosso da cucire.

Per la frutta di solito metto mele, pere, albicocche secche, uva secca jumbo, prugne denocciolate e datteri medjoul. Si mette a bagno la sera prima con del vino leggero (bianco, rosso o rosato), 2/3 cucchiai di zucchero (anche di canna), qualche pezzetto di cannella e qualche chiodo di garofano. L'indomani si scola, si tirano via gli aromi e si farcisce il tacchino. Cucire con ago e filo (dopo anni di fatica usandoi gli aghi da lana, che puntualmente diventavano scivolosi a contatto della pelle grassa del volatile, ho scoperto che si cuce molto bene con un ago da tappezziere) e, se necessario, non aver timore a schiacciare verso il buco il triangolo posteriore del tacchino, anche se magari scricchiola.



Leghiamo poi per bene il nostro tacchino con dello spago da cucina chiudendo le ali e incrociando le zampe, mettendoci dei rametti di rosmarino. Questa legatura ci faciliterà poi l’operazione di giratura del tacchino in cottura (specie se di taglia extralarge) in modo da non rovinarlo anche esteticamente.

Nel frattempo mettiamo un pentolino con un po’ di acqua e sale (fino o grosso) a bollire finchè sarà completamente sciolto e lasciamo raffreddare. Ci armiamo di una bella siringa con ago a buco grosso (e se lo trovate corto meglio ancora, in farmacia mi guardavano stralunati quando ho detto che dovevo punturare un tacchino; ora vendono delle siringhe apposta nei negozi di caasalinghi) perché il sale tende a bloccare il buco e proseguiamo con le punture.

Preleviamo una siringata di acqua e sale e con delicatezza introduciamo un paio di cc per volta nelle varie parti carnose del tacchino: petto, cosce, sopracosce; in questo modo si salerà perfettamente internamente in modo uniforme senza seccarlo ma mantenendolo morbido. Non abbiate paura nel siringare: per un tacchino di 15 kg ci vogliono una decina di punture nel petto (da 2 cc l'una) e altrettante per le altri parti del corpo! L’unica accortezza è di siringare piano con delicatezza, altrimenti fuoriesce tutto con un grande schizzo e ci ritroviamo poi la cucina a pois.
Questo sistema si salatura può andar bene anche con altri pezzi massicci di carne, per esempio se si volesse cuocere un prosciutto intero.

Ora il nostro tacchino  è pronto per essere infornato:basterà irrorare di olio extravergine di oliva la teglia, appoggiarcelo sopra e versare ancora olio sul busto e coprire con la carta alluminio.
Per quanto riguarda la cottura ho notato con l’esperienza che conviene cuocere il tacchino coperto con la stagnola da subito, se grande, tirandola via solo nell’ultima ora di cottura per dorarlo bene. Anni fa facevo il contrario, ma c’era sempre la possibilità che si crepasse subito la pelle e si sfilacciasse, scoprendo così la polpa che si seccava troppo. Questo accorgimento è validissimo soprattutto per la cottura nel forno a legna, dove è più difficile regolare la temperatura del forno. Sempre per la cottura nel forno a legna meglio mettere due mattoni sui cui appoggiare poi la teglia del tacchino altrimenti si rischia di bruciare la parte del tacchino a contatto diretto della pietra. Girare il tacchino almeno ogni tre quarti d’ora, ma il suo sfrigolio ci terrà all’erta di sicuro.
Per una tacchina media, si può infornare senza alluminio, girandola ogni mezz'ora e coprendola solo verso la fine quando ben colorita.
Bagnare con abbondante birra che lo mantiene morbido e farà un ottimo sugo (ce ne vorrano 1 o 2 litri, a seconda della grandezza del tacchino); ogni volta che lo giriamo irrorarlo col sugo che si forma.

Per i tempi di cottura mediamente si calcolano 20/25 minuti a kilo a forno bello caldo 200/230°, ma dipende sempre dalla bestia. Solitamente una tacchina di 6 kg cuoce in 2,5/3 ore, un maschio da 12/15 kg necessita di 4,5/5 ore.

Ed ecco il tacchino, pronto per festeggiare insieme!


 

Non vi ho fatto voglia di provare a farne uno?


Questa ricetta partecipa all'Abbecedario Culinario Mondiale per la tappa in Usa ospitata da Simona.

Questa ricetta partecipa all'iniziativa Aspettando il Natale di FrancescaV.




about food

22 novembre 2007

Riciclare i vasi di Nutella

Purtroppo...in casa ci sono grandi mangiatori di Nutella...e colleziono vasi vuoti in eccesso...
Ora ho trovato un modo simpatico e carino di decorarli, e quando devo regalare qualcosa di mangereccio, posso contare su una confezione regalo unica e originale!
Ci vuole poco tempo per farli, non è necessaria una grande manualità, ci si può far aiutare anche dai bambini che girano per casa, sarà per loro un gran divertimento e un motivo di orgoglio a risultato ottenuto.

OCCORRENTE:

vasi Nutella lavati e asciugati
1 pennello piatto medio
colla vinilica
carte Décopatch
colori a rilievo


Le carte Décopatch sono delle veline colorate in svariati motivi, abbinabili fra loro, che aderiscono perfettamente su tutte le superfici, creando un rivestimento unico e colorato, rinnovando così anche oggetti vecchi nei materiali più disparati e/o insignificanti.
Della stessa linea c'è la colla apposita (che io uso solo per la seconda mano come vernice lucidante) e il colore a rilievo, solo oro e argento, fenomenale perchè asciuga in 1 ora soltanto!


Esistono vari colori a rilievo e di varie marche. Ci sono metallizzati, perlati, glitterati, fosforescenti, dorati e argentati. Asciugano solitamente in 6/8/10 ore.

La colla vinilica è il comune vinavil, diluito con acqua (4 o 5 parti di vinavil e 1 di acqua).


Strappare le veline in pezzetti più o meno grandi a seconda dell'oggetto da decorare. Stendere un velo di colla, posizionare il ritaglio e ripassare bene sopra col pennello e la colla. Proseguire accostando i ritagli secondo il proprio estro.

Fare la stessa operazione con il tappo, mettendolo ad asciugare su un vasetto più piccolo.
Una volta asciutto, ritagliare i pezzi eccedenti il bordo, lasciando però un piccolo margine che si ribagnerà di colla e si rivolterà in dentro. Non abbiate timore ad usare il vinavil: non è assolutamente tossico!

Per i vasi di Nutella, personalmente preferisco rimanere più o meno a metà vaso, seguendo una linea distorta, in modo che si possa vedere il contenuto.
Far asciugare bene (è molto veloce), quindi con una spugnetta umida pulire il vaso dalle sbavature di colla eccedenti i ritagli incollati. Ci si può aiutare anche con uno straccio imbevuto di alcool o liquido per i vetri.
Ripassare una mano di colla su tutti i ritagli cercano di non strasbordare.

Una volta asciutto ripassare i contorni dei vari ritagli col colore a rilievo scelto, in modo da creare un effetto puzzle. Lasciare asciugare bene. I vasi così decorati si puliscono esternamente con un panno, internamente si possono lavare.

Un assortimento di piccoli e grandi vasi della Nutella!

Confezionati per dei regalini...

...e maculati, la mia passione!

Questi, invece, sono quelli da 1.5kg. e 3kg., mitico col tappo d'oro che non ha bisogno di decorazione!
Ho ricoperto tutto il vaso con carta di riso avorio (il tappo con carta di riso arancio), sempre strappata a pezzetti per farla meglio aderire senza pieghe. Poi ho incollato i ritagli di tovagliolino, ripassato con un'altra mano di colla (o vernice lucida, se preferite) e i vasi sono pronti.
Volendo un effetto più natalizio si può passare anche un colore trasparente brillantinato prima della vernice.

Ecco quelli realizzati dalla mia amica Simo, utilizzando i barattoli da chilo del miele.

Impacchettare con le foglie

Si avvicina il Natale, tempo di regali e impacchettamenti...
Qualche idea, senza spendere troppo e far bella figura...
Le cose naturali come foglie, pigne, rami, bacche, fette di agrumi essicate, spezie ci vengono in aiuto per realizzare delle simpatiche confezioni, e alcune ci mantengono in forma con la passeggiata per andare a raccoglierle!!!


In questo esempio ho usato foglie raccolte nel mio giardino, comunissima edera variegata, qualche foglia gigante di nasturzio e foglie di vite americana: quest'ultima in questa stagione ci regala colori bellissimi, che vanno ancora dal verde a un rosso scuro passando dall'arancio...si possono usare foglie diverse, la campagna ma anche i giardini pubblici, ne sono pieni: castagno, tiglio, platano, magnolia, alloro e lauro, vite, fico...finchè il vento o gli spazzini non facciano man bassa..

Ho preso una scatola usata della frutta, ma si può usarne una qualsiasi, anche le cassettine in legno della frutta...con la colla a caldo incollo le foglie cercando di ricoprire tutta la scatola, anche sovrapponendole se necessario.
Posso anche guarnire i pacchettini mettendone un paio nella chiusura del nastro.

Oppure posso decorare i vasetti incollandone un paio sul tappo, invece di metere il solito tessuto.
Ecco la scatola finita e piena di prelibatezze, con un mazzo di aromatiche beneaugurali del mio giardino: salvia, alloro e rosmarino.

Con questo sistema posso decorare un pacchetto, avvolto con una carta in tinta unita (anche normale carta da pacco o velina) guarnendolo con un bouquet di foglie incollate.
Bacche, pigne & co. abbelliranno la nostra composizione!


Ecco un sacchetto di leccornie: ho elencato le prelibatezze sul sacchetto, incollato 3/4 foglie di edera variegata, fatto un fiocco con rete dorata chiuso da un nastrino di raso rosso.

Pasta con zucca e scarola

Ho preso in prestito questo insolito sugo da un'altra ricetta che a breve posterò...mi era piaciuto l'abbinamento e poi io adoro la zucca e ora è il periodo migliore per trovarne di eccezionali!

INGREDIENTI:
500gr. di zucca
1 cespo di scarola
1 scalogno

una manciata di uvetta jumbo
una manciata di pinoli
qualche gheriglio di noci

sale/pepe
olio extravergine di oliva

un pizzico di peperoncino o zenzero (facoltativo)
350gr. di pasta corta




Pulire bene la zucca e tagliarla a fettine.
Cuocerla al dente in una pentola di acqua salata per pochi minuti (volendo ottimizzare, anche nella pentola dove poi si cuocerà la pasta e si scolerà tutto insieme).
In un wok soffriggere leggermente lo scalogno nell'olio.
Aggiungere la scarola tagliata e farla saltare brevemente, si ridurrà subito.
Aggiungere la zucca scolata, ma non troppo, e poi l'uvetta.
Amalgamare i sapori e aggiustare di sale e pepe, a piacere aggiungere il pizzico di peperoncino o zenzero. Aggiungere anche le noci e i pinoli e spegnere il fuoco.
Nel frattempo cuocere e scolare la pasta al dente.
Spadellare brevemente, impiattare e a piacere spolverare di grana.

21 novembre 2007

Ieri sera a teatro...

VITA DI GALILEO

Presentato dal Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia e dal Teatro degli Incamminati, ecco un testo straordinario, uno degli indiscussi capolavori teatrali del Novecento: “Vita di Galileo" di Bertolt Brecht con la regia di Antonio Calenda e con protagonista, Franco Branciaroli. Unanime, la critica ha giudicato questa interpretazione di Branciaroli uno dei punti più alti, per maturità artistica e professionale, raggiunti dall’attore.

Così scrive Magda Poli su "Sipario":
"Perno della rigorosa e lucida messinscena di Antonio Calenda è l’interpretazione che il bravo Franco Branciaroli dà di Galileo, nel quale la dismisura del genio e la voracità di sapere si fondono con le umane debolezze e le paure. Sotto un cielo da scrutare notte dopo notte il Galileo di Branciaroli è soprattutto un uomo. È l’intellettuale come Brecht (del quale porta la grigia giacca mentre gli altri attori indossano costumi d’epoca) che rivendica il libero esame delle “novità” nate dall’osservazione, senza lasciarsi condizionare da vincoli esterni. Galileo è un uomo che crede che la ragione di ciascuno non debba rinunciare allo spirito critico facendosi schiava dell’intelletto altrui, ma soccombe e perde. Branciaroli, affiancato in scena da un’ottima compagnia, ne cesella il lucido sentire, la rabbia della ragione prima di far scivolare il suo Galileo, dopo l’abiura, in un bofonchiare e borbottare da vecchio stanco".

“Vita di Galileo” è l’ultima opera di Brecht, frutto di un lavoro lungo e faticoso, tanto che l’autore ne propose tre versioni successive, elaborate tra il 1938 e il 1948. L’ultima e la definitiva fu rappresentata nel ’57, quando Brecht era ormai morto. La storia, discussa ed emblematica del grande astronomo pisano, ha come punto fondamentale e imprescindibile l’abiura cui la Chiesa lo costrinse quand’era ormai vecchio e quasi cieco.

Ed è questo l’elemento cardine su cui, nelle tre successive edizioni, si trovò a dibattere il drammaturgo tedesco: nella prima stesura, infatti, Galilei abiura per potere, seppure strettamente sorvegliato, continuare a lavorare, mentre nell’ultima arriva alla grande rinuncia senza secondi fini, semplicemente – e molto umanamente – per “paura del dolore fisico”.
A testimonianza dell’inquietudine da cui Brecht fu attanagliato per dieci anni di fronte all’analisi di questo straordinario personaggio, un suo allievo racconta che durante le prove dello spettacolo il drammaturgo soleva ripetere la stessa frase: “Il mio compito non è dimostrare che ho avuto ragione sino ad ora, ma capire se davvero ho avuto ragione”.
Sono molti i temi che Brecht affronta in questo testo: c’è non solo il problema etico, filosofico, scientifico che la rivoluzione galileiana pose al mondo intero, ma anche il tema eterno del rapporto tra potere e libertà della scienza e quello dei conflitti di coscienza del ricercatore per l’uso che potrà essere fatto delle sue scoperte.

«Per comprendere a fondo il senso e le peculiarità di questo testo – commenta Antonio Calenda – è necessario risalire alle grandi motivazioni per cui fu scritto. Impossibile non correlare l’ultima definitiva versione (in cui appunto l’autore condanna l’abiura di Galileo) con l’atteggiamento di certi scienziati a lui coevi, che proprio in quegli anni si erano resi indirettamente colpevoli del disastro di Hiroshima. Brecht ci ha donato un testo presago, turbato dall’intuizione dei drammi che l’uso distorto della scienza avrebbe provocato all’umanità».

La vicenda inizia nei primi anni del 1600 quando Galileo, docente di matematica a Padova, cerca di dimostrare la validità delle teorie copernicane aiutato da Andrea Sarti (figlio della sua governante) che gli sarà vicino fino alla fine. Proprio a Sarti, Galileo, ormai morente, affiderà il difficile compito di salvare le sue ricerche. Nel dramma brechtiano la vita di Galilei oscilla tra l’entusiasmo di scoperte destinate a rivoluzionare la scienza, la speranza di poter continuare le sue ricerche grazie a potenti alleati (Cristoforo Clavio, astronomo del Collegio Vaticano, e il granduca Cosimo de’ Medici), l’amarezza per le diffide della Santa Inquisizione, la rinata fede nel nuovo pontefice Urbano VIII e l’amara sconfitta finale. In mezzo a tutto questo, riecheggiano, lontani, gli eventi dell’epoca, primo fra tutti la terribile epidemia di peste che non impedisce a Galileo di proseguire, con immutato entusiasmo e rinnovata lucidità, le sue ispezioni celesti.


Una rappresentazione impegnata, ma mai noiosa.
Branciaroli bravissimo!
Complimenti anche agli altri dieci interpreti!

20 novembre 2007

Cannoncini di indivia, grana e prosciutto crudo

Una prelibatezza che ci ha fatto gustare Gianfranco al corso della pasta sfoglia.
Sono diventati un must per i miei aperitivi/antipasti.


INGREDIENTI:

250/300gr. di pasta sfoglia
2/3 cespi di indivia belga
8/12 fette di prosciutto crudo
grana grattuggiato

sale/pepe


Pulire i cespi di indivia e tagliarli in quattro.
Saltarli in padella con un filo di olio per pochi minuti, salare e pepare.
Lasciarli raffreddare e asciugarli bene con carta cucina.


Stendere la sfoglia e ricavare delle strice larghe di 3cm.
Cospargere ogni fetta di prosciutto crudo con una manciatina di grana, avvolgerci uno spicchio di indivia e avvolgere il tutto con la pasta sfoglia.
Adagiare sulla placca del forno ricoperta di carta forno, spennellare con uovo sbattuto e cuocere a 200° per circa 15/20 minuti.

I cannoncini fatti al corso della pasta sfoglia...
...e quelli fatti al Cookinando insieme!

Torta al cioccolato di Jamie

Una bella torta cioccolatosa e sostanziosa per la ricca presenza di frutta secca.
Una bomba se servita accompagnata da gelato alla panna o crema di mascarpone.

INGREDIENTI:

150gr. di noci
150gr. di mandorle pelate
300gr. di cioccolato fondente

250gr. di burro
150gr. di zucchero
6 uova


Tritare le noci e le mandorle, poi unire 200gr. di cioccolato e tritare ancora.
Montare il burro morbido con lo zucchero e aggiungere i tuorli uno alla volta amalgamando bene.

Unire i due impasti e alla fine gli albumi montati a neve.
Disporre in una teglia imburrata e infarinata (oppure ricoperta di carta forno bagnata e strizzata perfettamente), affondarci i 100gr. di cioccolato fondente
avanzato a pezzetti (che cuocendo si scioglieranno rendendola più cremosa al taglio) e cuocere a 190° per un'ora circa.

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